I possibili scenari del dopo-Lombardo

Il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, si è dimesso. Questo passaggio avrà effetti sostanziali sul quadro politico siciliano. Sia nel centrodestra, sia nel centrosinistra. Proviamo, per grandi linee, a delinearli.

I primi effetti su avranno nello schieramento del presidente dimissionario e tra i suoi alleati. Nei giorni scorsi – e nelle scorse settimane -si è molto ironizzato sulle nomine di Lombardo. Ora, ironia a parte, va detto che queste nomine avevano un preciso significato politico. Erano il tentativo di Lombardo, se vogliamo disperato, di tenere unito uno schieramento politico in fase di dissoluzione.

La stessa legge blocca-nomine approvata dall’Ars, a parte gli aspetti morali, ha proprio questo significato: impedire a Lombardo, con l’introduzione dello spoil system, di mantenere posizioni di potere.

Da ieri lo scenario politico che sta attorno all’ormai ex presidente della Regione è mutato. I ‘colonnelli’ più rappresentativi (soprattutto in termini elettorali) – da Lino Leanza a Carmelo o Monte – sono già andati via. E tra qualche giorno, o tra qualche settimana, si annunciano nuove defezioni. Il ‘presunto’ ‘Polo moderato’, composto da Mpa, Fli, Mps di Riccardo Savona e Api è destinato a sfaldarsi presto.

Fli, ad esempio, potrebbe spostarsi verso lo schieramento di centrodestra che, lentamente, va ricomponendosi. L’Mpa di Savona verrà calamitato o dall’Udc di Giampiero D’Alia, o dallo stesso centrodestra. Dell’Api, con rispetto parlando, non conosciamo la consistenza elettorale, che comunque non sembra iirresistibile. Lo stesso Mpa è destinato a sfaldarsi, risucchiato dai Poli di centrodestra e di centrosinistra.

Il vessillo del rilancio dell’Autonomia siciliana sbandierata da Lombardo non è credibile. Lo hanno capito – e non da ora – molti autorevoli rappresentanti dei Movimenti sicilianisti, che hanno sempre vissuto con fastidio la presenza di Lombardo e del suo delfino, Giovanni Pistorio, alle manifestazioni autonomiste. Era chiaro che si trattava di tentativi, peraltro goffi, di mettere il ‘cappello’ su un rilncio dell’Autonomia siciliana che Lombardo e i suoi assessori hanno predicato nei fatti, ma non negli atti.

La fine del lombardismo accelererà il ricompattamento del centrodestra siciliano. Magari attorno alla candidatura di Gianfranco Miccichè (se non sbaglierà le mosse, se è vero che Miccichè, nei momenti ‘topici’, riesce sempre a farsi del male). O di qualche altra personalità di spicco. Di questo centrodestra non dovrebbe più parte l’Udc di Giampiero D’Alia. Quest’ultimo si presenta in Sicilia come il partito di Mario Monti, ovvero di un Presidente del Consiglio che ha creato e continuerà a creare un sacco di problemi alla nostra Regione.

L’Udc di D’Alia, in questa fase, sembra in ascesa. Anche per la dinamica ‘campagna acquisti’ messa in atto negli ultimi mesi. Ma è solo un’illusione ottica. L’Udc siciliana è ormai un partito che si è allontanato dal popolarismo, optando per un rapporto diretto con vari potentati economici, imprendtoriali e, forse, anche massonici (D’Alia, del resto, in quanto messinese, non può ignorare la Massoneria, che nella sua provincia è, da sempre, la ‘prima’ vera forza politica).

Man mano che si andrà avanti nella campagna elettorale in vista del voto d fine ottobre per le elezioni regionali, l’Udc siciliana potrebbe anche acquisire altri ‘transfughi’. Ma è destinata a perdere il contatto con una parte del proprio elettorato tradizionale. Volendo fare una previsione quasi matematica – certi passaggi politici sono quasi scientifici – si può affermare che il numero di elettori che l’Udc siciliana perderà sarà direttamente proporzionale al ricompattamento del centrodesta siciliano.

Tra l’altro, l’Udc di D’Alia si è trasferito, armi e bagagli, in uno schiieramento – il centrosinistra – dove le divisioni sono profonde. I fatti delle ultime settimane hanno dimostrato che l’unico dirigente del Pd siciliano che ha tenuto la posizione, provando a contrastare l’asse Antonello Cracolici-Giuseppe Lumia (e quindi la segretaria nazionale del Pd, che dall’alleanza con Lombaro ha tratto ‘grandi’ benefici…) è stato Sergio D’Antoni. La sensazione è che gli altri dirigenti che apparivano contrari all’alleanza con Lombardo erano, in realtà, dei ‘lombardiani incappucciati’. Basti pensare all’appello, dai toni quasi ‘crepuscolari’, lanciato domenica scorsa dal parlamentare regionale catanese del Pd, Giovanni Barbagallo, che invitata Lombardo a non dimettersi. La dimostrazione – altrettanto matematica – che il Pd siciliano nel suo complesso vive con terrore l’appuntamento elettorale. Per due o tre motivi che cercheremo di illustrare.

