«La battaglia della legalità che s’è intestata il sindaco è una battaglia che va accettata fino in fondo, non per prendere le parti del sindaco ma per sfidarlo sui contenuti di questa legalità». Ne sembra convinto Carlo Pennisi, assessore alle Politiche sociali di Catania. Da professore quale è (è docente di Sociologia del diritto alla Facoltà di Scienze Politiche di Catania) per Pennisi (nominato come “tecnico” nella Giunta Stancanelli a maggio dell’anno scorso) conta il metodo, il principio. Quindi, se si parla del Palazzo di cemento (l’edificio sgomberato nel quartiere di Librino, nonostante le proteste degli occupanti davanti al Municipio) più che dare una casa a chi non ce l’ha, il ruolo del comune deve essere quello di aiutare gli ex occupanti a tirare fuori le proprie risorse senza dare l’illusione di potersi sostituire a loro, facendo crescere la loro fiducia nella propria autonomia. Se si riflette sull’argomento casa, non si deve pensare al possesso ma all’abitazione, come si fa negli altri Paesi o al nord, e anteporre il problema degli affitti a quello delle case popolari. Se si considerano le soluzioni, non possono essere uguali per tutti. E se si discute della spesa affrontata dal comune per i servizi ai minori, si deve pensare a rifunzionalizzarla rispetto al servizio, piuttosto che al mantenimento della struttura.
Tante le cose di cui parlare, quindi. Con la promessa che torneremo ad incontrarlo, incentriamo la nostra intervista sulle novità della spesa sociale e il futuro del palazzo di cemento.
Il bilancio di previsione è stato approvato dalla giunta comunale solo da pochi giorni. Dei circa 50 milioni di euro di spese “ordinarie”, quelle riguardanti i servizi sociali, tolti gli stipendi, hanno la parte più consistente. Come si sta muovendo il comune di Catania, considerata la riduzione dei trasferimenti statali? Se c’è da tagliare, certamente si dovrà fare nei servizi più costosi. Ma per l’assessore il problema non sono tanto i tagli, quanto il fatto che si spende troppo e male.
Un esempio? Per Pennisi, il nodo principale sembra essere quello dei 16 Istituti educativo-assistenziali che il comune paga “in convenzione” con una spesa per alunno di 27 euro giornalieri, con un costo complessivo di 10 milioni di euro per mille bambini.
Oltre alle questioni ordinarie dei servizi sociali in una città come Catania, certamente in questi mesi l’attività dell’assessore è stata resa ancor più consistente dagli sgomberi del palazzo di cemento e del palazzo delle Poste. Anch’essi avranno certamente avuto un costo. L’assessore però assicura che la maggior parte delle spese non ha gravato sui Servizi sociali, ma sulle altre direzioni. Tra i costi a bilancio dei Servizi sociali invece c’è il cosiddetto “buono casa” da 250 euro che andrà alle famiglie del Palazzo di cemento. Questo buono però non attinge i fondi della legge 431 per il sostegno degli affitti, bensì dalla legge 328 per 200 euro e per i restanti 50 dal bilancio del comune o dai fondi della Caritas, tenuto anche conto che molti affittuari non reputano il comune un pagatore affidabile. A quanto ammonta questa spesa? Come si decide se si attinge dai fondi comunali o della Caritas?
Il comune non ha promesso la casa agli ex abitanti del palazzo di cemento. Qual è quindi la loro situazione? Per l’assessore non potrebbero stare in graduatoria per una casa popolare: molti in quanto occupanti abusivi non ne avrebbero il diritto, altri non lo avrebbero nemmeno per il buono casa perché possessori di reddito. Tra di loro ci sarebbe anche un netturbino del comune con una busta paga di 1.150 euro. E l’assessore fa notare stizzito che la moglie era a protestare sotto il Liotro.
Quale sarà il futuro del palazzo di cemento? Sono state stabilite solo le linee generali del progetto, tra comune e prefettura. Delle linee specifiche però non si sa ancora nulla. Per definirle, ci ha detto l’assessore, si dovrà prima sapere che tipo di finanziamento ci sarà: dedicato, pubblico, privato. Il tipo di soluzioni le ritaglieranno su misura. Gli abbiamo fatto notare che di solito prima si fa un progetto e poi si vede in base a quello che si vuol fare quale tipo di soluzione di finanziamento adottare. Ma si sa, siamo in una situazione drammatica e nel dramma si è giustificati a far andare le cose al contrario.
Al momento si conosce solo la cifra: 15 milioni di euro per un unico progetto che comprenderebbe il palazzo di cemento e il teatro Moncada. 15 milioni sono tanti. Mettere a posto il palazzo e farci stare i suoi occupanti non sarebbe costato meno e non avrebbe spinto quelle persone ad attaccarsi al quartiere e a guardare al politico non come colui che compra i loro voti con promesse e buste della spesa, ma come qualcuno che lavora anche per loro? E perché dopo tanti anni, durante i quali c’è stato anche un progetto di intervento finanziato mai eseguito nel 2005, il comune ha deciso di agire proprio adesso?
Adesso quindi ci sarebbe una soluzione specifica per ognuno, che non è quella di dare loro la casa.
La questione per Pennisi è soprattutto culturale: è pensare la casa in termini di proprietà e non in termini di abitazione e il vero problema da porre alla città sarebbe quello del mercato degli affitti. Da qui il contrasto con i responsabili dell’Experia che hanno sostenuto le proteste degli ex-inquilini del palazzo.
L’Experia si sarebbe macchiato della richiesta di regolarizzare gli abusivi. Per Pennisi la prassi, resa legale, di legittimare l’occupazione abusiva e renderla un mezzo, riconosciuto valido dal comune e anche dalla rregione, per arrivare a “possedere una casa” è inaccettabile.
Al palazzo di cemento inoltre si è arrivati al paradosso: sembra che gli inquilini si siano “spaccati”, con alcuni degli abitanti che hanno seguito l’Experia, e un’altra parte che invece si è fatta rappresentare dagli Arena (il capofamiglia, Giovanni, latitante da 16 anni, è ritenuto un esponente di spicco del clan Santapaola). I servizi sociali e l’assessore sono stati accusati di aver trattato con una componente della famiglia.
Nel frattempo, si vocifera già di un possibile “palazzo di cemento 2”: c’è il rischio che si formi una realtà simile a quella di viale Moncada. L’assessore lascia intendere con una battuta che è impossibile scongiurarlo. E anche su come risolvere il problema casa e occupazioni regolari e irregolari, la voce di Pennisi esce fuori dal coro: il metodo viene prima di tutto. Solo il tempo gli darà ragione.
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