Due navi – una più piccola, l’altra grande più del doppio – collegate da un’esile corda. Una serie di figure irriconoscibili passano da una all’altra mentre le imbarcazioni ondeggiano pericolosamente nelle acque del Mediterraneo. Sono le immagini catturate dalle forze dell’ordine che negli scorsi mesi hanno indagato su una banda di egiziani che avrebbe organizzato centinaia di viaggi della speranza dalle coste africane verso quelle italiane. I componenti di quella che gli inquirenti hanno definito una sorta di «agenzia di viaggi» si sarebbero occupati anche di nascondere i migranti appena sbarcati per poi condurli in Nord Europa. L’operazione ribattezzata Markeb el Kebir (Nave madre) ha permesso l’arresto di 57 persone – otto delle quali già in carcere – ed è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania in collaborazione con le squadre mobili etnea e di Siracusa e il Servizio centrale operativo di Roma. Le accuse sono di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e favoreggiamento dellimmigrazione clandestina per otto sbarchi accertati. Gli arresti sono stati eseguiti tra Siracusa, Catania, Milano, Como, Anzio (Roma) e Andria (Bari).
Le forze dell’ordine hanno ottenuto riscontri di dieci sbarchi e hanno sequestrato due navi madre. Per sfuggire alle maglie dei controlli in mare, i migranti sarebbero stati trasbordati da grossi mercantili a navi più piccole per poi essere trascinati il più vicino possibile alle coste europee. Un sistema che durante la scorsa estate ha permesso una serie di sbarchi anomali, in zone lontane da quelle maggiormente note, come a Catania e nel litorale della Calabria. La banda avrebbe fornito assistenza – in cambio di un pagamento anche di 1500 euro a persona – a oltre un migliaio di migranti scappati subito dopo gli sbarchi o fuggiti dai centri di prima accoglienza. Una protezione riservata anche agli scafisti che avrebbero potuto fare ritorno in Egitto per compiere una nuova traversata.
Le indagini hanno dovuto affrontare una serie di problematiche legate alla giurisprudenza. Come ha spiegato il procuratore capo Giovanni Salvi, in un’intercettazione legata all’operazione odierna, uno degli indagati ha contestato il sequestro attuato dalle forze dell’ordine. «Non possono farlo – è l’accusa – possono salire, fare quello che vogliono, ma poi devono lasciarli andare…». Ma di recente la Cassazione ha legittimato gli arresti effettuati in acque internazionali. La suprema corte era stata interpellata per esprimersi su due provvedimenti effettuati proprio dalla procura di Catania.
Gli arrestati sono Hassan Eid Fathalla Arafa, di 28 anni, e Hassan Hassan Ibrahim el Bahlawan, di 25 anni, bloccati a Anzio (Roma); Mortaday Elsayed Ahmed Ali, di 36 anni, residente a San Giuliano Milanese; Ghaly Hamada, di 37 anni, residente a Bergamo; e Sabar Karim, detto Riri, di 24 anni, domiciliato a Milano. Il provvedimento è stato notificato in carcere a Abou Ghedu, di 32 anni, a Amir Qat, di 45, e a Saied Mohamed Shaban Mohamed Darwish Elsayed, di 23, tutti residenti a Siracusa.
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