Il Consorzio Universitario, nella fattispecie, ha in Piero Cascone una presidenza assente ed impalpabile, solo la cifra di un’occupazione di potere da parte del deputato di turno. Il vicepresidente Migliore, altra espressione degli equilibri utili al senatore di turno, non può nascondere in un’intervista alla “Città” che nel Consorzio sono in pochi a crederci.
Detto in altri termini: molti dei Comuni sono economicamente inadempienti. Come se ai giovani di Ispica o di Comiso, non facesse comodo avere dei corsi di laurea a 20 km di distanza. E se anche il principale istituto di credito ragusano fa mancare il proprio sostegno al Consorzio non sentendosi garantito, ecco che la situazione dell’Università in genere e di Ragusa come quarto polo siciliano in particolare si mostra nella sua disarmante nudità: un miraggio. Un miraggio a piena responsabilità politica. Un aborto che appare inutile nascondere ancora a lungo anche in virtù delle esplicite e recenti dichiarazioni del Ministro Mussi riguardo l’eccessiva facilità con cui i Poli Universitari sono stati riconosciuti finora.
E mentre ora il Consorzio piange miseria, non posso fare a meno di ricordare, nel bilancio del 2003, la somma di 100.000,00 computata sotto la voce “varie ed eventuali”. Sotto forma contabile, lo stesso stile denunciato dal comunicato dell’Area didattica: maleducato fino alla volgarità.
E all’Università si sommano le inefficienze ( e l’efficienza è l’unica cosa capace di giustificare lo scandalo di essere governati) degli altri settori su cui si puntava e che per un breve periodo avevano fatto parlare del modello Ragusa: l’agricoltura in piena crisi, l’urbanistica disordinata ed asservita agli interessi degli ipermercati (vedi l’ultima, inconcepibile rotonda sulla strada provinciale per Marina), l’economia stravolta, un modello di sviluppo sovradimensionato (salvo ad aumentare esponenzialmente i desideri di consumo), i piccoli commercianti ad un passo dal baratro, il turismo senza programmazione, con i beni architettonici preclusi ai turisti, alcuni deturpati da restauri che gridano vendetta, senza le indicazioni e il materiale informativo; lo sport di alto livello sparito, la cultura che in grazia di Dio, non c’è mai stata.
Mantengo viva la speranza che saremo sempre di più a guardare alla Ragusa che avemmo con malinconia, ma anche, con rimpianto, a quella che avremmo potuto avere e che abbiamo lasciato irresponsabilmente in mani inadeguate, a sguardi incapaci di vedere oltre il proprio naso, a menti inette tanto al sogno quanto alla lucidità.
A raccontarsi la favola bella dell’isola nell’isola sono rimasti in pochi e,
chissà come mai, sono tutti politici.
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