I minori scomparsi dai centri di accoglienza della Sicilia Musumeci: «Sono mille e 300 e nessuno sa dove sono»

«Negli ultimi anni dai centri di accoglienza della Sicilia sono scomparsi circa mille e 300 bambini. Non è un nostro dato, ma del Ministero del Lavoro. E’ una situazione gravissima e, per molti versi, inquietante. I minori arrivano sulle nostre coste con i barconi, vengono identificati e poi trasferiti nei centri. Molti di loro dopo un mese o, al massimo, dopo due mesi scappano. Ci dicono che una minima parte di questi ragazzi – si calcola più o meno il venti per cento – raggiunge i genitori nel Nord Italia o nel Nord Europa. Ma gli altri che fine fanno?».

Domanda tremenda, quella che si pone e pone Nello Musumeci, presidente della Commissione Antimafia del Parlamento siciliano. 

Affrontiamo con lui il tema dei migranti che arrivano nella nostra Isola perché sappiamo che, da tempo, l’Antimafia regionale si sta occupando dei grandi affari, spesso illeciti, che girano attorno a quello che sembra essere diventato uno dei grandi business del nostro tempo. Del resto, l’inchiesta Roma Capitale che sta mettendo a soqquadro la politica, riguarda anche la gestione dei centri di accoglienza dei migranti.

«La questione dei minori che scompaiono – dice ancora Musumeci – desta grande preoccupazione. Le riflessioni che si possono fare sono diverse. Pensiamo alla prostituzione minorile, al commercio di droga e anche al traffico illegale di organi umani. So di ipotizzare uno scenario sconvolgente. Ma siamo davanti a fatti di gravità inaudita. Non possiamo assistere in silenzio alla scomparsa di tutti questi minori».

Cosa può fare e cosa sta facendo la Commissione Antimafia regionale rispetto a un problema così grave?

«La Commissione Antimafia regionale non ha poteri di polizia giudiziaria. Noi operiamo con poteri di indagine. Stiamo lavorando in un clima di serena unità, al di là delle diverse posizioni politiche. Stiamo indagando su un altro grave problema: il caporalato».

Cioè sui lavoratori sfruttati.

«Per l’appunto. Fino a qualche tempo fa il caporalato, nella nostra Isola, sembrava confinato solo in alcune aree del Trapanese, e precisamente di Campobello di Mazara, e in alcune zone del Ragusano, con riferimento, soprattutto, all’area di Vittoria. Oggi il fenomeno si va estendendo in altre parti della Sicilia.

Tutto incentrato sullo sfruttamento della povera gente che arriva con i barconi?

«Praticamente sì. Ormai da qualche tempo il fenomeno si è diffuso anche nel Catanese. Ogni giorno, nelle prime ore del mattino, sulla strada che da Catania va verso Gela – grosso modo nelle vicinanze del Cara di Mineo – decine, talvolta centinaia di migranti ospitati in questo centro vanno a lavorare nelle aree agricole del circondario. Lavorano dalla mattina alla sera per venti euro al giorno, quando va bene. Senza diritti, senza tutele. La sera tornano al Cara. E anzi hanno un letto dove passare la notte. Perché c’è chi non ha nemmeno questo».

In che senso?

«Nel senso che, a Campobello di Mazara e in altre aree del Trapanese e a Vittoria la sera rimangono a dormire nei pagliai. Lavorano tanto per tutta la settimana. Non sappiamo come vengono trattati, cosa mangiano, in quali condizioni igieniche vivono. Sappiamo che lavorano tanto. E sappiamo, inoltre, che si è innescata una guerra tra poveri».

Cioè?

«Questa manovalanza costa poco, molto meno dei braccianti siciliani. Che vengono inevitabilmente messi da parte».

Tornando ai minori, oltre a quelli che scappano ci sono anche quelli che rimangono. In Sicilia si contano 350 centri per il ricovero di minori non accompagnati, quasi tutti arrivati con i barconi. Ma chi pagherà le rette?

«Questa è una bella domanda. I migranti sono un problema internazionale e nazionale. Dovrebbero pagare Unione europea e Stato italiano. Che fino ad oggi non hanno pagato. L’Europa ha avuto una grande occasione per dimostrare di essere veramente unita e di avere una politica estera comune. Ma non l’ha fatto. Viviamo in un’Unione europea che si occupa molto di finanza e di banche, ma non di solidarietà».

Fin’ora chi ha pagato e chi pagherà?

«Il prossimo anno pagherà lo Stato. Fin’ora hanno pagato i Comuni siciliani e la Regione. Nel 2013 l’Ars ha stanziato circa 22 milioni di euro. E altri 13 milioni sono stati stanziati quest’anno. Ma per il 2014 e per la coda del 2013 queste risorse finanziarie sono insufficienti».

Pare che tra coda del 2013 e 2014 si viaggi intorno a 80-90 milioni di euro di arretrati…

«Dovrà pagare lo Stato. O almeno, dice che pagherà, ma non l’ha ancora fatto».

Ma come, il Ministro Alfano, così attento alla solidarietà con l’operazione Mare Nostrum, poi scarica i costi del mantenimento di questi minori sui siciliani?

«Non ho detto che lo Stato non pagherà, ho detto che fino ad oggi non ha pagato. Quanto all’operazione Mare Nostrum, non entro nelle polemiche. Per quanto mi riguarda, quando c’è un uomo in mare bisogna salvarlo, costi quel che costi. In questa vicenda, ribadisco, è mancata l’Unione europea, che ha dimostrato di sconoscere le elementari regole della solidarietà umana. Aggiungo, però, che ogni volta che una nave italiana soccorre un barcone carico di migranti, nel nostro Paese c’è chi brinda».

Ma cosa c’è dietro questi centri che assistono i migranti grandi e piccoli?

«Il cosiddetto Terzo settore che abbiamo conosciuto nel passato non c’è più. Al suo posto c’è un sistema dove il volontario è diventato un imprenditore. Oggi il volontariato, in molti casi, serve per eludere i controlli di legge. Spesso il volontario viene pagato in nero. O con prestazioni occasionali. Attorno a questo tema c’è una sorta di silenzio generale».

Eppure c’è un parallelismo con Roma: lì operano, per lo più, la Lega delle Cooperative e Comunione e Liberazione, idem in Sicilia. Lì è scoppiato un pandemonio, in Sicilia, nulla. Gli stessi fatti di Lampedusa sono stati frettolosamente archiviati.

«Anche questo è un problema serio. In Sicilia, in questo delicato settore, opera una cordata di cooperative. Vogliamo capire se il mercato è stato turbato dalla presenza di questi oligopoli. Stiamo indagando scontando grandi difficoltà. In questo nostro lavoro d’indagine – e questo punto lo voglio ribadire con forza – non c’è la collaborazione della burocrazia».

Ci spieghi.

«Da due mesi abbiamo chiesto alla presidenza della Regione un dipendente regionale per il lavoro della Commissione. Ebbene, da due mesi questa pratica è sul tavolo del Segretario generale della presidenza della Regione, dottoressa Patrizia Monterosso. Quello che posso dire è che, se alla fine di questo mese la vicenda non si sbloccherà, convocherò una conferenza stampa per denunciare tutto quello che sta succedendo e perché certe cose succedono».   

Giulio Ambrosetti

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