Il trionfante boom dei reality

Oggi a lezione di “Storia sociale dei media” il dott.Fabio Chisari ha citato una frase riguardo il modello spontaneista delle metodologie interpretative dei media che mi ha colpito particolarmente: i mass-media (e quindi è ovviamente inclusa nella categoria anche la televisione) sono “pura espressione della società e specchio della realtà”: e qui nasce la vera e propria contraddizione di questo modello interpretativo.

 

Ieri sera facendo zapping alla TV (un’abitudine che ormai col passare del tempo diventa sempre più rara) ho dato un’occhiata a quello che il palinsesto offriva e sono arrivata ad una conclusione: la tv di sera è una noia mortale! Personalmente mi sono resa conto di aver oltrepassato il limite della sopportazione (spero e credo di non essere l’unica persona!): non credo sia possibile che vengano trasmessi oltre 3 reality praticamente in contemporanea e non c’era proprio nient’altro di dignitoso in TV! E fu così che, a mio avviso, il famigerato trash prese il sopravvento nel piccolo schermo.

 

Grazie a questi “fantasmagorici” reality. Ormai siamo bombardati e tormentati da storie così artificiosamente reali, così falsamente vere che durano non più di un mordi e fuggi istantaneo e subito si ha fame di altre minestre riscaldate che bollono e ribollono nel pentolone mediatico della TV. E l’ascesa di queste “realtà” e show televisivi ready-made è sempre più un trend crescente.

Grandi “occhi” neri che ti guardano, ti spiano, non ti lasciano in pace e gente disposta a cedere a tutto questo…mi ricorda tanto “1984” di Orwell. Gente comune, aspiranti cantanti, attori, presentatori e figli d’arte che cercano continuamente il favore del pubblico… e sorelle gemelle ballerine “provette” onnipresenti (almeno recentemente, mentre ora per fortuna un po’ meno), ripetutamente osannate e criticate fino a non poterne più di loro, che sognano fama e successo con i loro stacchetti.

 

V.I.P. rintanati da anni (non per scelta loro) nel dimenticatoio di un successo alquanto remoto, disposti a tutto pur di ritrovare una rinnovata popolarità.

Case, fattorie, ristoranti, campi di calcio, scuole di “amici” e di ballo, isole tropicali, amori nati come in un’agenzia matrimoniale, matrimoni in diretta e chi più ne ha più ne metta: c’è l’imbarazzo della scelta a tutte le ore del giorno. 365 giorni all’anno. 24 ore su 24.

Ce n’è per tutti i gusti: per piangere, per ridere, per commuoversi ed emozionarsi. Tutto meravigliosamente programmato a puntino per soddisfare le esigenze del pubblico e per rendere felice la massa di telespettatori, di coloro che incoscienti e passivi si ritrovano costantemente di fronte a storie fallaci e strappalacrime già viste e vissute in un continuo déjà-vu televisivo. Niente di nuovo, ma tutto così tremendamente coinvolgente da tenere gli italiani incollati per ore davanti al loro tanto amato piccolo schermo.

Bisognerebbe capire meglio il significato (che è letteralmente palese) del termine reality…ma cosa c’è di reale in tutto questo se non una banale spettacolarizzazione e commercializzazione dei sentimenti? Ma c’è veramente realtà e autenticità in questi meccanismi televisivi utilizzati come ingannevoli uffici di collocamento e agenzie di spettacolo aperte a tutti…o quasi? Ma oltre agli aspiranti artisti, di cui ci interessa poco, gli spettatori (poco selettivi forse) si accontentano veramente di tutto? La tv (e chi la fa) ha totalmente smarrito la strada e non c’è via di scampo per chi vuole fuggire da questo mondo mediatico all’italiana, condannato dai giornali inglesi qualche anno fa? C’è veramente qualcuno che riesce a sopportare tutto ciò? Assolutamente si, e gli ascolti parlano chiaro. Sarà dovuto anche al fatto che siamo da sempre un popolo inguaribile di guardoni e curiosoni dediti al “taglia e cuci” (o come viene detto molto familiarmente da noi: cuttigghiari!) , ma la preoccupazione è che queste pseudo-trasmissioni di intrattenimento vanno avanti e continuano a trovare il favore di un pubblico poco critico e capace di ingurgitare tutto quello che si ritrova davanti.

 

Possibile che troppo spesso la TV in prima serata non riesca ad offrire niente di meglio e bisogna attendere le ore piccole per poter vedere qualcosa di serio ed interessante? Mi permetto di citare la frase dell’ultimo spot della RAI che calza a pennello: “Il futuro di chi ci guarda ci riguarda”…io riflettendoci su aggiungerei: ma è veramente così?

Forse un rimedio per il futuro c’è: mettere il telecomando da parte per un po’ nell’attesa che qualcosa cambi. Sperando che non sia una vana attesa

Valeria Arlotta

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