Il certificato di Viviana: soffriva di paranoia e crisi mistiche Psichiatra: «Patologie che non implicano omicidio-suicidio»

«Viviana soffriva di paranoia e ha avuto un crollo mentale dovuto a una crisi mistica». Sono queste le parole scritte su un certificato medico del 17 marzo scorso, rilasciato dall’ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto a Viviana Parisi e ritrovato dagli uomini della polizia scientifica sul cruscotto della Opel Corsa abbandonata, dopo un incidente, all’interno della galleria Pizzo Turda lungo l’autostrada A20 Messina-Palermo. 

Il documento, che è stato sequestrato dagli inquirenti, era stato reso noto da Claudio Mondello, uno degli avvocati della famiglia che è anche cugino di primo grado di Daniele Mondello, il marito della donna e padre di Gioele. Lo stesso legale che aveva avanzato l’ipotesi che la donna avesse l’intenzione di recarsi alla Piramide della Luce, un’istallazione artistica commissionata da Antonio Presti a Motta d’Affermo, dove ogni anno si svolge il Rito della luce. Dopo il ritrovamento dei resti del corpo di Gioele – con la conferma nel pomeriggio di ieri dal riconoscimento delle scarpette blu da parte del padre – tra i boschi di Caronia, continuano le indagini per ricostruire quanto avvenuto. La polizia, intanto, sta cercando di approfondire le condizioni psichiche della donna che era stata in cura presso una struttura pubblica di Barcellona Pozzo di Gotto dove, ieri pomeriggio, gli inquirenti hanno acquisito della documentazione clinica. I pubblici ministeri avrebbero intenzione di nominare come consulente un perito in grado di offrire un quadro chiaro della personalità di Viviana anche alla luce delle difficoltà psichiche di cui la donna avrebbe sofferto negli ultimi mesi. «Viviana non era in cura e non seguiva alcuna terapia: ha soltanto preso per quattro giorni due pillole», ha detto il marito.

Paranoia, crollo mentale e crisi mistica. Cosa ci dicono le parole scritte su quel certificato medico? MeridioNews le ha analizzate insieme allo psichiatra forense Corrado De Rosa. «La paranoia è una condizione patologica. Chi è paranoico, di solito, è sospettoso, diffidente, vive una sorta di paura dell’altro, si sente perennemente attaccato. Nelle sue forme più gravi, determina una perdita del contatto con la realtà. Una persona paranoica – spiega l’esperto – mantiene spesso una sua logica, un pensiero apparentemente coerente. Apparentemente proprio perché quel pensiero è filtrato da una rilettura delirante degli eventi che sta vivendo. Chi ne soffre, comunque, non manifesta necessariamente confusione, atteggiamenti afinalistici, incomprensibili o disturbi del comportamento perché si tratta di un disturbo del pensiero e non della cognitività». In pratica è una patologia che ha manifestazioni che non necessariamente intaccano attenzione, memoria e orientamento. Tra i tipi di delirio più comuni ci sono quelli di gelosia, di riferimento, di persecuzione, di contaminazione o anche legati all’aspetto erotico. «Il punto – sottolinea De Rosa – non sono i comportamenti ma le convinzioni che portano a un sistema di interpretazione che decodifica la realtà secondo un solo parametro, malato».

In psichiatria, la misurazione dei livelli di gravità di una condizione è un tema molto dibattuto. «Non funziona – precisa lo psichiatra – come per esempio in oncologia o in ortopedia. Per i disturbi psichici, si valuta la loro capacità di condizionare il funzionamento sociale, relazionale, lavorativo, affettivo. Si cerca di comprendere quanto una malattia incide sulla quotidianità, sulle aree in cui si declina la personalità di ciascuno. In pratica, se la patologia condiziona queste aree in modo significativo, è probabile che sia più grave rispetto a situazioni in cui questa capacità di incidere, di influenzare è meno significativa. E poi si tiene conto pure del background socio-culturale». Cioè si cerca di contestualizzare il modo di pensare al contesto in cui questo avviene per definirne la comprensibilità o meno. Nel certificato si legge poi la locuzione «crollo mentale» che spesso viene utilizzata nel linguaggio comune e che, in effetti, «forse non brilla per puntualità scientifica – commenta De Rosa – però potrebbe essere indicare un peggioramento rispetto a una condizione precedente, un punto di rottura».

Infine, c’è l’aspetto legato alle crisi mistiche. «Anche in questo caso, non possiamo dire molto sulla definizione. Una crisi mistica può rappresentare un normale punto di svolta nella vita di una persona oppure, se è condizionata da una rilettura delirante della realtà, può rappresentare il modo attraverso cui si manifesta il peggioramento di un quadro preesistente. Oppure – aggiunge lo psichiatra – il modo attraverso cui si manifesta per la prima volta una condizione di disagio, che sia di matrice psicopatologica o meno. Il pensiero di chi delira – spiega De Caro – è inaccessibile alla critica. E ogni tentativo di riportare chi delira sul piano di realtà risulta improduttivo. Ma non è detto che l’adesione, anche improvvisa, a un movimento religioso nasca da una condizione psicopatologica». In alcuni dei video pubblicati da Viviana sui social nei mesi scorsi spesso si fa riferimento a Dio e alla Bibbia e anche i familiari hanno parlato di un suo avvicinamento alla fede. «In momenti di crisi – continua l’esperto – è possibile ancorarsi a punti di riferimento anche avvicinandosi alla religione. Ma questo dice poco: questa crisi mistica di cui si è scritto, potrebbe essere tanto espressione di una patologia quanto di una condizione di fragilità o di normalità. Dipende dal contesto».

La vulgata vuole che i malati mentali siano spesso collegati a comportamenti imprevedibili e, talvolta, perfino violenti. «In realtà – sottolinea lo psichiatra – non è così. Il binomio disturbo mentale-violenza è un luogo comune». Tra le ipotesi investigative seguite dagli inquirenti per provare a fare luce sul giallo di Caronia, fin da subito, c’è stata anche quella dell’omicidio-suicidio. «Per quello che sappiamo fin qui, e specificamente in relazione alle ipotesi connesse alla psicopatologia, possiamo solo dire che per quanto riguarda i comportamenti aggressivi nei confronti degli altri, i pazienti psichiatrici sono più spesso vittime che carnefici – analizza De Rosa – Per quanto riguarda il suicidio, i disturbi deliranti non sono tra quelli maggiormente associati a questo rischio». 

Marta Silvestre

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