Vedere cosa c’è dentro il famoso server da 91 milioni di euro, pagati dalla Regione alla ex Spi Spa per censire tutti gli immobili dell’ente. Questo l’obiettivo della richiesta di accesso agli atti depositata dal deputato regionale del Movimento 5 Stelle, Antonio De Luca, per andare fino in fondo alla faccenda, entrare nel server e ottenere l’elenco dei lavoratori. De Luca, insieme alla collega Roberta Schillaci, ha partecipato oggi alla seduta della commissione Antimafia dell’Ars in cui è stato sentito l’assessore all’Economia Gaetano Armao. Un’audizione che è stata secretata ma che, da quanto filtra, poco avrebbe aggiunto a quanto già noto sulla surreale vicenda.
Un caso che è diventato emblema dello scaricabarile tra governi regionali. La vicenda è tornata d’attualità a Sala d’Ercole lo scorso luglio, nel corso della discussione sui collegati alla Finanziaria, quando l’Aula ha appreso che il censimento del patrimonio immobiliare della Regione Siciliana, avviato dal governo Cuffaro nel 2007 e costato circa 90 milioni di euro, non ha portato alcun risultato alla Regione, letteralmente. Nel senso che i risultati sono conservati in un server del quale non si ha la password, proprio a causa del contenzioso ancora aperto con la società privata che gestiva i server. Nel frattempo la Regione ha annunciato di voler rifare il lavoro, affidandolo questa volta a strutture interne.
«Sono tanti gli interrogativi e i dubbi – commenta De Luca – nati in seno all’audizione odierna dell’assessore Armao, il cui contenuto è stato secretato. Di certo c’è solo il grande spreco di denaro pubblico. Per andare in fondo alla vicenda occorrerà quindi aprire un’inchiesta vera e propria in commissione Antimafia e ascoltare i protagonisti della vicenda, andando indietro nel tempo, sentendo gli esponenti delle varie giunte regionali e i lavoratori che materialmente censirono gli immobili. Per questo ho formulato una specifica richiesta al presidente della commissione».
«La brutta vicenda del censimento degli immobili – commenta Schillaci, insieme al collega Nuccio Di Paola, che ha seguito sin dall’inizio il caso – pensiamo abbia avuto costi ben più alti rispetto ai 91 milioni di euro di cui si è parlato finora. Oggi Armao ha fornito nuovi elementi per la lettura della storia e seppur gli atti siano stati secretati, non vi è dubbio che vi siano pesanti responsabilità politiche e amministrative. Chiediamo quindi che il censimento sia reso disponibile per le esigenze dell’amministrazione regionale, anche per ottemperare alle indicazioni della Corte dei Conti, e che si indaghi per capire le vere ragioni di un abnorme esborso di denaro pubblico, che non può passare inosservato».
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