Il potere delle cose. Magia e religione al museo Pitrè

Nell’epoca del wireless e delle videochiamate, nel secolo delle fecondazioni in vitro e delle pecorelle Dolly può sembrare anacronistico parlare ancora di magia e di religione. Auguste Compte, padre del Positivismo, aveva teorizzato tre stadi del percorso umano: quello magico, quello religioso e quello scientifico. La scienza, secondo il francese, avrebbe dovuto spazzar via ogni tipo di credenza e di rito in nome di una verità puramente scientifica, esatta, indubbia. In realtà i progressi della scienza e la diffusione della cultura si sono accompagnati all’ammodernamento e alla proliferazione di movimenti, sette, maghi e occultisti.

 
Le motivazioni che hanno portato alla nascita di quelle che il filosofo Augusto del Noce ha definito “nuove forme di mitologismo” le spiega Eliana Calandra, direttore del Museo Pitrè e dell’Archivio Storico Comunale di Palermo, dove, dal 3 febbraio all’8 maggio 2006, si terrà un’interessante mostra dedicata alla magia e alla religione, fra riti popolari, tradizione e superstizione. “Quando la realtà quotidiana lascia emergere con violenza una negatività alla quale l’uomo non ha forze per opporsi, ci si avvale di poteri più alti. Un oggetto, una formula, un talismano – continua Calandra – divengono la chiave per intervenire sugli eventi, per arginare sfortuna e destino“.

La ratio positivista è dunque storia vecchia e lo testimoniano anche gli ultimi studi, secondo i quali non sarebbero stati né il Medioevo e né il Rinascimento i periodi più “magici” della storia dell’Occidente, bensì i nostri giorni che attestano, tra l’altro, un’incredibile escalation di nuovi credo e indovini. La magia e la religione continuano dunque a confrontarsi nella nostra società e insieme a lei mutano e si arricchiscono di significati più o meno positivi. La magia continua ad essere l’altra faccia della medaglia, la non-religione, l’aspetto più oscuro di coloro che la praticano; la religione, quella più ortodossa, ha lasciato la presa dando vita a forme di credo più privato, ad una professione della fede più “personalizzata”. In tutto ciò, quello che non è venuto meno è il potere delle cose, è la valenza evocativa e rassicurante di quegli oggetti a cui fa riferimento la direttrice Calandra.

È questo il filo sottile che unisce magia e religione. Il sacro e il profano trovano un punto di coesione nel materiale, l’invisibile in entrambi i casi si concretizza nell’oggetto di venerazione, il soprannaturale diventa realtà tangibile. E se da un lato, le difficoltà e i misteri della vita spingono l’uomo a cercare conforto e una soluzione in ciò che non è terreno, dall’altro il suo bisogno di concretezza viene risolto per mezzo della fisicità di un santino o di un feticcio.
Ecco che troviamo allora segni di adorazione e ringraziamento, vedi le stampe devozionali o gli ex-voto realizzati “per grazia ricevuta”, oppure manufatti allegorici destinati alla realizzazione di un desiderio specifico legato all’amore, all’abbondanza, alla fertilità.

D’altronde diverse pagine della storia dell’arte attestano diversi esempi in questo senso, a partire dalle pitture rupestri del paleolitico, in cui le rappresentazioni di vigorosi animali avevano lo scopo di propiziare il buon esito della caccia.

Dalle rette intenzioni di alcuni, si passa ai cattivi propositi di altri. Nelle sale Almejda e Pollaci Nuccio dell’archivio sono infatti esposte anche “fatture”, malefici utilizzati per danneggiare qualcuno o qualcosa, come l’uovo infilzato da spilli, e filastrocche, strumenti esoterici, maschere di carattere apotropaico. In tutto 150 oggetti, provenienti in gran parte dal Museo Pitrè, oggi in corso di restauro, per raccontare la tradizione magico-religiosa della Sicilia tra Ottocento e Novecento, ma anche il nostro presente, dove, come allora, magia e religione si fondono e si confondono.

 

Palermo – Archivio storico

dal 3 febbraio all’8 maggio 2006
¹mar/sab: 9-19.30; dom: 9-13
ingresso libero

 

/articolo in collaborazione con Tribe/

Vanessa Viscogliosi

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