Il Comune fa scadere il progetto sull’anniversario del ’68 Maresco: «Non c’è supporto dall’assessorato alla Cultura»

Doveva essere un progetto culturale di ampio respiro sul 50esimo anniversario dal 1968. L’anno della rivoluzione, del tentativo di rovesciamento dello status quo da parte dei giovani di allora si riversò anche a Palermo. E segnò la storia del capoluogo siciliano, con legami ancora oggi evidenti. Una storia che l’associazione culturale Lumpen, il cui presidente è Francesco Guttuso, avrebbe voluto raccontare attraverso incontri dal vivo, proiezioni, dibattiti al cinema De Seta. E che però il Comune di Palermo non ha mai finanziato, facendo scadere l’anniversario. Ora quel progetto è in parte rimodulato, e si lega al 50esimo anniversario dello sbarco sulla luna, attraverso l’analisi di questo evento storico col cinema e la letteratura. Con la speranza che anche questa volta non si oltrepassi la naturale scadenza. Di questo passo si rischia che si arrivi a un altro progetto sul 50esimo anniversario del 1970. Un anno molto significativo per il capoluogo siciliano, d’altra parte.

«Fu in quell’anno che ci fu il festival musicale Palermo pop 70 che per un’estate trasformò la città in una sorta di piccola Woodstock. Io stesso ne ho accennato in alcuni miei lavori. Certo, fa sorridere che siamo partiti dal ’68 e rischiamo di arrivare al ’70 – dice il regista Franco Maresco, direttore artistico di Lumpen – Siamo di fronte a un grande bluff. Il problema è la non risposta da parte del Comune, nonostante il recente cambio di assessori alla Cultura. Il progetto sul ’68 teneva conto delle utopie di quegli anni ma allo stesso tempo guardava al futuro. L’utopia al tempo della tecnologia, insomma, guardando all’intelligenza artificiale. Un progetto saltato che, faccio notare, è avvenuto nell’anno della celebrazione di Palermo come capitale della cultura. Noi comunque abbiamo aggiornato il progetto, partendo dallo sbarco della Luna che infrange in un certo senso il mito millenario della sua irraggiungibilità. Volevamo raccontare la luna nel suo significato simbolico e anche utopico e poetico, il racconto nella letteratura da Ariosto a Leopardi passando per la luna di Franco Scaldati». 

Difficile non notare come sul progetto del 50esimo anniversario della Luna Maresco parli già al passato, nonostante alla chiusura del 2019 manchino ancora più di sei mesi. «Siamo stati presi più volte per i fondelli – sospira il regista –  e più volte ci è stato detto che mancano i fondi. Anche ad inizio 2019 avevamo ripreso i contatti con l’allora assessore Andrea Cusumano. Ci aveva rassicurato, e invece poco dopo è andato via. Abbiamo incontrato il nuovo assessore (Adham Darawsha, ndr) poco tempo fa, e non sembra promettere nulla di buono. Non aveva ancora letto il nostro progetto, nonostante pure lui si sia prodigato nell’assicurare che risponde sempre a tutti. Finora invece  nulla. Se il buongiorno si vede dal mattino, rischiamo di andare sempre peggio. Di certo registriamo che fino a questo momento non c’è stato, al De Seta e ai Cantieri della Zisa, il supporto dell’assessorato alla Cultura. Che di questi posti è proprietario».

Qualche giorno fa l’associazione Lumpen in un post si era spinta ad affermare che «siamo in un deserto dei tartari». Mentre a gennaio Maresco, insieme ad Andrea Inzerillo (direttore del Sicilia Queer Festival), aveva scritto una lettera aperta alla giunta Orlando e alla città (pubblicata su Repubblica). Anche in questo caso però, a distanza di cinque mesi, non si è registrato alcun dibattito nonostante i problemi sollevati sulla gestione della cultura e sul ridimensionamento degli entusiasmi in merito alla presunta nuovo indirizzo culturale della città. «In altri tempi sindaco e assessore avrebbero risposto, fosse anche solo per educazione – fa notare Maresco – È stato Orlando stesso a dire più volte che non se ne fa niente degli amici e che vuole le critiche. Quando queste critiche arrivano poi non c’è la risposta. Ma quel che è peggio è che non ha risposto la città. Di fronte a questa inettitudine, a questa sciatteria culturale, non esiste una reazione da parte né dell’intellighenzia locale, né degli artisti né tantomeno dell’informazione. Ognuno prova a curare il particolare, il proprio orticello, non ci sono più reazioni comuni di fronte il potere inadempiente. Un abbandono e una forma di arroganza malgrado la narrazione che continua a fare Orlando e che a quanto pare viene molto apprezzata in Italia. Peccato che al termine della narrazione si aprano gli occhi e la realtà non sia così bella come viene raccontata». 

Andrea Turco

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