Il programma del professore Antonio Pioletti

Un bilancio critico, senza alibi
Questa scadenza elettorale non va sprecata. Si rende necessario rivisitare contenuti e metodi della gestione dell’Ateneo per cogliere e valorizzare quel che di positivo, e non è poco, è stato realizzato. Il nostro ringraziamento vada a chi ha speso ogni energia in questa direzione. Si delineano elementi di continuità, ma soprattutto altri che richiedono una discontinuità da ricondurre a una sintesi coerente al fine di favorire un concorso di tutte le energie per una gestione unitaria fondata su un permanente dialogo costruttivo tra tutte le sue componenti. Solo se si guarda all’interesse generale è possibile infatti dare risposte positive anche alle esigenze più particolari, se legittime.
La stretta finanziaria che soffoca gli Atenei non può rappresentare un alibi per non sottoporre a verifica quanto negli ultimi anni fatto e quanto non fatto. Si rende necessaria una radiografia dell’Ateneo che individui i punti critici che lo hanno portato a perder peso nel sistema nazionale, a non conseguire un buon risultato complessivo nella valutazione della ricerca, a essere ai margini delle reti internazionali di eccellenza, nonostante la presenza di aree scientifiche che ottengono significativi riconoscimenti. È mancata una riflessione operativa sull’applicazione dei nuovi ordinamenti didattici, un bilancio approfondito degli esiti dei decentramenti territoriali, un confronto, collegiale e anch’esso operativo, sulla valutazione critica delle attività scientifiche e didattiche. Opaca è risultata la programmazione sul ruolo dell’Ateneo e carente l’informazione, anzi, precaria la possibilità stessa di accedervi. A seguito d’una progressiva e marcata tendenza alla centralizzazione dei momenti decisionali, pressoché svuotate di funzione le Commissioni intermedie, quali quelle paritetica per la didattica e di garanzia didattica, mai insediata quella per l’organizzazione dell’Ateneo (art. 10, c. 3 dello Statuto) che ha «funzioni istruttorie per la programmazione delle risorse edilizie, dell’allocazione di personale tecnico-amministrativo e delle risorse finanziarie, sulla base dei criteri generali individuati dagli organi di governo, indicando priorità e criteri di distribuzione che facciano riferimento a valori standard di funzionalità ed efficienza». Non sono, questi ultimi, appunti critici di stampo elettoralistico, ma questioni da me prospettate, con lealtà e nel pieno rispetto dell’Istituzione e di chi l’ha rappresentata, anche con lettere aperte diffuse in Ateneo, con l’intento di assicurare, certo nei limiti delle mie capacità, una corretta collaborazione costruttiva che ha peraltro in varie occasioni trovato sbocco positivo. D’altra parte, chi ha a cuore l’Istituzione e chi l’ha lealmente rispettata ha il diritto-dovere di essere stimolo critico, non gratuitamente polemico. Si tratta, per quelle sopra indicate, di questioni su cui non si può sorvolare. Questo a fronte di un innegabile impegno profuso da diverse strutture, come la Scuola Superiore, il Centro orientamento e formazione, il Centro per i sistemi di elaborazione, il Comitato per le pari opportunità, il Centro linguistico, il Centro biblioteche e documentazione, l’Ufficio disabili, il CARS, l’Ufficio tecnico, il personale tutto, i docenti, le rappresentanze studentesche. Individuare dunque i limiti per superarli con intento di collaborazione concorde.

Da qui
Da qui occorre ripartire. Da questo Mezzogiorno d’Italia che, dopo i lievi miglioramenti registrati tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del nuovo secolo, vede acuirsi i divari rispetto sia al Centro-Nord, sia alle aree più sviluppate dell’Unione Europea, sia, finanche, a quelle più deboli: riduzione del PIL e della spesa per investimenti, quota di popolazione in età di lavoro occupata (45,8%) inferiore di quasi 20 punti alla media europea, contrazione dei consumi, pesante gap nella destinazione di risorse per ricerca, innovazione e formazione e nei processi di internazionalizzazione sia del sistema produttivo sia dello stesso sistema di formazione. Nel contesto di un’economia globalizzata e di una marcata spinta alla competitività che ne consegue, la constatazione dei divari non si può risolvere in “lamento”, ma deve proiettarsi nella tensione progettuale che compete a un Ateneo e alla sua autonomia: essere all’un tempo strumento di valorizzazione della grande potenzialità rappresentata dalla formazione di una nuova intellettualità di massa e soggetto che concorre, con altre Autonomie, allo sviluppo, in tutti i suoi aspetti, del bene comune. Non sfugge a nessuno, d’altra parte, l’importanza d’una fase resa progressivamente delicata dalla grave crisi che in Italia attraversa il sistema universitario per la stretta finanziaria che assilla gli Atenei, i tentativi di privatizzare il sistema formativo, la problematicità degli esiti d’una contraddittoria e convulsa riforma degli ordinamenti didattici, le scadenze di applicazione della insoddisfacente normativa per il reclutamento dei docenti e di definizione del loro stato giuridico, l’emarginazione della ricerca dalle sue sedi istituzionali pubbliche, l’asfittica politica del diritto allo studio.
In presenza del pesante contesto nazionale, diviene ancor più urgente confrontarsi con intento progettuale sulle linee seguite dalla gestione del nostro Ateneo nel corso degli anni e sugli obiettivi che occorre porsi per l’immediato futuro. Le condizioni di gravi difficoltà in cui versa il sistema universitario pubblico richiedono infatti una rinnovata capacità di programmazione che investa tutti i livelli della vita dell’Ateneo e tutte le sue componenti, dai docenti al personale tecnico-amministrativo agli studenti, per costruire un progetto condiviso che sia all’altezza della crescente domanda sociale sull’Università, nonché delle sfide che le difficoltà del contesto territoriale pongono. È necessario per questo recuperare in modo sistematico capacità di analisi e intenti progettuali, spazi di confronto e passione che permettano di collocare, se si vuole invertire la rotta del declino, la questione della formazione e della ricerca tra i grandi appuntamenti che attendono il nostro Paese.
In vista anche della scadenza del 2010, è necessario che, con una visione internazionale, un Ateneo come il nostro, collocato nel Mezzogiorno d’Italia e al centro del Mediterraneo, di fronte ai preoccupanti dati della disoccupazione giovanile e della ripresa di flussi di emigrazione verso altre aree (aumenta dal 13% al 18% la percentuale dei laureati meridionali che dopo la laurea abbandona le aree di origine), indichi con forza sia al suo interno sia alle classi dirigenti la necessità di creare le condizioni per un superamento degli squilibri territoriali e delle diseguaglianze sociali.

