Il traditore, il pentito Buscetta raccontato da Bellocchio Presentazione a Catania, il ricordo dell’avvocato Trantino

«Per come l’ho conosciuto io, al giudice Giovanni Falcone, uomo semplice e dal sorriso contagioso, non sarebbe piaciuto essere ricordato come un eroe». A introdurre la presentazione catanese del film Il Traditore, per la regia di Marco Bellocchio, è l’avvocato etneo Enrico Trantino. Lui, da giovane praticante al fianco del padre Ezno, c’era al maxiprocesso nell’aula bunker di Palermo. E si ricorda «il silenzio sacrale» che regnava la mattina in cui Tommaso Buscetta – il collaboratore di giustizia che svelò al giudice Giovanni Falcone la vera struttura di Cosa Nostra, facendo arrestare 366 persone – era atteso per la sua deposizione. C’è naturalmente anche questo passaggio nel film uscito ieri nelle sale cinematografiche italiane. 

Classe 1928, don Masino è uomo d’onore prima e collaboratore di giustizia poi. Ma non «pentito», ribadisce più volte nel film Pier Francesco Favino, suo interprete. Secondo Buscetta, infatti, sarebbe stata la mafia a tradire «i propri valori: ovvero il rispetto per i bambini, le donne e i giudici». Ma a questa mattanza Buscetta non ci sta e, dopo l’assassinio del fratello, decide di collaborare con la giustizia, indotto anche dalle capacità carismatiche del giudice Falcone, a cui fornì prova di tutto ciò che fino ad allora era stato intuito.

Un approccio storico e poco emotivo, che racconta Cosa Nostra per quella che è: un’associazione di uomini senza scrupoli, ma anche di analfabeti ed esaltati, capaci di volgarità e colpi di scena anche durante il maxiprocesso che li vide alla barra degli imputati. L’avvocato Trantino aggiunge il suo ricordo personale di Buscetta, sia al maxiprocesso dove appariva un uomo «rinvigorito», sia, qualche anno dopo, a New York dove l’avvocato andò a sentire il pentito con la Corte d’Assise di Catania: «In quell’occasione – ricorda Trantino – trovai un Buscetta più dimesso, più restio a parlare, forse risentito e deluso per quanto fatto dallo Stato italiano». 

Alla presentazione del film a Catania sono intervenuti anche alcuni attori siciliani che hanno ricoperto ruoli da non protagonisti. E non è mancata una nota polemica. «Ancora una volta per un ruolo da protagonista non è stato scelto un siciliano – afferma l’attore Domenico Gennaro – Non ho condiviso questa scelta». A mancare, secondo il collega Michele Celeste non sarebbe soltanto un protagonista autoctono, «ma anche il vero tradito: il popolo siciliano, l’umanità. Certo – aggiunge – c’è il tocco di Bellocchio, la sua inquadratura. Pier Francesco Favino e Fabrizio Ferracane, nel ruolo del capomafia Pippo Calò, sono straordinari. Ma il personaggio di Buscetta è artefatto e lascia qualche perplessità».

Antonia Maria Arrabito

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