«Catanesi, decidete voi»

«Parole così importanti le metterei in pergamena, come quelle dei grandi poeti». Il consigliere comunale Castelli, che ha un marcato accento catanese, è molto soddisfatto di quanto scritto nel regolamento che si sta per approvare in Consiglio, e manifesta così il suo apprezzamento in aula per una proposta proveniente dall’opposizione. Del resto ci sono voluti quindici anni, ma da oggi a Catania la partecipazione diretta dei cittadini alla vita politica è più semplice. I cittadini catanesi possono inviare petizioni. 7000 firme di catanesi (il 3% degli aventi diritto di voto in città) sono sufficienti per proporre un referendum. Ma soprattutto i catanesi hanno diritto d’udienza. L’Amministrazione infatti, se interpellata dai cittadini, deve rispondere. Non si tratta di novità, ma del contenuto dello Statuto Comunale, approvato nel 1995. Tanti bei principi, ma fino a poche ore fa mancava un “regolamento attuativo” degli stessi. Un formalismo tecnico, qualcosa di “estraneo” al sentire comune. Chi del resto non riterrebbe uno statuto qualcosa di abbastanza “efficace” per definire dei diritti? Ma invece senza definizioni delle modalità di applicazione dei principi rigorose e precise, i diritti restano solo sulla carta. Proprio come è successo a Catania.

Un regolamento attuativo è qualcosa di complesso del resto, che richiede un profondo studio delle leggi e precisione tecnica per essere redatto. Uno sforzo che il Consiglio comunale non è mai riuscito a fare da solo in tutti questi anni. C’è voluto infatti un comitato di cittadini, per sbloccare la situazione. Il comitato “Noi Decidiamo” nato nel 2007, ha studiato il problema, confrontato vari regolamenti cittadini di varie parti d’Italia ed elaborato una bozza di regolamento attuativo di una trentina di pagine. Con vari banchetti in giro per la città ha raccolto più di 2000 firme su una petizione, firme che nel 2009 consegna all’ufficio protocollo comunale, insieme al regolamento.
Alcuni consiglieri, con in testa Saro D’Agata, capogruppo del PD e primo firmatario della proposta, avviano il lungo iter per far arrivare la proposta al voto. Un iter durato un altro anno e mezzo, fatto di revisioni da parte delle varie commissioni consiliari, di pareri dell’avvocatura comunale e vari altri pareri tecnici. La “proposta” infine è arrivata in aula. I 33 consiglieri presenti hanno detto “sì” all’unanimità alla proposta redatta dai cittadini.

Un traguardo insperato alla vigilia, ma che da alcune premesse sembrava quantomeno “logico”. Mirko Viola, componente del Comitato Noi Decidiamo osserva: «data la firma di tutti i capigruppo dell’emendamento di sintesi, era auspicabile un risultato del genere». Nell’aula consiliare di Palazzo degli Elefanti non si raggiungeva il numero legale addirittura dal 13 Luglio, ma ieri sera c’era voglia di  farsi vedere “uniti”, sia per ben figurare di fronte al folto pubblico presente (una cinquantina di persone) sia per manifestare la contrapposizione all’Amministrazione Stancanelli, come ribadito da tutti i consiglieri di tutti gli schieramenti nelle dichiarazioni pre-voto. Tutte favorevoli se non entusiastiche.

Il primo a parlare è Saro D’Agata, primo firmatario della proposta di regolamento attuativo, che nel corso della serata ha ricevuto i complimenti praticamente da ogni consigliere intervenuto. Spiegando l’intera proposta per sommi capi e ringraziando il «comitato di cittadini Noi Decidiamo la cui proposta è arrivata in aula invariata per il 95%» cita il famoso verso “Libertà è Partecipazione” di Gaber per sottolineare il “momento storico”.

Daidone (PDL, presidente commissione “servizi sociali”) è sugli stessi toni «il lungo esame di questo atto è un esempio di come ci siano principi che travalicano le appartenenze di partito, come testimonia la firma di tutti i capigruppo all’emendamento di sintesi del regolamento».

Santagati (PDL): «Oggi colmiamo una lacuna di 15 anni, e devo dare atto che questo consiglio sta lavorando bene, approvando molti regolamenti”.

Castelli (PDL): «Finalmente si raggiunge l’era della ragione. Complimenti al consigliere D’Agata per l’mportanza dell’atto». E leggendo un pezzo del regolamento lo paragona a un’opera poetica.

La Rosa (PDL): «Questo incredibile ritardo dimostra che la politica è lenta rispetto ai cittadini, e l’assenza del sindaco in aula, rappresentanza politica, lo dimostra. A cosa sono serviti gli Stati Generali se poi al momento dell’approvazione di un vero strumento di partecipazione il sindaco non è in aula?».

Navarria (PDL, presidente commissione “aziende municipalizzate e partecipate”): «Sottolineo lo storico lavoro svolto dai firmatari e dai gruppi consiliari per far giungere in aula questo atto».

Musumeci (capogruppo La Destra-Alleanza Siciliana): «Gli istituti di partecipazione attiva nel momento in cui cresce il partito del “non voto”, riavvicinano i cittadini al nobile strumento della politica. Ma non bisogna vantarsi se riusciamo in aula ad approvare regolamenti, se poi l’amministrazione ignora lo sforzo dell’assemblea cittadina».

Montemagno (gruppo misto, ex capogruppo PD): «Nel 2009 prendemmo l’impegno di portare avanti la proposta di regolamento fino al voto e di coinvolgere l’intero Consiglio. E il risultato oggi è stato raggiunto. Dopo il voto di oggi, vorrei che anche l’amministrazione si responsabilizzasse».

Zappalà (PD, presidente della commissione “statuto e regolamenti”): «Ci siamo seduti tutti insieme intorno alla proposta di regolamento attuativo che è diventata di tutto il Consiglio. Mi dispiace che ci sia solo un rappresentante dell’amministrazione comunale, non il sindaco, nel momento in cui viene presentato uno strumento fondamentale per la città. Mi auguro che l’amministrazione, che non risponde alle interrogazioni del Consiglio, risponderà a quelle provenienti dai cittadini».

All’avvio degli strumenti di partecipazione previsti nello Statuto Comunale mancano adesso solo i tempi tecnici per la pubblicazione del regolamento attuativo, presumibilmente una ventina di giorni. Ma soprattutto c’è una somma da destinare in bilancio agli istituti di partecipazione popolare. Un’onere che, paradossalmente, spetta all’Amministrazione comunale portare a termine.

Leandro Perrotta

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