Funzione plurale dell’Università e autonomia
Qual è oggi la funzione, o quali le funzioni, dell’Università? Quale l’identità del nostro Ateneo? A quale modello ispirarsi? Oggi di fatto ne vige uno ibrido e confuso, nel quale coesistono aspetti di quello statal-centralistico e di quello humboldtiano mescolati con quelli d’un management tecnocratico-aziendalistico che prefigurano un’Università “supermercato”. L’Università solo sulla carta appare fondata sul nesso ricerca-didattica e luogo di alta formazione risultando invece un coacervo di funzioni – dalla mera formazione professionale all’essere appendice della Scuola Media Superiore – che ormai hanno oscurato e reso sempre più appannata quella dell’elaborazione dei saperi, della trasmissione della conoscenza e della sua diffusione. Gli esiti malcerti dei nuovi ordinamenti didattici ne richiedono una profonda revisione. D’altra parte, l’autonomia non può coincidere con un progressivo disimpegno dello Stato sul piano finanziario, ma richiede un rinnovato impegno di finanziamenti all’altezza degli standard europei e una seria programmazione quadro. Autonomia deve significare rispondere in modo coerente agli interessi della scienza e della formazione e configurare un’Università non piegata a logiche politico-partitiche che oggi hanno invaso l’istituzione, il che è del tutto evidente nel nostro Ateneo.
Ma non può esistere autonomia che non sia autoreferenzialità se a suo fondamento non si pongono i parametri della programmazione strategica, della responsabilità, della valutazione. Occorre avere chiarezza nel ricostruire il contesto in cui l’Ateneo è inserito a livello territoriale, nazionale ed euromediterraneo. Il sistema universitario è cambiato, è un dato di fatto al quale non si può rispondere né con visioni nostalgiche, per quanto nobili, né con la passività rispetto a linee di tendenza che si manifestano. È in atto il tentativo di smantellare il sistema pubblico d’istruzione a vantaggio della sua privatizzazione o, se si vuole, della privatizzazione di significativi suoi segmenti. È viceversa possibile potenziare il sistema pubblico, il che è perseguibile non con dichiarazioni di principio, ma solo se esso è pienamente messo nella condizione di rispondere alle sfide del presente, solo se la domanda sociale trova risposte di qualità ed efficaci. Non basta stendere un velo pietoso su tante Università private sorte come funghi, l’Università pubblica deve dimostrare di saper essere il perno dell’operosità per una nuova frontiera di saperi e di civiltà. Vi sono alcuni punti fermi da cui ripartire.
L’Università pubblica ha una funzione plurale: elaborare saperi e innovazione, trasmetterli, diffonderli. Inscindibili sono il nesso ricerca-didattica, didattica-formazione, formazione-dinamiche del mercato del lavoro, ineludibile la finalità di garantire una formazione permanente.
Il nesso ricerca-didattica-formazione è la condizione che può garantire la trasmissione e la diffusione di un sapere critico, teso cioè alla crescita di persone dotate di un solido spessore culturale, di capacità di analisi e di giudizio, cittadini, non automi appiattiti su singoli segmenti del mondo della produzione, ma in grado di rispondere ai mutamenti, spesso sempre più rapidi, dello stesso mercato del lavoro.
L’autonomia non può corrispondere a un progressivo disimpegno dello Stato nel finanziamento del sistema universitario pubblico. Al contrario, si rende necessario individuare nella ricerca, nell’innovazione, nella formazione una delle grandi priorità del Paese. Il finanziamento ordinario, oltre che crescere, deve concorrere a colmare squilibri territoriali ed essere sottoposto a rigorosa valutazione dei risultati ottenuti. Questo può permettere di svolgere un ruolo competitivo fondato sulla qualità e sulla valorizzazione delle vocazioni territoriali. Non un sistema “assistito”, ma messo in condizioni di svolgere la sua funzione. Non un sistema appiattito sul finanziamento statale per garantire la sopravvivenza, ma dinamico nel promuovere in modo sistematico nuove opportunità di reperimento di risorse, il che può essere garantito solo se l’Università riesce a divenire punto centrale di riferimento delle esigenze di crescita economica, sociale e culturale della società.

