Ottavio Navarra, un editore a Palazzo d’Orleans? «Conoscere il sudore della gente aiuta a capirla»

«Se non sono ancora stanchi, non si stancheranno mai» suonava una canzone dei Modena City Ramblers che ha portato oltre i confini dell’Isola la storia del movimento della Pantera. Ottavio Navarra è ancora lì ed evidentemente non si è stancato. Ha animato i movimenti studenteschi a cavallo tra gli anni ’80 e ‘90, è volato a Roma a fare il deputato nazionale, è tornato in Sicilia per sedere un paio d’anni a sala d’Ercole, per poi ripartire da Marsala, in consiglio comunale. Editore dell’omonima casa editrice, da un paio d’anni ha messo su un nuovo movimento, Per il pane e le rose, con cui ha girato la Sicilia e raccolto i mal di pancia dei cittadini. Da settimane il suo nome, tra indiscrezioni e mezze conferme, circola sui giornali come possibile candidato alla presidenza della Regione, espressione di alcune forze della sinistra e di diversi movimenti e realtà territoriali. Lui, dal canto suo, non ha ancora sciolto la riserva. «Qualora si individuassero soluzioni più autorevoli delle mie – ammette – il mio nome non sarà mai un ostacolo. Ho tanti difetti, ma non il narcisismo».

Da dove nasce la sua candidatura?
«Nasce insieme a forze prevalentemente palermitane, ma in tutta la Sicilia si è innescato un percorso di alternativa politica, senza alleanze e inciuci con chi ha chiare responsabilità nel governo della Regione. Quella sulla presidenza era nata come una discussione aperta, dentro cui stavano forze politiche e sociali, movimenti culturali, collettivi studenteschi. L’auspicio era, però, che si facesse un lavoro molto più ampio, prima di avanzare un nome».

Insomma, la sua riserva non è ancora sciolta.
«Non soltanto, ma credo che le condizioni iniziali debbano essere il progetto e i contenuti di questo percorso. È sotto questo profilo che sono interessato a una coalizione alternativa a chi ha avuto responsabilità di governo che hanno portato la Regione sull’orlo del baratro».

Chi ci immagina dentro?
«Penso a una coalizione aperta, senza primi della classe. Ci sono dentro tutte quelle forze di sinistra che hanno avuto la sensibilità di avanzare il mio nome, ma è indispensabile che dentro questo ampio schieramento ci stiano quelle forze che già nei territori costruiscono alternativa: pezzi di economia siciliana, associazioni, esperienze culturali che ogni giorno tra mille difficoltà fanno la loro parte. Bisogna mettere insieme tutto questo mondo per lavorare a un programma più partecipato possibile. Perché non è più il tempo delle chiacchiere, la gente ha bisogno di concretezza. Non dimentichiamo che il primo partito è quello di chi non va a votare».

Sembra che intanto dalle parti del Pd prosegua il pressing sul presidente del Senato. E se alla fine Grasso accettasse?
«Sicuramente il ragionamento sulle forze alternative a questa esperienza di governo resterebbe in piedi. Mi lasci aggiungere che mi pare sgradevole che si tiri per la giacca la seconda carica dello Stato per l’imbarazzo che vive questa coalizione di governo. Personalmente non sono interessato a soluzioni ecumeniche, ci sono delle precise responsabilità politiche ed è ora che qualcuno se le assuma».

La sua storia è storicamente tracciata a sinistra, ma è anche un percorso di imprenditoria dal basso. Due elementi da coniugare per far ripartire la Sicilia?
«La mia vita è caratterizzata da tante cose, ma l’esperienza da sola non basta senza la conoscenza della realtà. È conoscere il sudore delle persone che aiuta a capirle davvero. Io vedo una risposta possibile nella formulazione di questo progetto, anche alla luce del recente passato. Il centrodestra ha mostrato tutta la propria inadeguatezza, il grillismo è una risposta protestataria senza progetto, così come quello che oggi si muove attorno al Pd: li abbiamo conosciuti in questi anni e francamente ne possiamo fare a meno».

In molti derubricano questo percorso come una candidatura di testimonianza, cosa risponde?
«Quando dico che i partiti della coalizione di governo hanno fallito, il mio ragionamento non riguarda gli elettori. Io so che alla base del partito democratico ci sono militanti e amministratori che in questi anni hanno fatto bene la propria parte e che sanno che sul piano regionale questa proposta non ha funzionato. Mi rivolgerei anche a loro se questa ipotesi dovesse prendere corpo. Abbiamo bisogno di tutti e credo che sia davvero il momento di mettere da parte le divisioni, perché la Sicilia è più importante».

Come aggregare attorno a questo progetto gli altri pezzi della sinistra?
«Io non voglio aggregare perché penso che tutti abbiano diritto di cittadinanza. Qui non c’è nessuno che vuole dare un patentino, è arrivato il momento di capire che siamo di fronte a un bivio. E che bisogna scegliere il bene della Sicilia».

E poi bisognerà fare i conti coi Cinque Stelle, che domani ufficializzeranno il nome del loro candidato.
«Quello dei Cinque Stelle è un movimento che contiene tante cose, che contiene molta rabbia e amarezza dei cittadini. Non le dobbiamo disprezzare, ma risultare più credibili dei grillini che non mi pare riescano a dare seguito alla protesta con le soluzioni. Dobbiamo ritrovare la capacità di ascoltare, leggere la rabbia e l’amarezza e diventarne finalmente gli interlocutori».

Miriam Di Peri

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