“Il diplomatico è un animale un po’ strano”, così esordisce l’ambasciatore tedesco Micheal Steiner all’incontro organizzato dall’Ateneo catanese, dall’Ambasciata tedesca di Roma e dalla DAAD (Deutscher Akademischer Austausch Dienst). Se si pensa ancora oggi alla figura romantica del diplomatico che va alle feste più chic del paese di cui è ospite e intrattiene rapporti amichevoli con il mondo politico, si deve ricredere. “Considerate che ogni 3/4 anni si viene mandati in una nuova località e non sempre è tutto rose e fiori. Io, per esempio, ho passato tre anni in Bosnia subito dopo il conflitto in una missione di peace-keeping”.
Dopo i saluti iniziali della pro rettrice Maria Luisa Carnazza (docente della facoltà di Medicina) e un primo intervento del professore Antonio Pioletti, docente della facoltà di Lingue e Letterature straniere, sull’importanza della comunicazione tra i Paesi e la necessità di creare una rete tra tutti gli stati che si affacciano sul Mediterraneo, l’incontro con l’ambasciatore Steiner cerca di spiegare ai presenti quale sia la funzione dell’ambasciatore, al giorno d’oggi, all’interno dell’Unione europea: “Si pensava che questa figura diplomatica fosse inutile, dopo la creazione dell’Unione; in realtà le cose non stanno proprio così: oggi chi fa il diplomatico è chiamato soprattutto a studiare e a conoscere il paese in cui arriva” continua Micheal Steiner. “Il lavoro nelle ambasciate è cambiato: ci si interessa principalmente della politica interna, dell’economia di uno stato straniero e ci si concentra molto meno sulla politica estera. In Italia ci stiamo interessando soprattutto della vicenda Alitalia”.
L’incontro si svolge velocemente con le varie domande che i presenti rivolgono al diplomatico tedesco. Qualcuno gli chiede quale sia stato il momento più significativo della sua carriera: “Sicuramente il 1989 quando mi trovavo come addetto stampa presso l’ambasciata di Praga, la sera in cui cadde il muro di Berlino. All’interno dell’ambasciata tedesca si trovavano allora 8mila persone che avevano chiesto asilo politico, tedeschi che volevano scappare dalla DDR”. Situazioni difficili da dover affrontare, come quella in Bosnia subito dopo la guerra. All’epoca i diplomatici di tutto il mondo fecero il grave errore di affrontare, secondo Micheal Steiner, la difficile questione della democrazia con arroganza: “Pensavamo che venendo noi stessi da un Paese democratico, dovevamo insegnare a questi pazzi cosa fosse la ‘democrazia’. L’errore fatto in Iraq e in Afghanistan è stato pensare che con i soldi e la forza militare si poteva cambiare la situazione”.
Uno studente gli chiede cosa pensi della riforma Gelmini e come è in Germania il quadro riguardante l’istruzione pubblica. L’ambasciatore gli risponde in maniera colorita: “Col cavolo che dirò quello che penso! Non mi esprimerò sulla riforma ma vi dirò una cosa: in Germania si scatenò l’inferno all’indomani della pubblicazione della graduatoria degli studi di Pisa sull’istruzione in Europa. La Germania non si piazzò né bene né male, il miglior sistema risultò quello finlandese. Tutti i politici erano chiamati a gran voce dalla popolazione ad esprimersi in merito e a proporre delle alternative, chi non lo faceva se ne doveva andare a casa. Si è assistito ad un vero e proprio pellegrinaggio ad Helsinki. Non siamo diventati i migliori ma, siamo saliti in classifica”. Racconta poi il suo incontro con Romano Prodi e del suo sconcerto quando chiedendo al Primo ministro del centrosinistra cosa pensasse della posizione pessima dell’Italia nella graduatoria sull’istruzione, Prodi gli rispose “Ce lo aspettavamo”. “Così non si può fare. Una parte del problema è quali sono le aspettative del popolo. Se il popolo non si interessa e non obbliga la politica a pronunciarsi, non c’è da meravigliarsi che vi siano i tagli. L’istruzione e la formazione sono determinati nella struttura di un Paese”.
La parte finale dell’incontro è centrata sulla questione dell’immigrazione e dell’integrazione. Dopo il nazismo, la Costituzione tedesca ha concesso asilo politico a quanti lo richiedessero. “Soprattutto dopo la nostra storia nazionale, non potevamo chiudere i confini. Certo, abbiamo dovuto fare un distinzione tra chi chiede di entrare nel nostro Paese: chi viene per motivi politici è ben accetto, chi viene per motivi economici no. Non potevamo accogliere tutto il mondo”. Secondo Steiner non è possibile dichiarare una fortezza tutta l’Europa, piuttosto si devono aiutare i Paesi da dove provengono gli immigrati. “Questa dev’essere la politica comune di tutta l’Unione europea”.
Immagine: Hans Holbein il Giovane (1497 – 1543?), Gli ambasciatori francesi alla corte inglese, London, National Gallery.
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