In primo luogo, il Pd siciliano dovrà fare finalmente i conti con la base del proprio partito. Una base che è stata umiliata da un dirigenza che, per questioni di affari legati alla presenza dello stesso Pd nel Governo Lombardo, ha impedito a elettori, militanti e simpatizzanti di pronunciarsi con un referendum sull’alleanza dello stesso Pd con Lombardo.

Umiliati e massacrati per quattro anni, militanti, simpatizzanti e iscritti – nel segreto dell’urna – avranno finalmente la possiblità di dire la loro. Di cambiare Partito se si presenterà un’offerta politica migliore (cosa non difficile). O di punire i dirigenti del Pd siciliano che hanno infognato il Partito in un’alleanza disastrosa sotto il profilo amministrativo e, soprattutto, morale.

Per ridurre il fuggi-fuggi degli elettori dal Pd siciliano, il Partito dovebbe mettere da parte quelli che, in fondo, sono stati i veri protagonisti della disastrosa alleanza con Lombardo: i già citati Cracolici e Lumia. Ma questi ultimi due, avendo servito su vari ‘piatti d’argento’ importanti ‘assist’ clientelari alla segretaria nazionale del Pd, hanno già presentato il conto a Roma.

Nasce da questo ‘conto’ romano la candidatura di Rosario Crocetta alla presidenza della Regione siciliana: una candidatura voluta da Lumia e Cracolici (con Crocetta che, in verità, vorrebbe affrancarsi dai due) che si propone, di fatto, in continuità con l’alleanza Pd-Lombardo. Non a caso, già da tempo, si parla di un ‘patto’ tra lo stesso Crocetta e l’assessore regionale alla Salute ucente, Massimo Russo. E sarà proprio la presenza – e l’insistenza – di Lumia e Cracolici nel riproporsi che farà perdere voti al Pd siciliano (ormai non più candidabile nel Pd alle elezioni nazionali, l’eventuale vittoria di Crocetta ci ‘regalerebbe’, con molta probabilità, Lumia assessore regionale: un buon motivo per non votare né il Pd, né, soprattutto, Crocetta).

In verità, dentro lo stesso Partito stanno provando a trovare un candidato alla presidenza della Regione siciliana alternativo allo schieramento Cracolici-Lumia. Nelle scorse settimane si è fatto il nome di Bernardo Mattarella, che potrebbe essere appoggiato da Sergio D’Antoni, dal segretario regionale di questo Partito, Giuseppe Lupo, dalla Cisl siciliana, da altri dirigenti del Pd (con in testa lo zio di Bernardo, cioè Sergio Mattarella), dall’Udc di D’Alia e, magari, dal Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.

Solo che la candidatura di Bernardo Mattarella non decolla. A Palermo, ad esempio, tra i fedelissimi di Orlando c’è stata una quasi sollevazione popolare contro l’ipotesi di appoggiare Bernardo Mattarella. Ed anche logico: a Palermo Orlando ha stravinto grazie anche ai voti cattolici e di una certa sinistra. Sciupare il grande patrimonio elettorale di Palermo – e in generale di Italia dei valori in Sicilia – per quella che, con tutto il rispetto, non sarebbe altro che una candidatura di stampo tardo-democristiano sarebbe, per Orlando, un tragico errore.

Gli stessi ex democristiani del Pd avrebbero capito che la candidatura di Bernardo Mattarella sarebbe troppo debole. Infatti, proprio in queste ore, sarebbe stata avviata una riflessione su una possibile candidatura dello stesso Sergio D’Antoni, designazione molto caldeggiata dalla Cisl, sindacato dal quale lo stesso D’Antoni proviene.

Ma anche la possibile candidatura di D’Antoni non toglie le castagne dal fuoco a Leoluca Orlando. Se, da un lato, D’Antoni si porterebbe dietro tutti gli ex democristiani del Pd e l’Udc di D’Alia, dall’altro scontenterebbe tutta la base di Italia dei Valori che, in Sicilia, chiede altro. Cosa?

Un’alleanza a sinistra con un candidato di sinistra. Di fatto, l’unico candidato che metterebbe d’accordo gli ex democristiani del Pd, l’Udc di D’Alia e il popolo di Italia dei Valori sarebbe quella di Orlando (foto a destra tratta da pratoreporter.it). Ma Orlando, ormai Sindaco di Palermo, non può abbandonare i capoluogo dell’Isola per candidarsi alla presidenza della Regione.

Piaccia o no, con la crisi d’immagine – ormai irreversibile – degli ex comunisti del Pd siciliano, Italia dei Valori – magari in alleanza con Sel di Vendola e con la Federazione della Sinistra – è destinato a diventare il riferimento dei tanti elettori siciliani della sinistra e dei cattolici progressisti. Un mondo che alle prossime elezioni regionali non potrà essere rappresentato né da Sergio D’Antoni, né da Bernardo Mattarella.

D’Antoni e Bernardo Mattarella sarebbero in benvenuti in uno schieramento di centrosinistra capeggiato da Italia dei Valori. Ma, lo ripetiamo, il candidato alla guida della Sicilia deve essere un altro. Magari anche un cattolico. Ma con una spiccata vocazione verso la sinistra.

P

Giulio Ambrosetti

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