Dai decentramenti territoriali a un Ateneo multicampus
Finalità dei decentramenti territoriali dell’Ateneo erano tre: decongestionare la sede centrale, diffondere orizzontalmente centri di alta formazione per valorizzare aree periferiche, reperire nuove risorse finanziarie. Esiti attuali dei decentramenti sono un decongestionamento molto relativo (al 2005, 7491 iscritti su 62.904), l’attivazione di Corsi spesso sprovvisti di strutture e personale tecnico-amministrativo adeguati, l’appiattimento pressoché totale sulla didattica, la disponibilità di risorse finanziarie con tetti inevitabilmente presto raggiunti, doppioni di Corsi, loro proliferare pressoché incontrollato, spinte campanilistiche e autonomistiche all’ombra di interessi clientelari e politico-partitici. Non mancano eccezioni, che confermano, appunto, la regola. Sono mancati sia parametri certi per l’attivazione dei decentramenti (analisi di mercato, vocazioni dei territori, nuovi e diversificati profili formativi che evitassero doppioni con la sede centrale e all’interno dei decentramenti stessi) sia strumenti di monitoraggio permanente finalizzati a offrire supporti gestionali e a garantire la qualità, oltre che il rispetto delle Convenzioni nell’erogazione dei budget previsti al fine di evitare inevitabili appesantimenti dei bilanci dell’Ateneo (a oggi, 14 milioni di euro ca. di crediti).
Si delinea una vera e propria strozzatura strutturale quanto alle carriere dei docenti: esauriti i fondi esistenti previsti dalle Convenzioni per la copertura degli insegnamenti, i docenti incardinati nelle sedi decentrate rischiano di trovarsi su un binario morto, o sospesi in una condizione di incertezza, come nel caso di Enna, sede in cui occorre rapidamente sciogliere nodi che stringono nel disagio numerosi nostri colleghi.
Del tutto deficitaria appare la politica per il diritto allo studio nelle sedi decentrate, nonché la stessa assistenza per attività di segreteria e d’informazione. Un mancato intervento in questa direzione, e l’assenza di un disegno strategico, hanno già portato al coagularsi di spinte autonomistiche e rischiano, nonostante l’impegno dei docenti, di configurare l’istituzione di Facoltà e Corsi di laurea fragili con inevitabile scadimento e provincializzazione degli studi. Ma soprattutto configurano, se non si provvede tempestivamente, una situazione di collasso dalle conseguenze imprevedibili.
I decentramenti presentano problemi di contabilità, quindi, ma la questione da essi posta non è solo contabile, è anche contabile. D’altra parte, disquisire d’un loro potenziamento senza indicare gli strumenti di una seria programmazione di respiro strategico a breve e a lungo termine è del tutto vacuo.
Sarà necessario operare a diversi livelli:
a) creare una struttura agile di monitoraggio-supporto dei decentramenti esistenti;
b) verificare innanzitutto, sotto i profili finanziari e strutturali, lo stato di attuazione delle Convenzioni vigenti;
c) aprire, sulla base di quanto previsto dalle Convenzioni stesse e delle nuove esigenze emerse nelle varie sedi, una fase di rinegoziazione che preveda la garanzia di fideiussioni bancarie;
d) varare una seria politica di diritto allo studio (foresterie per docenti e studenti, mense, trasporti, attività sportive e ludiche) e programmare l’apertura di Sportelli dell’ERSU;
e) prevedere Segreterie studenti efficienti e, se necessario, decentrate presso i diversi Corsi di laurea;
f ) istituire servizi centralizzati e a rete (biblioteche, elaborazione dati, ecc.);
g) individuare parametri certi per eventuali nuovi decentramenti (risorse, vocazioni territoriali, profili formativi innovativi) che vanno comunque subordinati a una verifica seria e tempestiva di quelli attuali;
h) elaborare un progetto sull’«Università pubblica in Sicilia e nel Mediterraneo» sulla cui base ridare funzione e vitalità al Coordinamento interateneo regionale;
i) proporre un accordo-quadro pluriennale alla Regione Sicilia su ricerca, innovazione e formazione;
l) procedere a una riconsiderazione strategica della struttura dell’Ateneo, che non è più solo catanese, e aprire una fase costituente per la realizzazione di un Ateneo del Sud- Est della Sicilia a rete, costituito da Poli autonomi e governato tramite una programmazione strategica unitaria e a vocazione euromediterranea. Un progetto, quest’ultimo, che dev’essere oggetto di elaborazione immediata all’interno della nuova fase costituente che l’Ateneo deve aprire. Vanno ovviamente coinvolti, anche in forme sperimentali, i Consorzi e all’interno delle loro strutture (Consigli di Amministrazione, Assemblee dei soci, ove esistenti), va previsto il coinvolgimento di rappresentanti delle Facoltà e dei Corsi decentrati (partecipazione con voto consultivo, ad esempio, o previsione di pre-riunioni), sì da sviluppare da subito all’interno dei diversi Poli un’efficace politica di coordinamento.

La ricerca come motore primo
L’attività di ricerca è ciò che distingue l’Università da altre strutture deputate alla formazione. Per la docenza si pone la questione dei tempi e degli spazi della ricerca, oggi ridotti da pesanti carichi didattici, oltre che dalle note ristrettezze finanziarie. Occorre ripensare il calendario delle attività sulla base anche di una razionalizzazione dell’offerta formativa che porti a una migliore distribuzione dei tempi e per la didattica e per la ricerca. Così dev’essere, se di Università intendiamo occuparci. La ricerca deve tornare a rappresentare il motore primo di ogni attività, la base di partenza, il segno di qualità. Le convulse riforme hanno infatti di fatto emarginato spazi e tempi della ricerca, peraltro non adeguatamente finanziata soprattutto da parte del mondo imprenditoriale. Si sono accentuati gli squilibri territoriali e fra le diverse aree scientifiche con un crescente dirottamento di finanziamenti
all’esterno dell’Università pubblica. Illuminanti, in tal senso, i casi dell’IIT di Genova e la crisi del CNR. È più che da paventare un processo di trasformazione delle Università secondo tipologie di fatto separate tra insegnamento (teaching-university) e ricerca (research-university).
Una deriva che rischia già di attuarsi nelle sedi decentrate. Nel riaffermare la centralità del nesso ricerca-didattica-formazione, occorre tuttavia abbandonare il terreno delle proclamazioni astratte e conferire nel nostro Ateneo nuovo impulso a una politica per la ricerca che valorizzi in primis quella di base, nonché quella finalizzata. Tenuto conto della presenza nell’Ateneo di aree e gruppi di ricerca di eccellente livello, la cui valorizzazione deve servire da traino generale, del tutto paradossale e deludente risulta l’esito dei risultati dell’esercizio di valutazione del CIVR (solo due aree in posizionamento medio-alto, ben cinque in ultimo o quasi); diminuita la capacità di attrazione di risorse europee (in percentuale sulle entrate, dal 2,82% del 2003 all’1, 21 del 2005); limitato il numero degli assegni di ricerca (160); diminuite le risorse attribuite ai Dipartimenti (dall’8,79% del 2003 al 7,48 del 2005); assente l’Ateneo dalle reti d’eccellenza della ricerca, ma anche della formazione, in una fase in cui prendono corpo l’Area Europea dell’Alta Formazione e lo Spazio Euromediterraneo della Ricerca.
Si rende necessario fare della valutazione e dell’autovalutazione una prassi costante a partire dalla pubblicizzazione dell’attività del Nucleo di valutazione. Individuare nuovi ed equi criteri per rendere più efficace la ricerca su fondi d’Ateneo (ex 60%) informatizzando e rendendo più agili e rapidi i procedimenti per la presentazione e valutazione dei progetti, e per incentivare quella di rilevante interesse nazionale (PRIN). In questa direzione, funzione maggiormente propositiva sarà da assegnare alla Commissione ricerca e all’Ufficio ricerca, prevedendo un raccordo stabile con l’Ufficio relazioni internazionali. L’articolo 10.1 dello Statuto dovrà essere rivisitato per affidare alla Commissione ricerca istruttorie e formulazione di proposte e giudizi di merito sul finanziamento di progetti che coinvolgano l’Ateneo nel suo complesso e di progetti concernenti attività culturali interdisciplinari e per lo sviluppo del territorio. Si pone certamente la necessità di riuscire ad attrarre nuove risorse per la ricerca dai Fondi dell’Unione Europea, dal MIUR, dalla Regione, dagli Enti Locali, dal mondo imprenditoriale e bancario. Il VII Programma-quadro sarà una delle prime scadenze. L’Ateneo deve in concreto dimostrare che conviene investire in R&S. Sarà per questo necessario istituire una Consulta permanente per la ricerca e lo sviluppo tra tutti i soggetti istituzionali e sociali interessati che, sulla base di una programmazione strategica, elabori progetti coordinati di settore che coinvolgano tutte le aree scientifiche su obiettivi mirati. Per questo l’Ateneo deve estendere e mantenere salde le Reti di ricerca, diciamo, esterne, dal CNR all’I.N.F.N. ad altre Agenzie nazionali e internazionali, iniziando con il potenziare e l’immettere in rete quelle interne (Dipartimenti, Centri di ricerca finalizzati, ecc.).
I Dipartimenti hanno visto ridursi risorse e autonomia. È necessario e urgente restituirli al loro ruolo istituzionale di traino delle attività di ricerca avanzata. Tale processo necessita certo di un rinnovato impegno finanziario, ma anche di una nuova strategia di coordinamento che metta in rete i Dipartimenti, che istituisca un’anagrafe interna della ricerca e promuova realmente – con strumenti forti –l’aggregazione progettuale e la presentazione di linee di ricerca affini e compatibili. Siffatto processo è ineludibile nel contesto attuale della ricerca avanzata, riguarda tutti i settori scientifico-disciplinari e va collocato in una dimensione di rete internazionale che riqualifichi il nostro Ateneo all’interno dello Spazio Euromediterraneo della Ricerca, a partire da un incremento del numero dei brevetti (per i quali è necessario potenziare e rendere più funzionale il lavoro d’istruzione e approvazione), dalla verifica della qualità dei progetti, dal monitoraggio della finalizzazione degli assegni di ricerca e delle borse di dottorato. All’interno di questo quadro è strettamente necessario che l’Ateneo si adoperi per dotarsi sempre meglio di una seria ed efficiente rete delle risorse librarie interne, curando altresì forme adeguate di prestito bibliotecario interno ed esterno.
Un’attenzione particolare sarà da rivolgere alla rete dei Dottorati, il cui titolo acquisisce sempre maggior peso, e che va razionalizzata aprendo la strada alle Scuole di Dottorato sì da ottimizzare le risorse e da accrescere il numero dei posti anche senza borsa. Da prevedere altresì un incremento del numero degli assegni di ricerca.
In sede di revisione di Statuto e Regolamenti, al fine di conferire maggior peso al processo di costruzione di una politica per la ricerca da parte dell’Ateneo, sarà da prendere in considerazione la proposta di istituire il Collegio dei Direttori di Dipartimento.
D’altra parte, all’incrocio tra didattica e ricerca, carente è risultato il dibattito che ha portato alla scelta d’istituire la Fondazione Politecnico che va ripresa e rilanciata in una fase attuativa. Ma non si tratta di scelte d’ingegneria burocratica: vanno riempite di respiro scientifico e culturale. La stessa prospettiva di istituire il Polo umanistico mediterraneo deve trovare una gradualità di agenda di lavoro che porti, attraverso le opportune verifiche, da una prima fase di coordinamento all’individuazione dei caratteri di una struttura di respiro mediterraneo. Articolazioni queste ultime che necessitano comunque d’un progetto organico sulla struttura dell’Ateneo, sul reperimento di risorse, sui nessi interdisciplinari, sì da evitare l’ennesima riproposizione d’una divaricazione tra scienze sperimentali e scienze umanistiche.

