I fantasmi di San Berillo, la prima a Torino «Scenario dell’eterna migrazione degli ultimi»

«San Berillo è un luogo della fantasia, l’immagine riflessa delle intimità di chi ci abita, di una verità solcata nei loro visi come nelle pareti scrostate del quartiere». L’antico cuore artigianale di Catania rivive nel documentario di Edoardo Morabito ed Irma Vecchio, I fantasmi di San Berillo, proiettato in questi giorni in anteprima mondiale al Torino Film Festival. Il lavoro – che si avvale della voce dell’attrice Donatella Finocchiaro e dei testi di Goliarda Sapienza – in poco meno di un’ora e quindici minuti, racconta il quartiere sventrato sul finire degli anni ’50 attraverso quattro storie: la prostituta Holly, l’ottantenne Franco, Orazio e Vincenzo, deportati con altri 20mila nel nuovo San Berillo, oggi San Leone, diventato presto un nuovo ghetto.

Personaggi miserabili, ma capaci – scrive Morabito presentando il soggetto – «di aprirti il cuore come dei bambini e poi di essere crudeli come soltanto chi ha visitato l’abisso è in grado di essere, e di ridere di tutto, della miseria ladra e di se stessi». Ma è anche il racconto del buco nero nato dopo la riqualificazione del quartiere, iniziata nel 1958, lo stesso anno della legge Merlin che stabilisce la chiusura delle case di tolleranza: uno sventramento in stile haussmaniano, il più importante in Italia dal secondo dopoguerra. «Ma la maggior parte dei catanesi non sa nulla, anche io ho scoperto questa storia solo quando avevo 30 anni – spiega il regista -: l’asportazione del cuore artigiano e popolare che ha alienato architettonicamente la città e il senso di realtà di chi ci vive».

E se San Berillo, come sostiene Morabito, è «un non luogo», una realtà non più rappresentabile con le regole linguistiche del documentario di osservazione, ecco che rivivono i fantasmi «che si aggirano per le stradette, e che se solo ti fermi ad ascoltare prendono vita come voci avide di spazi e tempi per esplodere in un canto doloroso e ironico, è lo scenario dismesso dell’eterna migrazione degli ultimi». Le ombre compaiono, raccontano la loro vita in simbiosi con il quartiere e tornano nell’anonimato da cui sono usciti. Ad aprire e chiudere il film c’è un fantasma d’eccezione: è Goliarda Sapienza. La scrittrice ha passato i primi 16 anni della sua vita proprio a San Berillo, prima di trasferirsi a Roma. «Ho preso alcuni testi da tre suoi romanzi, creando il fantasma che torna nel quartiere per cercare i vicoli dove è cresciuta, le donne che ricordava», sottolinea Morabito. Il risultato è un miscuglio di stili e di linguaggi. «Il documentario di osservazione prevede un rispetto per la realtà che io non ho avuto, perché è noiosa – spiega il regista – ho voluto unire invece più forme linguistiche: le voci degli anni ’60 sovrapposte alle immagini di oggi e viceversa. Ho potuto giocare e sperimentate perché il vero protagonista è il quartiere».

Un lavoro durato quattro anni e reso possibile grazie all’aiuto del fotografo Natale De Fino. «E’ bravissimo e conosce bene San Berillo – racconta Morabito – è stato lui a presentarmi Holly, uno dei personaggi. All’inizio abbiamo passato molto tempo semplicemente a parlare ed ascoltare. Man mano sono arrivati anche gli altri personaggi, ma sono stati loro a scegliere noi, a decidere di darci tempo, confidenza e fiducia».

Il documentario, realizzato dalla casa di produzione Lemur Films, con il sostegno della Regione tramite la Sicilia Film Commission, verrà proiettato a Palermo nelle prossime settimane. Non è ancora stata fissata una data per Catania.

 

[Foto di I fantasmi di San Berillo]

Salvo Catalano

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