Girgenti acque, tra disservizi e grane giudiziarie  Il caso in Parlamento, interrogazione del M5s

«Acqua che arriva due, tre volte alla settimana, anomalie nella procedura di depurazione, smaltimento in violazione della legge contro l’inquinamento dei mari, pretese di pagamento dei canoni anche dai cittadini residenti in zone prive di rete fognaria, distacchi dalla rete idrica senza il necessario preavviso». E in più mancanza da tre anni della certificazione antimafia e ombre giudiziarie che gravano sui vertici della società. È il quadro sulla Girgenti Acque che emerge dall’interrogazione parlamentare presentata dai senatori del Movimento cinque stelle. La società gestisce i servizi idrici nella provincia di Agrigento, in virtù di una convenzione trentennale firmata nel 2007 con l’Ato idrico. Ma 17 Comuni si oppongono a questa gestione privata e si rifiutano di consegnare le reti. 

L’interrogazione – primo firmatario il senatore catanese Mario Giarrusso e rivolta al presidente del consiglio e ai ministri dell’Interno, dell’Ambiente e delle Infrastrutture – va a fondo nell’intricata situazione che ruota attorno al business dell’acqua nell’Agrigentino. E chiede al governo di intervenire su più aspetti. Primo punto sono le tariffe che i cittadini sono costretti a pagare, «le più esose d’Italia», secondo i firmatari. L’ultimo aumento è del 2013, ad opera dell’allora presidente della provincia di Agrigento Eugenio D’Orsi, in qualità di commissario straordinario e di liquidatore dell’Ato idrico 9. Oggi i senatori pentastellati chiedono l’annullamento di quel provvedimento, «in quanto l’Ato risulta essere un ente soppresso, e pertanto, ogni atto compiuto dalle autorità d’ambito territoriale sarebbe da considerarsi nullo». 

Si passa poi alla situazione giudiziaria di Marco Campione, l’azionista di maggioranza e presidente della Girgenti. «Campione – si legge nell’interrogazione –  è stato condannato in via definitiva per truffa nella costruzione del nuovo ospedale di Agrigento. Risulta, inoltre, indagato a seguito di una denuncia dall’ex amministratore delegato di Girgenti, Carmelo Salamone, per presunte truffe del valore di oltre 40 milioni di euro relativamente all’acquisto di materiale ed attrezzature, quali 90mila contatori commissionati direttamente alla società correlata, senza alcuna procedura volta a garantire i principi di economicità, trasparenza, pubblicità, efficacia ed efficienza a tutela del cittadino, cui tutti i gestori di pubblici servizi debbono attenersi. Ancora, nella denuncia si fa menzione della distrazione di personale presso le aziende private del Campione». I senatori, sempre a proposito del presidente della società, ricordano anche l’indagine in corso della Direzione distrettuale antimafia «per associazione a delinquere di stampo mafioso, a seguito delle dichiarazioni rese da due pentiti, Di Gato e Cacciatore, e sulla base di quanto esposto dal colonnello dei carabinieri Lucio Arcidiacono durante le udienze del processo a carico dell’ex presidente della Regione Lombardo». A questo si aggiunge che la Girgenti non dispone della certificazione antimafia dal 2012. «Non si comprende – continua l’interrogazione – come una società privata, cui compete la gestione di un bene pubblico, sia in grado di operare da oltre tre anni in assenza della necessaria certificazione antimafia, senza che il prefetto competente, Nicola Diomede, si pronunci in merito». 

Il 12 marzo del 2015 la commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ha sentito il procuratore di Agrigento, Ignazio Fonzo che, a proposito di Girgenti, prima di chiedere la secretazione degli atti, ha parlato di «assumificio». L’interrogazione torna anche su questo aspetto. «Non risulterebbero chiari – sottolineano i senatori – i criteri di assunzione del personale in un’azienda che finora ha posto diniego alla richiesta di prendere visione della pianta organica e degli elenchi del personale avanzata da deputati dell’Ars». E citano alcune denunce depositate dai sindaci della provincia in cui si parlerebbe delle «assunzioni del figlio del presidente dell’Ato idrico, D’Orsi, nonché i figli di funzionari dell’Agenzia delle entrate, ossia personale proveniente da nuclei familiari di persone che prestano servizio all’interno di organismi che, in passato e tuttora, continuano ad effettuare controlli penali e fiscali sull’operato di Girgenti».

I Cinque stelle ricordano quindi il lungo elenco di disservizi, in particolare i distacchi di acqua che creano molti disagi ai cittadini. «Nonostante una serie di atti prodotti dall’Ars, l’erogazione del servizio risulta inefficiente, con frequenti episodi di interruzione della fornitura idrica, anche in assenza di messa in mora dell’utente, laddove il regolamento stabilisce che, essendo l’acqua un bene fondamentale, la cui penuria compromette in maniera sostanziale la qualità della vita e della salute dei cittadini, si debba procedere dapprima ad una riduzione del quantitativo di acqua erogato, e solo successivamente proseguire con la sospensione del servizio». 

Buone notizie per i Comuni ribelli che non vogliono consegnare le reti arrivano dalle recenti decisioni della commissione Ambiente dell’Assemblea regionale siciliana che, da un lato, ha respinto all’unanimità l’emendamento di riscrittura integrale del testo di legge sull’acqua presentato dall’assessore per l’Energia, Vania Contraffatto, e dall’altro ha approvato una risoluzione che impegna il governo regionale a revocare i commissariamenti dei Comuni che si rifiutano di consegnare le reti idriche. Ma su questo punto Contraffatto sembra voler andare fino in fondo. Tenuta del governo Crocetta permettendo. 

Salvo Catalano

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