I Centri di ricerca finalizzati
Sulla base di quanto previsto dall’art. 32 del vigente Statuto e dagli artt. 89-92 del Regolamento generale, l’Ateneo può costiture Centri di ricerca finalizzati per progetti di durata pluriennale. Si tratta di un’opportunità di grande rilievo che può portare, come avviene per quelli già esistenti, allo sviluppo di una pratica di ricerca fondata su un’interdisciplinarità spesso più proclamata che realizzata. Finalità della ricerca è quella di elaborare nuovi saperi superando, sulla base della verifica sperimentale, steccati e divisioni artificiose. È nelle linee d’intersezione, nelle linee di confine fra campi scientifici diversi, che si manifesta, a seconda della loro specificità, l’innovazione. L’applicazione e le implicazioni dell’informatica, le grandi questioni poste dalla bioetica, la valorizzazione e la difesa dei beni culturali e ambientali, lo studio della storia e delle culture mediterranee, la differenza di genere, l’interculturalità, non sono che esempi di una grande vastità di tematiche che attraversano la nostra vita e pongono domande.
L’Ateneo deve sostenere i Centri esistenti rendendoli, a seconda dei filoni di ricerca, punti di riferimento per il territorio: si manifestano grandi potenzialità, come quelle, dette solo a mo’ d’esempio, espresse dal Centro F. Braudel sui sistemi economico-sociali e culturali del Mediterraneo; va altresì favorita la costituzione, scientificamente solida, di nuovi Centri interdipartimentali e trasversali di interesse strategico (Laboratori scientifici centralizzati che attirano risorse ministeriali) con respiro internazionale. Tra i possibili Centri, sembra di grande spessore, sulla base di interessi che già maturano tra i nostri docenti, la costituzione, d’intesa con l’IMES, di un Centro di ricerca su mafia e criminalità organizzata.

