Il virus Ebola e la Sicilia tra “botti di ferro” e altre ‘certezze’

LA ‘SICUREZZA’ DI QUALCHE DIRIGENTE DELL’ASSESSORATO REGIONALE ALLA SANITA’ NON SOLO NON CI HA CONVINTO, MA CI PREOCCUPA

Anche se con qualche giorno di ritardo rispetto alla conferenza stampa sui rischi del virus Ebola per la Sicilia, proviamo a commentare due passaggi di questo incontro – che si è svolto a Palermo, a Palazzo d’Orleans – che ci hanno particolarmente colpito. (Qui potete leggere la cronaca di quell’incontro)

Due, appunto, le affermazioni che proveremo a commentare.

La prima è del dottore Palermo, a quanto pare dell’assessorato regionale alla Salute, protagonista di un intervento ‘tranquillizzante’:

“Lasciatemelo dire, ma in Sicilia, rispetto ai rischi del virus Ebola, siamo in una botte di ferro”.

La seconda affermazione – altrettanto perentoria – è dell’assessore regionale alla Salute, Lucia Borsellino: “Il virus Ebola si diffonde solo attraverso i liquidi”.

Cominciamo col dire che Ebola è un virus strano. Di solito, l’infettività di un virus è inversamente proporzionale alla letalità. Ebola, invece, è un virus letale e con grande capacità di diffusione. E’ un virus ‘suicida’.

Siamo forse in presenza di un virus che è stato costruito o, quanto meno, alterato in laboratorio?

A suffragio di tale ipotesi vi potrebbero essere due dati.

Il primo è che la culla di tale virus è il centro Africa, nota sede di guerrieri sostenuti in modo occulto dalle due grandi potenze mondiali.

Il secondo è che i soliti americani hanno già il siero pronto. Come mai?

Certo, si potrebbe parlare di solite teorie complottiste. Fatto sta che nel mondo della guerra e delle guerriglie più o meno occulte, gli Stati Uniti sanno quasi sempre ciò che deve accadere.

Fatta questa premessa, noi siciliani siamo veramente preoccupati di trovarci in una “botte di ferro”, perché le botti di ferro affondano…

Infatti siamo il sito più vicino all’Africa e il più bersagliato dagli sbarchi di immigrati. E per quanto cerchino di tranquillizzarci con la solita solfa che l’incubazione di questi virus è più breve del viaggio di questi poveri disgraziati, non possiamo escludere a priori che, prima o poi, qualcuno arrivi infettato sulle nostre coste.

Ora, se i mezzi di accoglienza degli immigrati sono quelli che vediamo in tv – o che abbiamo a disposizione in questo momento nei nostri ospedali – beh, siamo veramente messi male.

In più c’è il problema che si avvicina il periodo dell’influenza. Periodo in cui una serie di sintomi – febbre, astenia, emorragie delle prime vie aeree – se presenti in pazienti per vari motivi provenienti da aree a rischio, dovrebbero essere presi in considerazione per escludere diagnosi pericolose.

In questo senso, l’invito a tutti i siciliani a vaccinarsi contro l’influenza che abbiamo ascoltato in conferenza stampa qualche giorno fa ci è sembrato razionale e centrato.

Detto questo, però, più che pensare alle “botti di ferro”, sarebbe meglio pensare alle tute d’isolamento.

Riguardo alla trasmissione del virus, ricordiamo che nella prima epidemia del centro Africa negli anni ’70 venne isolato un ceppo di Ebola che si trasmetteva per via aerea.

E proprio oggi (mentre anche in Germania c’è la prima vittima dell’Ebola, un medico sudanese che lavorava per l’Onu in Liberia) il professor Robert Gallo immunologo e virologo statunitense, noto soprattutto per aver scoperto nel 1983 il virus Hiv ha detto: “Al momento potrebbero esserci in Africa virus più facili da trasmettere di Ebola, ma nessuno ha la capacità di quest’ultimo di uccidere un paziente infetto”.

“Pericolose – ha aggiunto Gallo – potrebbero essere le varianti di Ebola diffuse per via area, che avrebbero la stessa resistenza all’intervento terapeutico dell’uomo. Al momento non ci sono però virus più potenti di Ebola in Africa”.

Vogliamo ricordare, per invitare alla prudenza e non per suscitare facili allarmismi, che esiste la possibilità del passaggio tra specie del virus e che, comunque, anche in questa epidemia attuale, in Africa, alcune persone si sarebbero infettate anche solo partecipando alle esequie.

Del resto, in tv abbiamo visto come vengono trattati i possibili pazienti a rischio: chi li tratta si presenta indossando camici d’isolamento ad areazione indipendente (con le bombole di ossigeno).

Domanda: se ci fosse la certezza matematica che il virus non si propaga per via aerea, perché l’isolamento aereo?

Cosa vogliamo dire con tutto questo?

Primo: che Ebola è un virus che non conosciamo del tutto. O che non ci fanno conoscere del tutto.

Secondo: l’unica arma a disposizione contro questa malattia è la prevenzione. Perché questo virus, quando attacca, nell’85% dei casi circa è un killer letale.

Ricordiamo che in centro Africa, nelle aree ad alto tasso infettivo, muoiono circa 100 persone al giorno.

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Redazione

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