Gran Bretagna, il traffico dei bambini-merce Gli esperti temono migliaia di casi all’anno

Larry Jaffe è un poeta. Non di quelli introspettivi. A lui non basta tramutare in rime, enjambemant, metonimie la sua figura allo specchio. Non vuole catturare il cuore del lettore decantando un dolce amore infranto. Probabilmente anche dietro le sue di spalle cova il pessimismo cosmico, ma stranamente non muore dalla voglia di strapparne una parte e gettartela in faccia. Larry usa i versi per mostrare uno speciale male di vivere, uno che si tocca, che ti dà dolore. E’ quello dei bambini rapiti da gruppi criminali. Venduti, trasportati come merce comune da un continente all’altro. Trasformati in lavoratori a basso costo, schiavi, mendicanti, oggetti sessuali.

Ne parla nel suo bellissimo libro One Child Sold: Human Trafficking and Rights (Un bambino venduto: traffico e diritti umani), uscito negli scaffali l’anno scorso. Sono poesie che colpiscono, ti creano un doppio nodo alla gola, ti strattonano fino a farti svegliare con la triste consapevolezza che è vera la realtà che esce da quelle pagine.

Ma non importa quanti libri hai letto, il risveglio è sempre più acuto quando conosci persone che davvero lavorano con i bambini-merce. E’ quello che mi è successo ieri, quando ho incontrato due operatrici della Società Nazionale per la Prevenzione della Crudeltà sui bambini, l’NSPCC. E’ un’agenzia con lo scopo di assistere minori vittime di abusi. Da quattro anni hanno sviluppato una unità speciale dedicata solamente al recupero dei bambini e dei ragazzi che in un modo o nell’altro si son visti catapultare in Gran Bretagna illegalmente.

In questi primi anni di attività hanno raccolto 620 casi, 620 storie. E’ un numero a tre cifre, ma solo la punta di un iceberg. Non c’è nessuna certezza sul vero ammontare del flusso di minori nel Paese. Gli addetti ai lavori temono migliaia di casi all’anno. Migliaia di invisibili che finisco ad essere un bene consumato nell’economia invisibile.

Come tutte le storie, anche queste hanno un inizio, uno svolgimento, e una fine. L’inizio parte sempre nella terra natale. Ogni terra ha i suoi stratagemmi per farsi strappare i bambini. In Africa (Nigeria e Congo particolarmente) le ragazzine sono spesso costrette a lasciare i villaggi per pagare dei debiti familiari. Non farlo implica la morte, perché uno stregone ha messo sulla tua testa e su quella dei tuoi cari una maledizione. Nei tempi in cui Dio è morto e i vampiri sono sexy, pare incredibile che la magia nera abbia ancora un tale impatto.

Nell’Europa dell’Est, Romania e Bulgaria in primis, certi bambini sono direttamente venduti dai genitori ai criminali. La povertà cambia l’uomo. In altri casi è utilizzato l’inganno: si promette un lavoro remunerativo, una bella vita. Allora i tuoi occhi brillano, e parti. In America Latina si sfrutta anche l’amore. Un membro della gang conquista il cuore di una quattordicenne. E lei è pronta a inseguirlo fino in Europa, dove lui ha i suoi affari.

Lo svolgimento cambia da storia a storia. Due fasi sono comuni a tutti: il viaggio, e la realizzazione di essere sfruttati. Esistono i più disparati modi per far entrare illegalmente un minore in Gran Bretagna. C’è chi se la prende comoda e porta i bambini in aereo, con passaporto e visto falsi. Ci penserà il funzionario corrotto in dogana a chiudere un occhio. C’è chi invece prende l’autostrada. I bambini sono nascosti nei tir, dentro scatoloni, tra le merci che si vendono al supermercato.

Ci si accorge di essere vittime di un gruppo di criminali quando la libertà è tolta. Quando ti picchiano, ti gridano che sei solo e nessuno da cui poter andare. Ti costringono a fare lavori manuali, a chiedere l’elemosina in qualche strada affollata, a tagliare e spacciar la droga per le strade di Londra. Quando ti violentano, ti comprano una minigonna, e ti buttano in strada. Quando l’umanità ti è tolta, sei solo qualcosa da cui ricavare valore.

La fine della storia arriva, ma il quando è sconosciuto. Per i 620 casi, ci è voluta una segnalazione di un cittadino, un’operazione di polizia o un colpo di fortuna per scappare. Per gli altri, il finale attende, e purtroppo è peggiore.

Molti di noi non sapranno mai che orrore possa lasciare in corpo l’essere vittima del crimine organizzato. Possiamo solo tentare di capire, magari attraverso l’arte. Ecco allora, per citare di nuovo Larrey, la poesia Owned (Posseduto):

I am owned
by silence
possessed by others
slavery denied
in the highest places.

Appartengo
al silenzio
posseduto da altri
la schiavitù è negata
nelle sfere più alte.

[Foto di di tomcorsan]

Stefano Gurciullo

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