Dalla sperimentazione alla razionalizzazione di un’offerta formativa di qualità
È mancata nel nostro Ateneo una riflessione approfondita sulla prima fase di sperimentazione dei nuovi ordinamenti didattici.
Al di là del giudizio in assoluto sulla loro validità ed efficacia, sono emersi limiti sulle modalità con cui le Facoltà hanno applicato la Riforma. Non v’è dubbio infatti che il numero dei laureati (N.O.) è mediamente basso ed elevato il numero di ripetenti e fuori corso (quasi il 50% degli iscritti). Squilibrati sono risultati i piani di studio, per numero di esami e carico didattico, squilibrato il numero dei Corsi di laurea attivati, ancora insufficienti le strutture (aule, aule attrezzate e ancor più laboratori) per una didattica innovativa, pressoché vanificata la figura del tutor. In previsione dell’applicazione della normativa sui requisiti minimi, è risultato carente e intempestivo un coordinamento che ottimizzasse a livello interfacoltà le risorse (strutturali, finanziarie, di organico). Si prenda atto del fatto che nell’ambito delle risorse umane e della formazione il Mezzogiorno si colloca, rispetto ai Paesi europei, al penultimo posto, mentre su 100 giovani tra i 20 e 29 anni solo 6 si laureano in discipline scientifiche. L’approvazione delle nuove Classi di laurea deve rappresentare l’occasione, in collegamento anche con le parti sociali, per una razionalizzazione e ottimizzazione del sistema sì da affrontare con grande senso di responsabilità il problema posto dai ritardi che si registrano nel conseguimento del titolo, tali da configurare l’Università come area di parcheggio. In una, va rivolta attenzione particolare alle questioni poste dall’inserimento nel mercato del lavoro (a partire dallo svolgimento dei tirocini), oggi segnate da una forte ripresa dell’emigrazione dei giovani, anche laureati, verso altre aree del Paese. Una razionalizzazione che tenga debitamente conto dello sviluppo quinquennale dei Corsi e che includa anche i Master di I e II livello.
Sarà opportuno tenere, entrata in vigore la L. 270, una Conferenza d’Ateneo sulla didattica che, sulla base della valutazione dell’efficacia dell’offerta formativa esistente, tracci, nel rispetto dell’autonomia delle Facoltà, una politica d’indirizzo da sottoporre annualmente a verifica che tenga conto delle seguenti esigenze:
a) verificare la qualità e il livello di accreditamento dei Corsi di laurea attivati;
b) favorire, ove funzionale, l’attivazione di Corsi interfacoltà per ottimizzare risorse e qualità formativa;
c) programmare, a seconda della specificità dei Corsi, l’offerta formativa sui 5 anni, pur tenendo conto di eventuali percorsi triennali se effettivamente professionalizzanti;
d) ridurre all’essenziale il numero di esami per anno e prevedere per le singole discipline un numero di CFU medio-alto, con eventuali modularizzazioni organiche al loro statuto disciplinare e/o interdisciplinare;
e) valorizzare le Altre attività formative tramite Laboratori di pratica-produzione in rapporto organico con il mondo della produzione.
Sarà necessario, quindi, ridare funzione e vitalità alla Commissione didattica paritetica d’Ateneo e a quella di garanzia didattica.
Sarà altrettanto necessario individuare tutti gli strumenti funzionali a limitare e progressivamente ridurre significativamente il ritardo negli studi, tramite un più efficace orientamento pre-universitario sui contenuti in stretta collaborazione con il mondo della scuola, la riattivazione dell’orientamento intra-universitario con il ripristino generalizzato della figura del tutor didattico, la sperimentazione di forme di teledidattica di supporto coordinate a livello territoriale.
In questa direzione, e sulla base delle esigenze delle diverse Facoltà, sarà indispensabile provvedere al reperimento di nuovi spazi per la didattica: nuove aule soprattutto per le Facoltà in sofferenza, attrezzatura di quelle esistenti, nuovi laboratori multimediali per l’alfabetizzazione e la specializzazione informatica, per lo studio delle lingue moderne, per la ricerca bibliografica. Si tratta di elaborare un nuovo piano per l’edilizia universitaria che, accanto alle esigenze poste dal godimento del diritto allo studio per gli studenti fuori sede, metta al primo posto, senza limitarsi a occasionali reperimenti di locali, l’ampliamento degli spazi per una didattica innovativa che tenda ad esaltare la creatività degli studenti. Un nuovo piano che trovi come strumento attuativo un accordo quadro con la Regione e gli Enti Locali ai vari livelli e come sede di elaborazione la Commissione per l’organizzazione dell’Ateneo (art. 3, c. 10 dello Statuto), mai insediata, sulla base di un censimento sistematico innanzitutto degli spazi pubblici non utilizzati e di quelli privati acquisibili.
Un’attenzione particolare sarà altresì da rivolgere, d’intesa con le parti sociali, alla formazione post-laurea, in particolare ai Master di I e II livello che necessitano di una programmazione ben più mirata che superi improvvisazioni, inutili frammentazioni o sovrapposizioni e di un coordinamento specifico all’interno dello stesso COF o tramite la creazione di una Scuola di formazione post-laurea. Nel rapporto con il mondo del lavoro, andrà previsto un potenziamento dell’attività di supporto che l’Ateneo deve garantire per lo svolgimento di tirocini e stages.

Per una nuova fase progettuale della Scuola Superiore
Dalla sua istituzione, ha svolto un’attività di consolidamento che ha raggiunto nella valutazione nazionale risultati eccellenti.
Andrebbe aperta, a mio avviso, una nuova fase progettuale della quale qui si indicano solo alcune delle esigenze di partenza:
a) nel contesto nazionale sono nate nuove Scuole Superiori.
Diviene prioritario potenziare la rete di relazioni con i Centri di eccellenza nazionali e internazionali per favorire, non solo scambio di informazioni, ma soprattutto mobilità di docenti e studenti;
b) la Scuola Superiore, le cui attività appaiono oggi un po’ separate dall’insieme di quelle dell’Ateneo, deve potenziare la sua funzione di traino aprendo, ad esempio, i suoi Corsi anche a studenti esterni meritevoli, a dottorandi e assegnisti, articolandosi, nelle Specialistiche, in Laboratori di ricerca, potenziando le iniziative culturali interdisciplinari, praticando cioè quell’indirizzo di circolazione dei saperi carente nell’Ateneo, inaugurando, d’intesa con la Tipografia
Universitaria, tanto più se diverrà University Press, una linea editoriale di «nuova saggistica»;
c) la Commissione didattica, nell’attuale composizione, non può rappresentare da sola un efficace strumento d’indirizzo: si rende necessaria una più efficace rete di tutor da selezionare tramite bando e la costituzione, con criteri di scelta trasparenti e rigorosi, di un primo nucleo di «docenti della Scuola», che potrebbero prefigurare un «Consiglio della Scuola» rinnovabile periodicamente (tre/cinque anni), tale da arricchire con una presenza non episodica le occasioni formative, culturali e relazionali interne ed esterne. In altri termini, sembra utile un costruttivo ripensamento dell’identità della Scuola che ne potenzi, nelle attività interne e nella proiezione esterna, la funzione di lievito per la crescita dell’intero Ateneo.

