Il Primo ministro è uno scarafaggio

La primavera si fa avanti e iniziano a spuntare, perfino nella città più pulita, animali e insetti di ogni sorta. Il protagonista politico di questo febbraio 2021 (ma il libro è del 2020) è uno scarafaggio. Direte: davvero non c’era niente di meglio?. No. Soprattutto perché parliamo di un mese che ci ha regalato, in ordine: un nuovo governo, ulteriori scaramucce politiche, un’eruzione vulcanica, un paio di varianti di Covid e sicuramente qualcos’altro che stiamo dimenticando.

E se è vero che questa è una rubrica letteraria, è pur vero che cercare di spiegare con un libro questi tempi confusi è forse il miglior antidoto alla noia. Direte: perché lo scarafaggio?. Perché avevamo finito le falene. Direte: ma proprio sicuri sicuri?. Ma grazie al cielo questa è una recensione, mica un quiz a premi. Quindi basta così.

Quello che si stava cercando di spiegare prima di queste domande dal pubblico, riguardava la capacità di Ian McEwan di portare al potere uno scarafaggio, con una sapiente reinterpretazione di quello che era, in realtà, lo Scarafaggio di Kafka. Da uomo-scarafaggio a scarafaggio-uomo è un attimo. 

In un periodo in cui sono tanti gli scarafaggi in politica, personaggi abietti e spesso privi di scrupolo alcuno, in un Regno Unito alle prese con la Brexit, diventa quasi plausibile che uno di questi si insinui fino allo scranno più alto del potere, pur certamente non auspicabile. Così in breve, nel corso della notte, quella creatura che fino al giorno prima sfrecciava tra cumuli di spazzatura, nascondendosi nell’ombra e nell’umidità, diventa il leader politico più importante del suo tempo: il Primo ministro inglese!

Diciamoci la verità: quante volte abbiamo affiancato un politico a un animale? Senza troppe metafore, ciò che emerge nell’ultimo lavoro di McEwan sono i tratti peggiori della politica strisciante, capace di fare scudo intorno a sé e di snaturare. Lo Scarafaggio di McEwan è uno schiaffo, specie per chi è stato costretto suo malgrado a guardare volti di politici in tv per mesi, spesso a ciarlare di argomenti che certuni non conoscono: arte, cultura, cinema, attività commerciali. L’immaginazione di uno degli autori più noti del nostro secolo lo porta a reinterpretare la visione di Kafka in chiave politica, realizzando una critica sottile (neanche troppo in verità!) in un trip continuo che aggancia il lettore alla prima pagina e lo trascina fino alla conclusione.

Unico difetto: vi renderete conto di quanto veritiero sia leggendo un qualsiasi quotidiano.

Simone Dei Pieri

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