Battelli “fantasma”, radio clandestine e tanta, tantissima musica rock. Questi gli ingredienti principali di I love Radio Rock (titolo originale The Boat That Rocked), ultimo riuscitissimo esperimento del re della commedia britannica, Richard Curtis (regista di Love Actually e sceneggiatore di Notting Hill, Quattro matrimoni e un funerale, Il diario di Bridget Jones).
I love Radio Rock racconta gli anni ‘60 in una Londra perbenista e bigotta in cui il rock è giudicato immorale. E’ “la musica del diavolo”, che alimenta la ribellione in un periodo di già grande turbamento giovanile e stravolgimento sociale.
Mentre le radio tradizionali le dedicano un paio d’ore alla settimana preferendole il jazz e la musica lounge, da barche al largo della costa britannica, tanto quanto basta per ritrovarsi in acque internazionali, la musica rock e pop viene trasmessa 24 ore su 24, conquistando ben 25 milioni di inglesi.
Su una di queste, la realmente esistita Radio Caroline, Curtis colloca i suoi personaggi: una ciurma di deejays stravaganti che fanno della musica rock e pop la loro ragione di vita.
Il ruolo da antagonista spetta ad un ambizioso uomo politico che tenta di mettere fuorilegge i “pirati del rock”, tra cui si ritrova il giovane protagonista, Carl. Espulso da scuola, viene catapultato in questa nuova, folle realtà, tra storie di droga, sesso, di amori trovati e persi, di amicizia e di parentele mai conosciute.
Richard Curtis riesce in maniera impeccabile a ricreare l’atmosfera di quegli anni, grazie soprattutto alla sapiente ricostruzione scenografica (ad opera di Mark Tildesley).
La narrazione di due ore e poco più scorre fluidamente tra toni ironici, battute irriverenti, situazioni strambe e personaggi singolari (magistralmente interpretati da un cast ben assortito che vanta nomi come Kenneth Branagh, Nick Frost, Rhys Ifans, Bill Nighy).
Colonne sonore, nonché indubbie co-protagoniste, le splendide note dei Beatles, Rolling Stones, Kinks e di altri leggendari artisti come Jimmy Hendrix, Aretha Franklin, Dusty Springfield.
In questa brillante commedia non troveremo di certo realismo storico, come sostiene lo stesso Curtis, ma semplicemente un suo personale e sentito omaggio alla musica che ha cambiato il mondo.
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