I Musei e le altre strutture di ricerca e di didattica
Il Titolo VII (artt. 35-38) del vigente Statuto prevede strutture di ricerca e di supporto alla didattica: l’Azienda Agraria Sperimentale, l’Orto Botanico, i Musei. Si tratta di strutture di rilevante funzione anche per il rapporto con il territorio. In particolare, considerato il loro numero e valutate le esigenze finanziarie e di personale che pongono, da costituire saranno il Centro Museale e la Città della Scienza (Progetto Catania-Lecce) con autonomia amministrativa e contabile e strutturati in Sezioni, come previsto dall’art. 119 del Regolamento generale, eventualmente da aggiornare.

La valorizzazione dei beni culturali dell’Ateneo e il Monastero dei Benedettini
Le esigenze di gestione dei Musei dell’Ateneo esistenti riconducono alla necessità della programmazione di una politica di piena valorizzazione di tutti i beni culturali e archivistici dell’Ateneo. Un complesso di grande rilievo storico-culturale-architettonico quale quello dell’ex Monastero dei Benedettini, nel pieno rispetto dell’autonomia delle Facoltà ivi allocate, richiede, per la sua manutenzione e piena valorizzazione, una politica di stabile supporto sia da parte dell’Ateneo, sia, per la sua natura di polmone culturale per tutto il territorio, da parte della Regione, degli
EE.LL., della Soprintendenza, del mondo imprenditoriale e bancario. Appare necessario prevedere un’agenda di lavoro per la costituzione, processo già avviato anni fa, di una Fondazione Benedettini. Va inaugurata in generale una politica di valorizzazione del patrimonio stesso dell’Ateneo tramite un’apertura alle istanze culturali di qualità e di aggregazione che nel territorio si manifestano.

Catania città universitaria
Con la didattica e la ricerca, il diritto allo studio rappresenta non il paragrafo di un Programma per il rilancio dell’Ateneo, ma un asse portante dell’intero sistema universitario e, secondo il dettato costituzionale, della costruzione di una società che fa della conoscenza la leva del progresso economico-sociale e della democrazia stessa.
I soggetti istituzionali chiamati a dare attuazione al diritto allo studio sono lo Stato, la Regione, l’Ateneo. Non si può non criticare la diminuzione degli investimenti e nazionali e regionali, ad esempio, per l’edilizia universitaria. Non si può non criticare la diminuzione in termini assoluti del Fondo di funzionamento ordinario assegnato agli Atenei, nonché il gravare sui budget d’Ateneo di aumenti stipendiali. Questioni, queste ultime, che richiedono una forte iniziativa politica dell’Ateneo in tutte le sedi deputate, ma anche l’adozione d’una linea virtuosa nella scelta delle priorità per un’offerta formativa efficace. Per quanto aumentato, ancora troppo basso è il numero dei laureati rispetto alle esigenze del Paese. Ancoratroppo limitati sono gli interventi per rimuovere i fattori economico-sociali che allontanano dagli studi i giovani. Del tutto carente è l’offerta di posti-letto: 930 per una popolazione di fuori sede che s’aggira intorno ai 2/3 del totale degli iscritti (63.000 ca. al 2005). Fiorente è il mercato in nero dei costosissimi affitti privati. Gli studenti iscritti alle Facoltà del Centro storico non godono di una mensa universitaria. Pressoché assente, come già rilevato, una politica del diritto allo studio nelle sedi decentrate. D’intesa con l’ERSU, l’Ateneo deve proporre alla Regione e agli EE.LL. una nuova programmazione che, sulla base dei bisogni anche delle sedi decentrate, porti a un incremento significativo del numero dei posti-letto (da sbloccare sarà il progetto Tavoliere), tenendo anche conto degli studenti esterni del programma Socrates-Erasmus e di una augurabile politica di scambi internazionali di docenti e studenti stessi. Un vero e proprio tavolo di lavoro comune che porti al censimento di tutti gli spazi disponibili. Contestualmente, si rende necessario, d’intesa con gli EE.LL. anche dell’hinterland, istituire un Comitato di garanzia per gli affitti che renda possibile, con l’emanazione di una Carta dei requisiti, un auspicato controllo dei prezzi e delle condizioni igienico-strutturali di case e stanze e che funga anche, come realizzato in numerose altre Università tramite convenzione con i privati, da Agenzia al servizio degli studenti in cerca di alloggi. Sempre più equa deve diventare, e da sottoporre a verifica annuale, l’articolazione delle fasce di reddito per il pagamento delle tasse d’iscrizione. L’attuazione d’un più diffuso diritto allo studio deve esplicarsi attraverso sia l’erogazione di risorse finanziarie sia di servizi e agevolazioni. Nel primo caso (risorse finanziarie), saranno da prevedere
a) un potenziamento delle forme di collaborazione parttime finalizzandole, di norma, al miglioramento dei servizi stessi per gli studenti;
b) un incremento delle borse di studio per incentivare e razionalizzare la frequenza;
c) un’incentivazione dei prestiti bancari con interessi a carico dell’Ateneo;
d) il mantenimento dei buoni-libro con sconto da contrattare con l’Associazione Librai e da portare al 27%;
e) un incremento significativo dello stanziamento per borse di studio di mobilità internazionale (in atto solo un terzo ca. delle richieste viene evaso). Nel secondo caso (servizi e agevolazioni), d’intesa con ERSU ed EE.LL.,
a) va lanciato il progetto Catania città universitaria che chiami a fattiva collaborazione le Associazioni del commercio, della ristorazione, dello spettacolo, l’AMT, ecc. per realizzare una Carta per sconti congrui in cinema, teatri, supermercati (in particolare per i fuori sede), pub.
b) va verificata con l’AMT la mappa dei percorsi delle linee urbane e proposta la loro gratuità almeno nelle principali.
c) va risolta con Comune, Vigili Urbani e AMT l’annosa questione dei parcheggi nelle aree a insediamento universitario.
d) vanno incentivati, dopo i risultati positivi finora registrati, altri fondamentali servizi quali quelli per gli studenti disabili (verifica delle barriere architettoniche esistenti e supporto di tutorato), nonché i Corsi di italiano scritto.

