Il Garibaldi della discordia: la replica di un nostro lettore

Da Piero Canale riceviamo e pubblichiamo una replica al nostro collaboratore Ignazio Coppola in merito ad un articolo che ha acceso un vivace dibattitto. A dare il la, un convegno sullo sbarco degli alleati in Sicilia. Tema che ha stimolato una discussione sull’attendibilità della storia (e degli storici) ufficiali, dai tempi di Garibaldi ad oggi. Come molti di voi sanno, Ignazio Coppola, rientra in quella schiera di storiografi revisionisti che stanno tentando di riscrivere la storia non tenendo conto solo della voce dei vincitori. Come sempre, invitiamo chiunque voglia dire la sua a partecipare, usando lo spazio dei commento o inviando una email a linksicilia@gmail.com.

Chiediamo scusa in anticipo se non saremmo in grado di rispondere o pubblicare in tempo reale. Siamo una piccola redazione. Invitiamo anche a rimanere sul tema, evitando di ‘scadere’  sul piano personale con toni e considerazioni che non interessano i lettori e che non giovano al confronto. Peraltro, ci preme sottolineare, come la discussione nata sul tema trattato dall’articolo, sia importantissima: finalmente si mette in discussione la versione ufficiale della storia che ci hanno insegnato a scuola e che grazie al lavoro certosino di molti storiografi sta rivelando tutte le sue falle. Comunque la si pensi, ciò che conta è analizzare con spirito critico quello che ci è stato tramandato, senza dogmi o pregiudizi.

“L’aspirazione è un desiderio e come tale potrebbe non avverarsi mai. Certo, ho scritto “aspirante storico” su un profilo twitter insieme con altro, ma sono cose che lasciano il tempo che trovano. È tuttavia sorprendente che si siano usati “metodi di investigazione” per avere notizie sulla mia persona. Vero è che nel periodo dell’internet la riservatezza è un qualcosa di discutibile e quindi lascio stare questo aspetto, anche se mi risulta un po’ inquietante.
Non citerò nomi di storici illustri o versetti del vangelo. Non cerco numi tutelari e non cito qui e là. Non sarò uno storico, non sarò una persona di elevato spessore culturale e non sarò nemmeno un “allittrato”, ma il problema non è storico o di conoscenza storica.
Come ho riportato in quel commento – che le deve avere realmente sconvolto almeno la giornata, se si è presa la briga di scrivermi una lettera aperta e di farla pubblicare su LinkSicilia – è un problema politico e generazionale, sebbene sia contrario, solitamente, a ricondurre lo scontro politico sul versante “padri contro figli”.
Sicuramente le sarà dispiaciuto, dopo «riconoscimenti, premi, attestati», che io abbia pubblicamente dileggiato il suo libro in un sito di informazione che ha migliaia di lettori, ma sinceramente a me non dispiace. Anzi, forse in un altro sito non avrei commentato, ma poiché si trattava di LinkSicilia ho voluto farlo di proposito. Sì, perché LinkSicilia è un sito simpatico, raccoglie un po’ tutti quei siciliani che al momento sono fuori dalle stanze dei bottoni (delusi di sinistra, lombardiani, sostenitori dell’indipendentismo siciliano, ecc.) e che si propongono come alternativa culturale alle persone che rappresentano adesso il potere. Legittimo. Giusto.
Come dicevo, il problema non è di carattere storiografico: è semplicemente un problema politico. Ed è facile intuirlo. Nel momento in cui le cose vanno male si deve trovare un colpevole. E chi meglio di Giuseppe Garibaldi e i Mille possono essere un buon capro espiatorio? Tanto, essendo morti ed essendo svanite le simpatie (e se vogliamo anche le mitologie), è più facile sparare sui cadaveri. E questo è proprio tipico delle generazioni politiche degli ultimi trent’anni. Quando parlo di generazione politica non mi riferisco soltanto alla classe dirigente, ma anche a coloro che hanno permesso che tale classe dirigente fosse al potere (per questo, in questo caso, non fa differenza se si è di sinistra o di destra o di centro). Le generazioni politiche degli ultimi trent’anni, colpevoli di avere portato la Sicilia e l’Italia allo stato attuale, proiettano il proprio fallimento e scaricano le proprie colpe su fatti di 150 anni fa. È naturale che sia più facile parlare del saccheggio della Sicilia da parte di Garibaldi, che parlare della complicità e della compiacenza della classe politica siciliana stanziata a Roma e stabilitasi a Palazzo dei Normanni e nelle varie amministrazioni locali, perché questo sarebbe una vera ammissione di responsabilità. Lo stesso avviene al Nord, dove si accusa Garibaldi di aver creato una “questione settentrionale”. Il meccanismo è uguale ed è squisitamente politico.
È ovvio che sia più facile dare del colpevole agli altri ed è difficile assumersi la propria responsabilità di fronte ai figli (ci vuole tanto coraggio). Per questo motivo non credo che il libretto sia un libro di storia, ma piuttosto le confessioni politiche di un fallimento generazionale (non suo personale, perché tanto di libri così ce ne sono un bel po’ in giro, che riportano più o meno le stesse cose) che proiettano sul passato un presente biasimevole.
Con ciò non dico che le situazioni attuali non siano determinate in parte da fatti e personaggi storici e dalle conseguenze di questi, anzi si studia storia (o si dovrebbe studiare) proprio per comprendere una parte del presente. Poi, però, se si vuole accusare un uomo solo dello sfascio di un’intera nazione a 150 anni di distanza si faccia pure. Io rimango del parere che una e una sola causa non bastano a spiegare nemmeno una parte del tutto. Ma ripeto, è più facile infierire sugli infermi e sui deboli e sui morti e sullo sfilacciamento dell’unità nazionale (e l’unità nazionale è debole, ma non per colpa di Garibaldi, ma semplicemente per la classe politica degli ultimi trent’anni). Contento lei, signor Coppola.
Non faccio la difesa degli accademici, poiché anch’essi fanno parte della generazione di cui parlo e perché anche il mondo degli accademici ha i suoi scheletri nell’armadio, almeno credo. Tuttavia sono sempre convinto che sia meglio rivolgersi a un medico che a un appassionato di medicina, a un panettiere e non a uno che si diletta a fare il pane in casa, a uno storico che a un giornalista. Sarà provincialismo, ma sono contro l’andazzo generale del pressapochismo e della mancanza e del riconoscimento del merito e della professionalità.
Per quanto riguarda il convegno, lei stesso ha ammesso di non essere stato presente alla seconda giornata. Mi chiedo perché allora abbia avuto la presunzione di emettere un giudizio su una cosa che ha seguito solo in parte. Beh, io sarò un “miserabile cialtrone”, come lei stesso mi ha definito (inutile usare l’espediente retorico per dire che non è parte del suo linguaggio, perché se lo ha scritto, evidentemente ne fa parte), ma sicuramente lei ha riportato un giudizio in mala fede e non veritiero – e che si fonda sulla presunzione di saperne di più della trentina di storici presenti -, non essendo stato presente a tutto il convegno, che, invece, ha dato spazio a più voci e a diversi aspetti. Forse se avesse preso parte anche alla seconda giornata (e anche a tutta la prima giornata), avrebbe, magari, trovato qualcosa di interessante. Peccato che non ci fosse”.

Piero Canale

Ancora a proposito del convegno sullo sbarco alleato in Sicilia

Redazione

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