Il teatro Garibaldi, l’occupazione e l’utopia Adesso la struttura è stata affidata, ma senza bando

Col senno di poi, Igor Scalisi Palminteri, usa la parola «utopia». A 41 anni è uno dei più apprezzati pittori palermitani e si dice «ancora scottato» dall’esperienza del teatro Garibaldi occupato iniziata il 13 aprile del 2012 e conclusasi nell’ottobre 2013. Era tra quelli in prima linea, lì giorno e notte, non per occupare nel senso più comune del termine ma per cercare di dare un messaggio, creare un percorso comune di condivisione, sposato da cittadini, artisti e amministrazione; ma non c’è riuscito. Non ci sono riusciti. 

«In questa città quello che volevamo fare noi è difficile – dice a Meridionews –. Ovvero trovare dei nuovi criteri di assegnazione degli spazi e di selezione degli artisti. Il fatto che ci sia una persona, l’assessore, che decide chi chiamare è fuori da ogni regola di trasparenza e di meritocrazia. Io non posso essere scelto perché qualcuno mi chiama al telefono e mi dice che vuole propormi una mostra da organizzare, uno spettacolo da realizzare. Non se si tratta di manifestazioni pubbliche, organizzate dall’amministrazione. Non è così che deve funzionare e che si può fare cultura in una città, perché così non si valorizza tutto quell’enorme potenziale che invece esiste». E Palminteri prosegue: «Il campo dell’arte e della cultura è penalizzato e così la città che ne è lo specchio. Quello della Magione (in cui si trova il Garibaldi, ndr) è un quartiere abbandonato. E quel posto proprio per l’importanza sociale che ha, proprio per il luogo in cui si trova, andava gestito diversamente. Aperto davvero, anche a quella gente, anche coinvolgendo i bambini del posto – sottolinea – So di che parlo, perché sono un pittore, ma lavoro anche con i bambini nel campo del sociale. Altro settore lasciato allo sbando in questa città. Non c’è una programmazione e non è vero che è perché non ci sono i fondi, semmai il problema è che quei pochi che ci sono non vengono utilizzati come dovrebbero o sono bloccati».

Non è così che deve funzionare e che si può fare cultura in una città, perché così non si valorizza tutto quell’enorme potenziale che invece esiste

Se una cosa è stata recriminata tante volte al collettivo era il fatto di non avere presentato un progetto vero e proprio al Comune per la gestione dello spazio e Palminteri spiega il perchè: «Quello che volevamo fare noi – continua – non era prenderci quel posto ma, all’interno di un luogo simbolo, portare avanti questo percorso di cambiamento che purtroppo si scontra con un metodo che va assolutamente contro quello che era il nostro principio di base, la nostra idea. Cosa volevamo? Trovare, seduti allo stesso tavolo del’amministrazione, dei nuovi criteri».

I metodi di selezione ci sono, esistono i bandi, ma anche questo, in questa città è un tasto assai dolente, soprattutto per quel che riguarda il settore della cultura e lo dimostrano tutte le polemiche e proteste che si verificano praticamente ogni volta che il Comune pubblica un avviso e un bando.

«Sappiamo quello che capita, è inutile far finta di nulla – continua – qui i bandi non sono sinonimo di trasparenza e i fatti anche recenti lo dimostrano. I bandi vengono fatti con criteri che di fatto già tagliano fuori molti artisti e associazioni e sembrano invece ritagliati su misura per certi altri. Noi come collettivo Tga (Teatro Garibaldi aperto) volevamo una pratica nuova, che prevedesse rotazioni, ricambi, nessuno dovrebbe comandare, una pratica collettiva, partecipazione, non si può essere scelti per amicizia. Non si possono affidare i settori di arte e cultura ai politici. Le figure devono essere diverse, separate».

Poi capita anche che i bandi non vengano nemmeno fatti, come accaduto per una delle ultime assegnazioni, ovvero proprio quella del teatro Garibaldi, aggiudicato definitivamenteMatteo Bavera, già direttore artistico della struttura fino al 2007. «Il giorno della conferenza stampa di presentazione c’eravamo tutti – prosegue Palminteri – le parole ce le ricordiamo tutti: “Tra sei mesi verrà fatto un bando”. Io le ricordo perfettamente e bando invece non è stato fatto; questo è assurdo e non è serio».

Era il 20 gennaio 2014, e il sindaco Leoluca Orlando e l’allora assessore alla Cultura Francesco Giambrone in conferenza stampa annunciarono l’assegnazione del Garibaldi all’associazione Teatro Garibaldi/Unione dei teatri d’Europa di Bavera, per un periodo di sei mesi. Bavera aveva presentato infatti un progetto sposato dal Comune. I tempi in cui tutto era avvenuto però avevano dato adito a sospetti, ovvero che il progetto di Bavera in realtà fosse già pronto. Infatti l’occupazione del teatro Garibaldi era terminata, dopo due anni, a ottobre del 2013 e a novembre l’Unione dei teatri d’Europa aveva deciso di riprendersi la struttura per sei mesi, annunciando l’intenzione di presentare un cartellone. Cosa fatta in meno di due mesi, nel gennaio del 2014. Insomma, tempi assai ristretti per presentare una programmazione teatrale con nomi di lustro come Carlo Cecchi, Spiro Scimone, Antonio Latella, Maurizio Donadoni, Mario Perrotta, Roberto Zappalà, Saverio Ruina, Andrea Renzi, Tommaso Ragno e Franco Scaldati con la compagnia Franco Scaldati, palermitana. L’unica palermitana.

I sei mesi prevedevano anche che durante le attività venissero contestualmente definiti i lavori di ristrutturazione e completamento del teatro anche a seguito degli atti vandalici subiti nel corso del tempo. Lo scorso 31 dicembre, la giunta comunale ha assegnato lo spazio definitivamente a Bavera. Avere risposte su quest’assegnazione è stato impossibile ieri. L’assessore alla cultura del Comune di Palermo Andrea Cusumano rientrerà lunedì dal Messico. La capoarea Eliana Calandra non ha notizie in merito: «Dovete parlare col settore Centro storico, la competenza è loro». E l’architetto Di Bartolomeo del settore Centro storico non ha risposto alle nostre telefonate. Quindi al momento capire che fine abbia fatto il tanto atteso bando annunciato da Giambrone e Orlando, non è possibile. Ma ci torneremo.

Intanto Il Garibaldi è stato affidato definitivamente a Bavera che pare viva persino all’interno della struttura, nella foresteria, con acqua e luce pagate dal Comune e anche questo meriterebbe delle spiegazioni che non appena potremo cercheremo di avere.

«Il collettivo esiste ancora – continua Igor Scalisi Palminteri – noi non molliamo, anche se tutto questo ci fa male. Che giorno è oggi (ieri, ndr)? Venerdì? Dopo questa chiacchierata – conclude –  almeno ho il fine settimana per rasserenarmi».

Marta Genova

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