La creatività giovanile e il territorio
Il rapporto tra Università e territorio ha presentato qualche momento di vitalità condensandosi, da una parte, prevalentemente su livelli verticali, EE.LL. e parti sociali, dall’altra, manifestandosi in meritorie iniziative di singole Facoltà. È da costruire invece un rapporto più organico con altre Istituzioni e con il mondo del lavoro tramite lo strumento di una programmazione strategica e di accordi-quadro, e un nuovo rapporto di tipo orizzontale con le pulsioni culturali che animano il mondo giovanile, conferendo capacità di lettura del territorio stesso. Occorre perseguire un duplice obiettivo, quello di dare voce e spazio alle esigenze di conoscenze culturali e alle potenzialità della creatività e della sperimentazione, e quello di popolare il territorio di luoghi di socializzazione: Catania e il Sud-Est della Sicilia grande campus universitario, intreccio di memoria e creatività, luogo d’incontro e scambio tra le diverse generazioni, grande spazio dell’interculturalità. Sulla base delle esperienze maturate, è possibile individuare tre ambiti, cinema, musica, teatro, tre sezioni, CUC (Centro Universitario Cinematografico), CUT (Centro Universitario Teatrale), CUM (Centro Universitario Musicale) coordinati in un Centro della Cultura Creativa. Le tre sezioni dovrebbero corrispondere non a tre cartelloni programmatici, ma a tre circuiti nei quali includere attività di rassegna e attività di produzione nel coinvolgimento di tutte le esperienze già esistenti nel territorio. Di rilievo, l’attività del CUS da potenziare ulteriormente e soprattutto da estendere alle sedi decentrate.

L’orizzonte dell’insicurezza
I dati occupazionali relativi al 2005 indicano l’acuirsi del divario tra Mezzogiorno e Centro-Nord, e la lontananza dagli obiettivi posti a Lisbona per il 2010. La quota di popolazione in età di lavoro occupata nel Mezzogiorno è del 45,8% – 20 punti al di sotto degli obiettivi europei – e per il tasso di occupazione femminile del 30,1%!
L’Università, pur non essendo un Ufficio di collocamento, non può restare insensibile di fronte a questo stato di cose. Il nostro Ateneo deve porre come una grande priorità sociale la questione della formazione in una con quella del lavoro. Nel fornire una formazione di qualità, con forte spessore culturale e non appiattita sui cicli brevi che spesso sempre più caratterizzano l’andamento del mercato del lavoro, deve estendere le sue antenne lontano e in profondità per cogliere linee di tendenza e per essere esso stesso lievito e stimolo per la crescita economica e sociale.
Le nuove generazioni vivono una condizione di insicurezza globale, di precarietà di prospettive di vita, spesso di demotivazione e di crisi, costrette in troppi casi a emigrare, con ulteriore impoverimento dei nostri territori. Di fronte alla solitudine delle speranze, l’Università deve mobilitarsi, essere essa stessa comunità, soggetto collettivo di attiva solidarietà umana e sociale.
Non sono sufficienti fragili Uffici informativi. Abbiamo bisogno d’una vocazione strutturale che si articoli su due livelli:
a) inchieste capillari, territorio per territorio, settore per settore, sulle proiezioni del mercato del lavoro tramite il Ce-Doc (Centro di Documentazione e Studi sulle Organizzazioni complesse e i Sistemi locali), che già ha aperto nell’Ateneo questa strada;
b) l’istituzione di una Consulta per il lavoro (Ateneo, Regione, EE.LL., OO.SS., mondo imprenditoriale) che riesca non solo a fornire informazioni, ma anche e soprattutto
a elaborare e proporre progetti integrati di lavoro.

Un Ateneo parte integrante delle reti internazionali dei saperi
Non si tratta di un settore, ma di una vocazione strategica che, in quanto tale, deve attraversare trasversalmente tutti gli ambiti, in particolare didattica, ricerca, formazione, creatività giovanile, edilizia. Un terreno ineludibile per il rilancio dell’Ateneo è infatti rappresentato dai processi di internazionalizzazione che devono riguardare sia la ricerca sia la didattica. Si tratta di un percorso che richiede un rilevante potenziamento della capacità progettuale e attuativa, del coordinamento e del monitoraggio permanente. Si tratta di creare le condizioni anche infrastrutturali (foresterie, studi, aule) per un Ateneo Porta del Mediterraneo che sia parte integrante delle grandi reti di ricerca, che, in modo ben programmato, internazionalizzi Corsi di laurea e post-laurea, Master e Dottorati, che sappia porsi come sede attrezzata per scambi tra docenti e studenti.
Oggi non attiriamo in modo significativo giovani di altri Paesi, in particolare della sponda Sud del Mediterraneo, che scelgono altri Paesi europei. Va messo in cantiere il reperimento e l’allestimento d’una Foresteria per docenti e va aperta subito una International House, in quanto Sportello per l’accoglienza e l’assistenza costante da riservare agli studenti stranieri, dalla sistemazione logistica al disbrigo di pratiche burocratiche, dalle informazioni relative a Facoltà e Corsi di Laurea all’orientamento per la vita in città.
Sono da proporre, con una delega specifica, una Commissione per l’internazionalizzazione, l’istituzione di un’Area specifica per le relazioni internazionali, la piena valorizzazione della Scuola di lingua e cultura italiana per stranieri, la creazione di un fondo finanziario specifico, d’intesa e con la compartecipazione degli EE.LL., del mondo imprenditoriale e bancario, per una internazionalizzazione della formazione e della ricerca alle porte della scadenza del 2010, perché la cultura sia strumento che concorra al superamento delle povertà e dei conflitti.
Ancora asfittica è per gli studenti la possibilità di studiare all’estero. Come già sopra ribadito, l’Ateneo e l’ERSU devono mobilitarsi per incrementare questa fondamentale opportunità, predisponendosi al varo del Life Long Learning Program.

Organi ausiliari centrali e Comitati
Il vigente Statuto (Titolo III, artt. 9-13) ha previsto la costituzione delle Commissioni per la ricerca scientifica, paritetica per la didattica, per l’organizzazione dell’Ateneo e, in quanto organi dell’Ateneo, del Nucleo di valutazione, dell’Organo di garanzia, del Collegio dei revisori.
Delle prime tre si tratta in altre parti del Programma. Per il Nucleo di valutazione va rilevata la centralità della sua funzione che deve divenire una vera e propria bussola d’orientamento per tutte le attività dell’Ateneo: i risultati della valutazione devono essere annualmente oggetto di pubblicizzazione e di confronto.
Maggiore vitalità e visibilità va assicurata all’Organo di garanzia, ripristinando la figura del Garante. Lo Statuto ha altresì previsto la costituzione del Comitato delle pari opportunità (art. 78). Un Comitato che non corrisponde, riduttivamente, a un “settore”, che presenta bensì risvolti di grande rilievo verso una pluralità di direzioni degne di essere valorizzate, non solo come effetto di una notevole e meritevole attività svolta, ma come impegno per un’agenda di lavoro che preveda una presenza più articolata anche nel mondo studentesco, una nuova sede e nuove unità di personale e che includa quanto autonomamente il Comitato stesso avrà modo di elaborare. Un Comitato che andrà istituito senza ritardi è quello previsto dall’art. 20, c. 2, del CCNL 2002-2005, il Comitato paritetico sul fenomeno del mobbing, costituito da un rappresentante per ciascuna delle Organizzazioni Sindacali firmatarie del Contratto, da un numero uguale di rappresentanti dell’Amministrazione, da un rappresentante del Comitato Pari Opportunità.

