Il ritorno all’Ars di Totò Cuffaro tra Italia Viva e De André «Non do più il cattivo esempio, ma niente buoni consigli»

«Io? Avevo fatto del dialogo e della concertazione un modus governandi. Avevo scelto di fare quello, perché credo che governare sia avere la capacità di dialogare con tutti, ma credo che il presidente Musumeci stia tentando di farlo». Di norma le audizioni nelle Commissioni si concludono in sordina, con le persone audite che imboccano l’ascensore al secondo piano parlamentare, diretti al cortile del Palazzo, dal quale raggiungeranno l’uscita su piazza Indipendenza.

Ma a margine dell’audizione di Totò Cuffaro in antimafia, ecco che l’ex governatore, accompagnato dalla ex dem Luisa Lantieri, cuffariana doc e dal presidente della prima commissione Stefano Pellegrino, fa capolino al piano parlamentare. Ad attenderlo diversi giornalisti con cui l’ex primo inquilino di Palazzo d’Orleans si è a lungo soffermato a commentare il quadro politico attuale. Ma è anche una continua interruzione di baci e abbracci di chi nel Palazzo lavora da tempo e ben ricorda gli anni del suo regno. 

Così ecco che l’ex governatore, che ha scontato una pena di sette anni per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra, ammette che il suo modus governandi è stato appunto quello del dialogo. Musumeci? «Sta facendo bene», dice a denti stretti. Epperò. Però non nasconde, ad esempio, il suo disappunto sulla posizione di Musumeci a proposito dell’abolizione del voto segreto. «Ho fatto otto anni il presidente della Regione anche con il voto segreto e non pensate – ammette ai cronisti – che non ci siano state le giornate in salita, quelle le abbiamo avute tutti. Ma è una delle prerogative della democrazia. Si può abolire tutto e il contrario di tutto, io penso che sia una delle prerogative dei parlamentari. È stato istituito per dare la possibilità ai parlamentari di votare liberamente anche gli atti più difficili». 

Insomma, secondo Cuffaro i problemi «non si risolvono abolendo il voto segreto, ma col dialogo». E quando è capitato a lei? Che ha fatto? «Ho pensato di parlare con quelli che segretamente mi votavano contro». Un indiretto suggerimento a Musumeci? «Lungi da me – sorride – io ho smesso di dare il cattivo esempio, ma non chiedetemi buoni consigli (citazione indiretta alla canzone Bocca di rosa di Fabrizio De Andrè)». È un Salvatore Cuffaro lontano dal Totò del consenso plebiscitario, che ammette i suoi errori e riconosce che se tornasse indietro, probabilmente si guarderebbe più le spalle «non rifarei molte cose, ho fatto tanti errori. Forse tenterei di essere più guardingo, di incontrare meno persone, meno abbracci e baci per tutti. Metterei in atto tutta una serie di precauzioni per evitare – prosegue – di andare a sbattere contro alcune cose. Anche se credo di avere pagato dignitosamente il prezzo dei miei errori».

Eppure quella passione politica, seppure vissuta da «spettatore attento», lo porta a non poche considerazioni sul quadro attuale. A cominciare dal secondo governo Conte, che «ha il merito di aver ridato credito al nostro Paese» agli occhi dell’Unione Europea. «Quelli del M5s sono ragazzi per bene, io ne conosco tanti, puliti, onesti», riconosce. Aggiungendo anche che l’alleanza col Pd non è poi così surreale: «Quale accordo – chiede – è contronatura? Quello di prima o quello di ora? Stanno dando una risposta di governo al Paese, se hanno preso un voto di protesta, di pancia e poi vanno al governo qualche contraccolpo lo subiscono».

A chi chiede invece cosa ne pensi dei tanti ex cuffariani oggi decisamente interessati al progetto di Italia Viva e alla leadership di Matteo Renzi, Cuffaro replica: «Gli ex cuffariani in Sicilia sono due milioni e sono divisi in Forza Italia, nel Pd, nella Lega, in Fratelli d’Italia. Si trovano dappertutto. Sono dispersi, una sorta di diaspora. Io dico sempre: è finito il Cuffarismo e ora c’è una sorta di Cuffaresimo. Ora che non ci sono più io, tutti quelli che erano cuffariani sono diventati buoni, quando erano con me erano cattivi». 

E Italia Viva? «Io resto democristiano e mi auguro che si mantenga una bandiera al centro. Ma quando davanti a una scheda la gente si troverà la Lega, il Movimento 5 stelle, il Pd e Fratelli d’Italia se vuole dare un voto moderato cosa fa? Noi speriamo che oltre a Italia Viva ci sia anche Noi con l’Italia, un partito, cioè, che riprenda la tradizione storica e culturale della Democrazia Cristiana». Un progetto a cui però non sembra si stia lavorando con la stessa intensità con cui si costruisce Italia Viva. E intanto i suoi, uno dopo l’altro, si voltano per guardare alla coorte di Matteo.

Miriam Di Peri

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