Il cuoco della Grande Pappa

Ci voleva tutto il cinismo frattocchiano di Massimo D’Alema per usare la metafora delle “scosse” pochi mesi dopo il terremoto in Abruzzo. Ma, si sa, il “politicamente corretto” non è mai stato una preoccupazione del festeggiatore di banche incamerate, nonché velista in leasing: quello è un problema del suo eterno nemico Veltroni, per l’amor del cielo!

Comunque sia, a quanto pare siamo al capolinea: il regno di Berlusconi trema e, se non sarà crisi di governo, comunque l’infoiato collezionista di ville s’è giocato il Quirinale, dicono i bene informati.

 

L’uomo che è riuscito a sfuggire a mills accuse di corruzione, che ha elogiato il mafioso Mangano, che ha disquisito sull’apparato riproduttore di una giovane morente, che voleva nominare senatore a vita Mike Bongiorno, l’uomo per il quale la stampa e il Parlamento sono degli insulsi ostacoli o delle alcove (non si capisce bene), quest’uomo – dunque – dovrebbe, a quanto pare, tramontare a causa del suo appetito sessuale.

 

Se l’uomo ha lavorato, in tutti questi anni, per conseguire immediati traguardi terreni, non c’è dubbio che questo sia un tramonto: s’illudeva, il misero, che gli italiani avrebbero semmai premiato la sua gagliarda vocazione di seduttore da night. E così finora è stato; fin quando non è entrata in gioco proprio la giunzione dei due elementi che, finora separati, avevano garantito il suo impero: il sesso e il denaro (le veline non fanno guadagnare gettoni d’oro: a quelli deve pensarci il mancato senatore a vita; i grandi affari si fanno con i tycoons, le donne servono il tè durante le pause).

 

Ma ora, ahilui, sesso e denaro tornano insieme e s’uniscono nell’aborrito lessema “prostituzione”. E giù l’impero. Come avevano capito benissimo Fabrizio De Andrè e Paolo Villaggio scrivendo Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers.

Se però l’uomo avesse lavorato, in tutti questi anni, per conseguire traguardi ultraterreni (ne dubitiamo, ma bisogna sempre concedere una possibilità a chiunque), allora le cose cambiano. Un impero terreno dura quanto dura (e un impero finanziario va pur sempre diviso per cinque, salvo pastrocchi avvocateschi); ma la vera, diuturna immortalità Berlusconi se l’è guadagnata su un altro piano, quello apparentemente a lui più estraneo: il piano culturale.

 

Non stiamo parlando d’arte o di libri, per carità: il Nostro metterebbe subito mano alla pistola (o forse al pistolino). Stiamo parlando di cultura in senso antropologico. Il suo capolavoro, infatti, è l’aver compiuto l’omogeneizzazione culturale, la cottura finale della Grande Pappa di cui Pasolini intravide i prodromi (ma, buon per lui, non era che l’inizio).

 

Volete un emblema di questo sublime traguardo? Ecco qua: “la Repubblica” trasformato in “Novella 2000”.

Il più snob dei quotidiani, su cui scrissero Enzo Forcella e Italo Calvino e sul quale il suo fondatore si trasformò da sputtanatore di “padroni del vapore” a filosofo barbato, ha compiuto la sua mutazione genetica. E noi lettori snob, che mai avremmo aperto “Novella 2000”, siamo qua a cercare di distinguere i tratti di un volto femminile che scende da un aereo, ripreso da un teleobiettivo lontanissimo e – (tele)obiettivamente – indiscreto.

 

E il colmo lo raggiungiamo quando, sul sito internet del medesimo quotidiano, compaiono fotografie che dovrebbero scandalizzarci e che mostrano, semplicemente, la signora in questione vicina all’imperatore, in un comizio. Embè? Che cosa prova questa foto? Dov’è il reato?

Dopo un ben animato dibattito tra gli storici (il regime fascista fu una “parentesi” o ebbe un consenso enorme e reale?), pare ormai assodato che il regime mussoliniano sia stato, in buona parte, “autobiografia della nazione”; eppure, al suo tramonto, abbiamo potuto coltivare qualche icona di alterità assoluta, innanzitutto sul piano morale e, per così dire, estetico: Piero Gobetti, Ernesto Rossi, Ferruccio Parri, Sandro Pertini.

Oggi, se l’imperatore davvero è alla frutta, ci rimane (forse) Vauro. E così sia.

Giuseppe Traina

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