I Centri di servizio
Sono strutture di grande rilevanza la cui attività abbraccia molteplici livelli della vita dell’Ateneo. Hanno visto però un consolidamento non omogeneo e soprattutto non sempre hanno espresso un rapporto adeguato con le strutture decentrate interne ed esterne e fornito un’informazione più capillare.
È possibile indicare, per alcuni di essi, alcune linee programmatiche che si riferiscono ovviamente non ad aspetti di ordinaria amministrazione legati ai compiti istituzionali, ma all’esigenza di perseguire alcuni obiettivi che sembrano di più rilevante interesse. Il Centro per i sistemi di elaborazione e le applicazioni scientifiche e didattiche: è improcrastinabile il completamento dei supporti informatici e per l’attività didattica e per la gestione amministrativa, con particolare riferimento al lavoro delle Segreterie studenti, ivi incluse quelle delle sedi decentrate. Esistono ancora lungaggini burocratiche, sprechi di tempo, diseconomie nell’attività del personale tecnico-amminstrativo, lunghe file per gli studenti e assembramenti che possono essere progressivamente eliminati. Si rende necessario un censimento dei bisogni e un’informazione più puntuale all’utenza. Va ripreso il lavoro, iniziato e poi bloccatosi, per avviare forme di teledidattica di supporto che possono risultare quantomai funzionali in particolare, ma non solo, alle esigenze dei non frequentanti e dei fuori corso.
Il Centro orientamento e formazione: pleonastico ribadire la sua importanza. Negli anni è stato svolto un intenso lavoro che abbisogna però oggi d’una razionalizzazione, articolando meglio le attività legate all’orientamento e quelle relative alla formazione che, in parte sovrapponendosi, hanno oberato la struttura d’una dilatazione di funzioni. L’orientamento dovrà riacquisire una centralità e una profondità nuove nel concepire quello pre-universitario, in stretta collaborazione con il mondo della Scuola, sempre più legato ai contenuti a partire almeno dall’ultimo triennio delle Superiori; nel riprendere quello intra-universitario con il ripristino generalizzato della figura del tutor didattico; nell’estendere quello post-universitario tramite un rapporto più organico con il mondo del lavoro. Sarebbe opportuno fare rientrare la formazione postlaurea (Master), la formazione professionale (IFTS), la formazione permanente nell’ambito d’una nuova struttura di coordinamento e di indirizzo programmatico tecnicoscientifico.
Il Centro linguistico multimediale: è un Centro di rilievo strategico, la cui funzione è stata spesso sottovalutata. Rispetto agli altri Paesi europei il nostro, quanto a conoscenza delle lingue moderne, presenta una preoccupante condizione di gap che va progressivamente colmata. Una buona conoscenza di almeno due lingue europee è esigenza che riguarda gli studenti di tutte le Facoltà, ma anche il personale docente e quello tecnico-amministrativo. Non basta qualche credito formativo, né il relativo insegnamento può essere affidato a docenti di basso profilo. Il CLMA va ripensato come grande polmone di offerta formativa per lo studio delle lingue moderne nel dare vitalità ai Poli decentrati, nel reclutamento di esperti linguistici madrelingua, nell’attivazione di tutti gli strumenti didattici multimediali, nella formazione permanente, nella sperimentazione e nell’aggiornamento di docenti ed esperti. Un nuovo investimento, che in parte può autofinanziarsi, ma che può portare nuova qualità e quindi benefici che compensino i costi. È necessario prevedere una nuova sede centrale e sedi funzionali per i poli decentrati. Per un Ateneo al centro del Mediterraneo (rapporti con l’altra sponda e società multiculturale), con il protagonismo economico di nuovi soggetti (Cina e India), occorre abbandonare qualsiasi miopia provincialistica.
La Tipografia universitaria: ha svolto negli anni un lavoro meritorio, ma è risultata carente l’informazione all’interno dell’Ateneo. Completate le strutture e potenziato l’organico, va elaborato, come d’altra parte auspicato dall’attuale Direzione, un progetto di potenziamento che preveda anche la costituzione di una University Press che porterebbe a notevoli economie. Un progetto di grande potenzialità che va inserito all’ordine del giorno dell’agenda di lavoro dell’Ateneo.
Il Centro biblioteche e documentazione: ha avviato un lavoro da apprezzare che va ulteriormente sviluppato e potenziato. Da completare il catalogo unico, da arricchire il settore delle Banche dati (riviste, strumenti e corpora testuali). Da sviluppare la proposta di istituire Biblioteche digitali museali. Da prevedere per gli studenti postazioni specializzate per ricerche bibliografiche. Una scadenza sarà, in vista della creazione di un Catalogo unico del patrimonio librario regionale, l’aggregazione dei Cataloghi delle Biblioteche cittadine. È necessario dare stabilità finanziaria al Centro e prevedere l’ampliamento dell’organico di personale, oggi troppo ristretto.
Centro per l’aggiornamento delle professioni: è una nuova struttura di rilevante funzione per la quale può essere auspicabile un raccordo con gli altri livelli formativi postlaurea (l’ipotizzata Scuola di formazione, di cui sopra).
L’Ufficio disabili ha svolto un’attività meritoria che va ulteriormente incoraggiata e potenziata anche con un censimento delle barriere architettoniche ancora esistenti e un’informazione più capillare.
Il Bollettino d’Ateneo: strumento molto apprezzato all’esterno, ha svolto un importante ruolo d’informazione e dibattito che va mantenuto con un’opportuna rivisitazione per la quale consultare, nei tempi e nei modi dovuti, tutte le strutture dell’Ateneo; a esso va fornita piena collaborazione da tutte le componenti del mondo universitario. Pleonastico un riferimento alla importante funzione del Centro attività sportive e ricreative e alla Cassa mutua.

 

Leggi la seconda parte del programma

Redazione Step1

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