«Fino a oggi c’è stato
il miracolo che nessuno di loro si è ammalato». Sembra un caso eccezionale e insperato anche a Carlo D’Antoni, il prete della parrocchia di Bosco Minniti di Siracusa che da anni è diventato un punto di riferimento per italiani e stranieri in difficoltà, il fatto che tra i migranti che vivono nel campo improvvisato nelle campagne alle porte della frazione di Cassibile nessuno, finora, abbia manifestato sintomi di Covid-19.
Tra le tende e le baracche di legno e lamiera, abitano circa 140 lavoratori agricoli stagionali arrivati da diverse parti d’Italia nei campi accanto allo svincolo dell’autostrada alla fine di febbraio. Già allora, quando l’emergenza legata alla pandemia da Covid-19 era ancora lontana, si erano risvegliate le solite preoccupazioni di alcuni dei residenti. «Pochissimi controlli ed evidenti carenze igienico-sanitarie», aveva denunciato l’ex presidente della circoscrizione Paolo Romano chiedendo che la baraccopoli venisse smantellata e l’area sanificata.
«È la stessa situazione che si verifica ogni anno in maniera puntuale e che le istituzioni dall’alto – lamenta il sacerdote – continuano a gestire come se fosse una emergenza». Lo scorso aprile si era parlato di un progetto per un villaggio per i braccianti stagionali. I moduli abitativi da allestire, però, sono rimasti solo sulla carta e i problemi strutturali sui tavoli attorno ai quali si sono riuniti i vari enti. «Continuano a dormire in tende e capanne che, in questi ultimi giorni di maltempo, si sono anche inzuppate di acqua piovana», racconta. Intanto la vera emergenza, quella sanitaria dovuta al coronavirus, è arrivata. «Dei 140 solo metà sta lavorando nelle campagne per la raccolta delle patate», dice padre Carlo che continua a prendersi cura di tutti loro come può.
«Dopo le solite lamentele di alcuni residenti di Cassibile – fa notare il prete – da un paio di settimane da parte del Comune c’è stato un pizzico di attenzione in più anche per via della situazione epidemica». L’attenzione si è tradotta in bagni chimici, cassonetti per la spazzatura svuotati, un filo elettrico che permette ai lavoratori di mettere sotto carica i cellulari e quattro punti acqua ai confini del centro abitato, a circa ottanta metri dal campo. «Forse più un modo per non farli avvicinare troppo al paese».
«Devo ringraziare la generosità di alcune persone che senza clamori hanno fatto delle donazioni per questi ragazzi», sottolinea il prete che, in questo periodo in cui anche la chiesa non è aperta al pubblico, vede venire meno la risorse economiche delle offerte dei fedeli, solitamente destinate a chi ne ha più bisogno. Padre Carlo sta continuando a ospitare le persone anche nei locali della parrocchia. «Qui da me ce ne sono 25, tra cui una ragazza madre con un bimbo di appena un anno e mezzo. Al momento stanno tutti bene». Nella struttura non si riescono a rispettare le distanze di sicurezza previste dai decreti, ma «qualcuno dovrà pure prendersi cura di questi nuovi schiavi e devo ringraziare il Banco alimentare che ha dato una buona mano d’aiuto».
Un appello all’attenzione per il settore agricolo e per i braccianti impegnati nei campi del Siracusano era arrivata anche dai sindacati. «Più che dell’ignobile sfruttamento cui vengono sottoposte queste persone – dicono la segretaria generale della Ust Cisl Ragusa-Siracusa Vera Carasi e il segretario generale della Fai Cisl Sergio Cutrale – dobbiamo pensare alla loro tutela. Anche questi uomini, come ognuno di noi, possono essere portatori inconsapevoli del virus o essere contagiati da altri».
Stando a quanto risulta a questa testata, nessuno di loro ha avvertito sintomi né è stato sottoposto a tampone. Tra l’altro, proprio i braccianti agricoli rientrano tra le categorie che assicurano un servizio essenziale che garantisce la catena alimentare. «Chi li sfrutta non pensa di fare rispettare le indicazioni dei decreti sulla sicurezza e anche nell’agricoltura a pieno campo – aggiungono i sindacati – ci sono pericoli dovuti alla promiscuità e alla mancanza di protezioni».
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