Un foglio di carta scritto a penna che passa attraverso le mani di pochi fedelissimi postini. Sarebbero stati propri i pizzini lo strumento utilizzato da Andrea Nizza per comunicare durante la sua latitanza. Due anni e un mese da introvabile senza però rinunciare ai contatti con gli appartenenti del suo gruppo mafioso. Scambi di informazioni, confidenze ma anche lamentele in un periodo pieno zeppo di difficoltà per le continue retate delle forze dell’ordine e i pentimenti eccellenti. Come quello del fratello narcotrafficante Fabrizio Nizza. A svelare il metodo di comunicazione, in passato reso celebre dal capomafia Bernardo Provenzano, è proprio un ex appartenente della famiglia Santapaola. «Si adoperava l’espediente di scrivere un pizzino e metterlo all’interno di una buca per lettere», racconta ai magistrati nel 2015 Salvatore Cristaudo.
Il collaboratore svela anche l’esatto punto in cui era posizionato il contenitore: «Viale Moncada 10, scala b». All’interno della storica roccaforte dei Nizza, nel quartiere popolare di Librino, si sarebbero dati da fare due giovanissimi postini. Da un lato Natalino Nizza, diventato maggiorenne a novembre 2014, e dall’altro Sam Privitera. Il primo è finito in manette durante il blitz Carthago 2 con l’accusa di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. «Quando qualcuno voleva mandare un messaggio ad Andrea Nizza, poiché incontrava solo il nipote e Privitera, si usava l’espediente del pizzino. Poi – continua il pentito nel suo racconto – erano questi due a ritirarli e a consegnarli al latitante». Natalino Nizza, figlio di Giovanni detto banana, quest’ultimo fratello di Andrea, si sarebbe anche occupato degli affari del gruppo: «Faceva da controllore per il business del padre e dello zio». Una fedeltà recentemente sbandierata anche sui canali social del giovane: «Non parlate assai che mio zio è al 41bis zitto, zitto. È un leone», scrive accanto a una vecchia foto che li ritrae insieme.
L’ex latitante, catturato dai carabinieri dentro una villetta di Viagrande, avrebbe ricevuto anche vere e proprie lettere. Tra i mittenti che vengono indicati dai pentiti c’è il nome di Antonio Cocuzza, finito in manette nel 2016 durante l’operazione Carthago 1. Nelle mani dei fedelissimi di Nizza, stando a quanto riportato nell’ordinanza di custodia cautelare, sarebbe finita anche una lista. Un documento, un tempo in mano all’ex latitante, in cui erano indicate le piazze di spaccio, i quantitativi di droga e i crediti derivanti dall’attività di vendita dello stupefacente. «Andrea (Nizza, ndr) a maggio ha fatto sapere, tramite Privitera e il nipote, che la lista dovevano consegnarla a Saro Lombardo».
Conteggi e soldi però avrebbero innescato non pochi malumori tra i componenti della cosca interna alla famiglia dei Santapaola. Tra i retroscena dell’operazione c’è infatti un clamoroso tentativo di estromettere i Nizza dal mercato. A portarlo avanti sarebbero stati Marcello Magrì e Rosario Lombardo, bollati dalla procura come «gli elementi dell’ala ortodossa di Cosa nostra». Durante un’intercettazione ambientale vengono ripresi alcuni passaggi di un summit che si sarebbe tenuto a casa di Lombardo, e le parole che vengono pronunciate sarebbero quelle di Magrì: «Il foglio è di tutti, non il suo. È di tutti quanti: di quelli che hanno morti, hanno il 41 bis, è di tutti». Una sorta di ammutinamento in cui si inseriscono anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, come Salvatore Cristaudo, che accusano Lombardo, detto ‘u rossu, di tenere un comportamento ambiguo. «Apparentemente è sempre con Andrea Nizza ma in realtà si sta avvicinando a Francesco Santapaola e Marcello Magrì».
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