Greenpeace: «In Sicilia troppe trivelle» A rischio biodiversità, pesca e turismo

Una casella di posta elettronica che scotta. E’ quella del sindaco di Catania Raffaele Stancanelli che, nelle ultime settimane, ha ricevuto almeno 30mila email da cittadini dell’isola e non solo. Messaggi con lo scopo di spingere il primo cittadino ad aderire all’appello di Greenpeace Italia contro le trivellazioni nel Canale di Sicilia alla ricerca di petrolio: 29 richieste da piccoli e grandi compagnie petrolifere, undici delle quali già approvate. E il sindaco, alla fine, ha deciso di firmare: proprio oggi, ultimo termine utile, durante la tappa catanese – quella conclusiva – del tour siciliano U mari non si spirtusa. La mattina i volontari di Greenpeace saranno in spiaggia al lido Le Capannine per raccogliere le firme dei cittadini. La sera si continua con la mostra fotografica Mediterraneo: tesori in alto mare, dalle ore 19 a Villa Fortuna, Acitrezza. La conclusione di un tour partito il 15 luglio da Palermo e che ha attraversato San Vito Lo Capo, Trapani, Marsala, Sciacca, Agrigento, Pozzallo e Noto. E che pensa di agire in tre mosse: una petizione tra i cittadini – corredata di mail bombing – per convincere i sindaci a firmare l’appello che verrà inviato al ministero dell’Ambiente. Affinché il Canale di Sicilia venga dichiarato zona ecologica protetta, al riparo dalle trivelle.


Video di Greenpeace

Proprio qui si concentrano infatti quasi la metà delle richieste di trivellazioni in tutta Italia. Una nazione particolarmente interessante per le compagnie petrolifere, considerato il regime fiscale favorevole rispetto a quello di altri Paesi del mondo. Come evidenziato nel rapporto Meglio l’oro blu dell’oro nero di Greenpeace, le imposte dirette sulla produzione per gli idrocarburi estratti in mare sono solo del quattro per cento. Non dovute per le prime 50mila tonnellate di petrolio prodotte ogni anno. Meno della metà di quanto i petrolieri sono costretti a pagare in Australia o negli Stati Uniti. E non va meglio con il canone annuo dovuto dalle compagnie per l’utilizzo del sottosuolo: per l’estrazione dalle 80mila alle 120mila lire – normativa mai aggiornata – per

La mappa delle richieste di trivellazioni nel Canale di Sicilia

chilometro quadrato e dai 6 ai 27 euro per le concessioni di ricerca. Secondo i calcoli dell’associazione, per le quattro piattaforme già attive in Sicilia – a Gela e Scicli – nelle casse dello Stato e della Regione siciliana sono entrati appena 48.826 euro.

Una cifra irrisoria a fronte del preoccupante impatto delle trivellazioni per la biodiversità del Canale, avvertono da Greenpeace. A farne le spese, infatti, saranno tonno rosso, pesce spada, alici, acciughe, sardine, nasello, triglia e varie specie di gamberi. Tra cui le uova del gambero rosa. Insieme a loro, ad essere penalizzati saranno il settore della pesca e del turismo. Soprattutto nelle zone al largo delle isole Egadi, nel tratto di costa tra Sciacca e Gela e nel mare di Pozzallo, le più interessate dalle richieste. «Per fortuna la risposta dei cittadini è stata davvero incoraggiante – commenta Maria Chiara Mascia dello staff di Greenpeace – Sin dalla nostra prima tappa, Palermo, i volontari sulle spiagge non riuscivano nemmeno ad andare via, perché erano gli stessi bagnanti a fermarli di continuo per chiedere di firmare la petizione». Più di 25mila le adesioni raccolte sulla battigia e nei gazebo cittadini, che si uniscono alle oltre 30mila raccolte on line.

http://www.flickr.com//photos/greenpeace_italia/sets/72157630743752520/show/
Foto di Greenpeace Italia

Una sensibilità a cui si unisce, almeno sulla carta, quella dei primi cittadini dei Comuni coinvolti. Chi in fretta e chi dopo un lungo silenzio, alla fine tutti e 40 i sindaci interpellati hanno firmato l’appello per il ministero dell’Ambiente. «Diversi ci hanno chiamato perché, prima di firmare, gli si era intasata la casella di posta – ride Mascia – Ma da alcuni non abbiamo proprio ricevuto risposta fino a quando il tour non è arrivato nella loro città». Come il primo cittadino di Catania, «che speravamo di convincere fino all’ultimo minuto», dice Grazia Zuccarello, coordinatrice del gruppo locale etneo di Greenpeace. Per tutti ci sarà tempo fino a stasera per aderire. Durante la mostra dove – accanto alle foto delle bellezze naturalistiche dell’isola a cura dei fotografi dell’associazione – verranno esposti pannelli e dati sulle minacce al mare siciliano. Più un concorso tutto catanese: l’esposizione delle foto vincitrici tra le 300 scattate dai cittadini con il proprio smartphone e condivise tramite l’applicazione Instagram.

[Foto di Greenpeace Italia]

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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