I big politici puntano su Catania L’obiettivo? Costruire alleanze

Il week end politico sotto il vulcano si preannunciava effervescente, ma la situazione politica nazionale l’ha un po’ ridimensionato. All’arrivo di ieri del segretario Pdl Angelino Alfano – a Catania per la presentazione del suo primo libro La mafia uccide d’estate – non corrisponderà infatti quello annunciato del presidente della Camera e leader di Fli Gianfranco Fini. L’incontro con sindacati, imprenditori e militanti è stati rinviato a causa degli impegni dettati dal voto sul ddl stabilità di oggi. Ma oltre agli annunci mediatici, c’è di più. Alfano, con il suo primo libro, vuole costruire la narrazione del suo personaggio e ricompattare il collegio politico locale del partito di Berlusconi. Fini, invece, con la discesa a Catania, oltre a scuotere i suoi, avrebbe voluto preparare il terreno di battaglia incontrando il collegio “di categoria” (vedi Camera di Commercio, sindacati e consumatori) per contrattare un appoggio in termini di voti e preferenze.
A rendere il quadro più chiaro ci viene in aiuto Orazio Lanza, docente della facoltà di Scienze politiche di Catania, cui abbiamo chiesto di fare una breve analisi sul significato della discesa dei big politici nazionali nel capoluogo etneo. 

Alfano e Fini organizzano incontri a Catania. Prove tecniche di elezioni politiche, di elezioni anticipate nel capoluogo etneo?
«Credo che sia normale attività di partito. Probabilmente, per una serie di ragioni che sono legate sia ai risvolti nazionali che locali, i leader di partito si fanno vedere per costruire alleanze e sondare il terreno. Insomma, prepararsi per gli eventi che ancora sono incerti».

Questi incontri hanno un effetto immediato sull’elettorato?
«Non credo abbiano degli effetti immediati sull’elettorato. Fini a questo punto – visto che fra tre mesi o fra un anno, si prepara alle elezioni – cerca di allacciare rapporti con una rete che a Catania è consistente e svolge il suo ruolo di capo partito. Alfano più o meno fa la stessa cosa. Cerca di curare i rapporti con il senatore Giuseppe Firrarello per tenere insieme le diverse anime del Pdl».

Allora cosa dobbiamo aspettarci?
«Non vedo niente di così innovativo. I leader di partito non sanno effettivamente quale sarà l’evoluzione e cominciano ad affilare le armi per le prossime battaglie elettorali nel giro di uno-due anni. Fini deve organizzare le sue truppe, Alfano svolge una normale attività per organizzare un Pdl diverso rispetto al passato, con radici locali e maggior impianto sul territorio».

In Sicilia, e soprattutto a Catania, c’è stato un boom di iscrizioni al Pdl. Come si può tradurre questo risultato, vista la crisi di governo?
«Il Pdl ha delle buone basi in Sicilia. Si punta a costruire un partito diverso che abbia delle prospettive future che non dipendano semplicemente dalla figura del leader. Alfano, ex democristiano abbastanza legato al territorio siciliano, organizza le forze perché trova abbastanza concorrenza tra Fini e l’Udc. Il segretario del Pdl cercherà di mettere dei paletti organizzativi per la costruzione del futuro partito».

Perché questi paletti?
«In Sicilia c’è una tradizione di forti divisioni interne legate alle forze elettorali delle singole personalità, che nel caso catanese trovano una forte concorrenza nell’Mpa di Lombardo. Quindi ognuno cerca di organizzare le proprie reti. Si sa, Catania è una delle prime città che ha dato più consensi al partito di Berlusconi nelle ultime elezioni. In sintesi, il centrodestra siciliano è confuso ma davanti ha un terreno fertile che deve coltivare».

Il centrosinistra catanese, alla luce della coalizione formata da Lombardo alla Regione, potrebbe avvicinarsi al terzo polo in vista delle elezioni a Catania?
«Anche nel centrosinistra ci sono delle divisioni su questo aspetto. Ci sono coloro che spingono per il bipolarismo – come Bianco e qualche altro personaggio politico – e c’è una parte più favorevole ad accordi di coalizione. In entrambi i casi, il centrosinistra subisce le scelte degli altri. Non ha una strategia,né un impianto organizzativo di rapporti con la comunità diffusi».

Cosa potrebbe fare per recuperare?
«Essenzialmente, si tratta di curare un po’ i rapporti in una situazione di forte debolezza. Rischia di non toccare palla nelle varie possibilità che si presentano. Certo, secondo una logica opportunistica, il legame col terzo polo potrebbe dare nell’immediato maggiori soddisfazioni dal punto di vista del potere, ma difficilmente penso che il centrosinistra possa giocare un ruolo di primo piano a Catania».

A tal proposito, l’Mpa quale ruolo può giocare?
«L’Mpa a Catania, legato al partito di Fini, può avere un ruolo decisivo nelle vittorie. Qui bisognerà vedere anche gli accordi regionali. Sicuramente potrà condizionare fortemente i risultati elettorali, soprattutto con la presentazione di un proprio candidato, se ci saranno a breve le elezioni a sindaco di Catania o altro tipo di elezioni. Ma anche come partito di coalizione. Lombardo controlla un elettorato abbastanza diffuso e quindi a Catania conterà sicuramente molto».

In un’epoca mediatica fatta di infotainment, velocità delle informazioni e una comunicazione politica sempre più professionalizzata, ha senso ancora parlare di tesseramento e circoli di partito?
«Credo di sì, perché in fondo i partiti anche se hanno legami più deboli debbono tenere presente di avere legami con i propri elettori. Da questo punto di vista, l’intervento dei mass media e di Internet è in contraddizione rispetto alla possibilità di organizzare in modo diverso il legame con i propri elettori. Certo, è possibile un’interazione grazie al web ma questo non significa che i partiti debbano abbandonare tutto per sottomettersi a logiche esclusivamente televisive o di altro genere. E’ un legame meno profondo rispetto al passato ma un certo radicamento sul territorio è sempre utile per raccogliere i frutti al momento opportuno».

Quindi oltre alla televisione c’è di più?
«Non tutti gli elettori votano in base alle immagini che vedono in televisione. La nostra è una comunità in cui i legami personali contano molto. In Sicilia, e quindi anche a Catania, contano ancora molto i rapporti individuali che gli elettori hanno con i leader o i sub-leader. A Catania – in riferimento al centrodestra – non contano tanto le percentuali generali di voto che vanno allo schieramento, quanto la ripartizione di voti tra le varie correnti del centrodestra. In tal senso, ognuno cerca di coltivare il proprio elettorato».

 

[Foto di Leandro’s World Tour]

Mario Grasso

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