Gli agganci di Vito Nicastri e Paolo Arata alla Regione «Sono portato da Miccichè, è stato molto determinato»

«Sono Arata, il socio di Vito». In certi ambienti nascondersi era inutile. Paolo Arata lo sapeva. L’ex deputato di Forza Italia e consulente della Lega di Salvini, arrestato ieri dalla Dia di Trapani, parlava così al telefono con un docente esperto di rinnovabili dei suoi rapporti di affari con Vito Nicastri, «la più brava persona in Italia sull’eolico» per definizione dello stesso Arata. Poco importa se Nicastri sia entrato in diverse indagini giudiziarie degli ultimi 30 anni finendo pure arrestato, sia ritenuto un finanziatore della latitanza di Matteo Messina Denaro, e sia a processo per concorso esterno a Cosa Nostra a Palermo dove su di lui pende una richiesta di condanna a dieci anni di carcere. Poco importa di questo curriculum persino in alcuni corridoi della Regione Siciliana, dove Manlio Nicastri (il figlio di Vito, pure lui arrestato ieri), entra, esce e incontra funzionari senza difficoltà. Gli stessi palazzi dove sia Nicastri padre sia soprattutto Paolo Arata possono contare su agganci, oliati ingranaggi e corsie preferenziali. Sia tra i politici che tra i burocrati. 

Stando alle indagini della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, a libro paga del gruppo Arata-Nicastri sarebbero finiti Alberto Tinnirello e Giacomo Causarano (per gli indagati «Giacomino»). Il primo fino a gennaio 2019 a capo del Servizio III del Dipartimento Regionale dell’Energia, quello che si occupa di Autorizzazioni e concessioni, e centro nevralgico per chiunque voglia fare affari in Sicilia con le energie rinnovabili. Il secondo suo fido scudiero nello stesso ufficio. I carabinieri hanno accertato numerose consegne «nelle mani di Tinnirello» di somme di denaro. Mentre per Causarano le indagini continuano e mirano a fare luce su alcuni flussi di denaro da società riconducibili a Nicastri al figlio del funzionario. «Questi qua – spiega Paolo Arata al figlio Francesco (pure lui in manette) – sono stati tutti pagati… Quanto gli abbiamo dato a Tinnarelli? (Tinnirello, ndr)».

In cambio Tinnirello non solo avrebbe garantito corsie rapidissime nel suo ufficio, ma si sarebbe impegnato, da vero e proprio consulente del gruppo, a trovare soluzioni per risolvere ogni problematica giuridica e amministrativa. Anche presso altri uffici della Regione, come nel caso delle autorizzazioni necessarie per avviare due impianti di bio-metano (nuovo business su cui aveva puntato il gruppo Nicastri-Arata) a Calatafimi-Segesta e Francofonte. La porta da aprire è quella del dipartimento Acqua e Rifiuti per ottenere l’Autorizzazione integrata ambientale. 

Così, prima di essere arrestato a marzo 2018, si muove Vito Nicastri. Che prova ad avvicinare il dirigente Gaetano Valastro attraverso Francesco Regina, non indagato, ex deputato regionale eletto nel 2006 nella lista del presidente Cuffaro e alcamese come lui. È dicembre 2017 e Valastro, incontrando Francesco Arata, esprime la volontà di non fare nulla e di lasciare il dossier a chi a breve lo avrebbe sostituito nell’incarico. «Se ne va, sa che se ne andrà… non vuole firmare queste… “lo straordinario” I’ha chiamato… prima di andarsene. Quindi si metterà in comunicazione con il nuovo», riferisce Arata junior a Nicastri senior. Quest’ultimo chiama Regina che si mostra sorpreso: «Minchia allora perché ieri disse ste cose?». Ma il re dell’eolico non molla e chiede all’amico politico «di scendere a Palermo dove sai tu… e ti porti l’avvocato e ne discutete… io appena vengo faccio una lettera».

