Nelle sale italiane dal 15 ottobre Gorbaciof, per la regia di Stefano Incerti, ha come protagonista l’attore napoletano Toni Servillo nel ruolo di un accanito scommettitore d’azzardo, soprannominato Gorbaciòf a causa di una vistosa voglia sulla fronte (simile a quella dell’ex presidente dell’Urss), che si immischia in traffici più grandi di lui per aiutare una ragazza di cui è segretamente innamorato. A fare da sfondo alla storia, le difficoltà e i problemi quotidiani di chi vive nei sobborghi di Napoli, ma anche i sentimenti, la solitudine e il cambiamento, per un film che riserverà allo spettatore non poche sorprese. Il regista ha incontrato il pubblico catanese lo scorso venerdì sera al cinema Ariston, e ha parlato della sua ultima fatica cinematografica in un’intervista concessa a Radio Zammù, realizzata da Alberto Conti.
Incerti ha subito raccontato che l’ispirazione per realizzare la pellicola è nata dalla lettura su un giornale della «storia di un signore che lavorava in un carcere gestendo il denaro dei parenti dei detenuti, che ogni tanto sottraeva per andare a giocarli al casinò. Trasporre questa storia a Napoli ed affidarla ad un grande attore come Toni Servillo mi consentiva di raccontare ancora una volta la città con uno sguardo nuovo, diverso. Gorbaciof -spiega Incerti –è la storia di un piccolo non eroe, di un uomo apparentemente comune, che vede cambiare la sua vita improvvisamente da quando decide di aiutare una giovane cameriera».
Con il suo ultimo film, Incerti è riuscito a trovare un suo spazio per raccontare l’Italia. Gorbaciof è una pellicola che ricorda il gangster movie, però molto italiana e per nulla finta. Mentre invece, spesso, nel cinema nostrano si tende a scimmiottare i film americani, senza trovare una propria dimensione. «Io cerco di fare i film che mi piacerebbe vedere al cinema -sottolinea il regista napoletano – Trovo lo stimolo per girare solo a patto di misurarmi ogni volta con una storia diversa. Ma non ho mai disdegnato i generi: penso che siano una importante coniugazione del cinema d’autore. In Italia, però, questo tipo di cinema è spesso maltrattato rispetto alla commedia”. Anche se, riferendosi al cinema d’autore, Incerti non annovera Gorbaciof nella categoria: «Il mio è un film molto semplice, quasi una favola, anche se duro perché in un contesto come Napoli, ma si sta rivelando una grande sorpresa: è nono nella classifica nazionale e, dopo il festival di Toronto, è stato diffuso anche all’estero».
Ai microfoni di Radio Zammù, il regista ha parlato anche del “tasto dolente” del cinema italiano, e cioè del fatto che non riesce ad essere veramente profeta in patria. Alla domanda sul perché gli italiani sono restii a vedere i film “impegnati” preferendo le commedie, Incerti risponde con un paragone: «Negli anni 60 la commedia all’italiana era la più forte del mondo e riusciva a raccontare con grande ironia i problemi veri del Paese. Oggi la commedia è una ricerca facile dell’effetto, della gag: lo spettatore ha difficoltà a concentrarsi, vuole svagarsi e usa il cinema solo come un divertimento. Questo è un peccato, perché il mercato inevitabilmente premia quei film».
Altro problema annoso per i film d’autore di casa nostra, è la difficoltà di trovare una distribuzione, soprattutto per gli indipendenti. «In passato ho dovuto farci i conti. La distribuzione è l’anello debole della catena: un regista riesce sempre, se crede veramente in un film, a farlo, anche a costo di vendersi la casa. Il problema è quando un film deve viaggiare in sala, e se non c’è un supporto che ci creda e che contribuisca, allora lì è difficile arrivare al pubblico».
Tra i punti forti del film sicuramente trova un posto d’onore l’interpretazione del protagonista Toni Servillo. Come è entrato nel personaggio di Gorbaciòf? «Toni Servillo – sottolinea orgogliosamente Incerti – rifiuta anche trenta ruoli all’anno, però quando sceglie un film, al di là dell’aspetto produttivo, si interessa alla storia. È entrato abbracciando il progetto e il personaggio è nato piano piano. Toni ha subito pensato ad una maschera, ad un personaggio che potesse richiamare Charlot e che raccontasse in maniera lieve e leggera la solitudine della metropoli. Si è inventato questa camminata particolarissima e gli abbiamo dato un abito unico per tutto il film, con una giacca stretta che lo costringe a dei movimenti curiosi. Poi ovviamente la voglia sulla fronte, che dà il titolo al film, e il capello impomatato, tipico di molti napoletani».
Inevitabile il paragone con Gomorra, anche se, come ci tiene a sottolineare Incerti, «Gorbaciof non è un film dal taglio sociologico, né documentaristico come poteva essere Gomorra. Non vuole insegnare nulla a nessuno, non vuole denunciare nulla. Gomorra ha una matrice totalmente diversa. Invece Gorbaciof è un film lieve: sostanzialmente una storia d’amore, ma in un contesto più duro».
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