Nicastri fa in tempo ad avviare i contatti – sempre per interposta persona – col nuovo direttore generale ai Rifiuti, Salvo Cocina. «Noi lavoriamo alacremente – dice al telefono – ieri io ero a Roma… ho avuto una riunione intensa anche con altri e l’abbiamo chiamato direttamente che c’è il professore Arata che ha il suo telefonino e si è impegnato a firmare quel famoso decreto. Lui si è scusato più volte ma adesso ha preso l’impegno serio di firmarlo martedì l’altro». Cosa che invece Cocina non fa, né ci sono contatti diretti tra il dirigente e Nicastri. Quattro giorni dopo l’imprenditore delle rinnovabili viene arrestato e la palla resta in mano solo a Paolo Arata. E ai suoi agganci politici nella maggioranza di centrodestra. 

A partire dal presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè, con cui ha condiviso la militanza in Forza Italia, che avrebbe fatto da ponte ad Arata per arrivare all’assessore alle Attività produttive Mimmo Turano. «Lui farà la regia a Turano», spiega Paolo Arata a Manlio Nicastri annunciando un imminente incontro con l’esponente della giunta Musumeci. «È importante, tu là devi forzare sul fatto che Nicastri non c’è più», lo incalza il giovane facendo riferimento alla necessità di far scomparire il nome di Nicastri, a maggior ragione dopo l’ultimo arresto. «Sì però Miccichè non è uno stinco di santo…». «No, ma Gianfranco non sa fare niente… è un incompetente», risponde Nicastri junior. «Sì però io sono sponsorizzato, io sono stato portato da Gianfranco, da Dell’Utri (Alberto Dell’Utri, fratello di Marcello secondo gli inquirenti, ndr) che non è uno che con questi problemi non ci naviga. Quindi, non è che Gianfranco può dire no, infatti quando Turano ha chiamato Gianfranco gli ha detto: “portalo avanti comunque, gli ha dato dispos… ma ci sono… (intende dire le cointeressenze di Vito Nicastri, precisa la procura, ndr)… portalo avanti…” È vero o non è vero? Turano quando ha chiamato Gianfranco, Gianfranco è stato molto determinato».

L’incontro tra Paolo Arata e il figlio con l’assessore Turano sarebbe avvenuto il 12 settembre 2018. A parlarne è lo stesso Arata con un ingegnere palermitano a cui aveva affidato il compito di seguire alla Regione le pratiche sul bio-metano. Al bar racconta «l’esito favorevole
dell’incontro con quell’importante esponente del governo regionale siciliano,
che aveva avuto nei loro confronti un approccio amichevole e si era detto
disponibile a sostenere politicamente i loro progetti nell’ambito del biometano. Al Turano avevano riferito delle loro co-interessenze con Vito Nicastri, dicendogli di averlo conosciuto come valente ed esperto
imprenditore del settore energetico e di ritenere che proprio tali legami fossero
la ragione della diffidenza mostrata da alcuni uffici regionali nei confronti dei
loro progetti». 

Nello stesso incontro gli Arata riferiscono dei contatti con l’assessore all’Energia Alberto Pierobon e con quello al Territorio Toto Cordaro, «lamentandosi, però, dell’atteggiamento di
sufficienza tenuto da quest’ultimo, che sembrava snobbarli benché gli fossero
stati raccomandati da Pierobon e Miccichè». L’ingegnere, sapendo che l’atteso decreto di Valutazione di impatto ambientale dipendeva proprio dall’assessorato di Cordaro, suggerisce ai due di insistere con lui. «L’intervento di un assessore può accelerare – sottolineava il professionista – Anche perché siccome (i componenti della commissione che deve valutare la Via, ndr) sono tutti in conferma, quindi tutti vogliono… quelli che non sono dimessi vorrebbero essere riconfermati… Siccome li deve riconfermare l’assessore, siamo cautelati». 

Proprio i vertici di quella commissione, si è appreso ieri, sono indagati dalla Procura di Palermo. Che continua a scavare, come dimostrano le perquisizioni all’assessorato Territorio e Ambiente. Sul registro degli indagati sono finiti infatti Salvatore Pampalone, dirigente regionale della commissione Valutazione Impatto Ambientale, il presidente della commissione Alberto Fonte e Vincenzo Palizzolo, capo di Gabinetto dell’assessorato regionale al Territorio. Sono accusati di abuso d’ufficio perché avrebbero fornito informazioni sullo stato della pratica degli Arata e di Nicastri, suggerendo le scorciatoie per evitare ulteriori lungaggini. 

Salvo Catalano

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