Giovanni Impastato nel ricordo del fratello «Politica ridicola. Peppino la prenderebbe ancora in giro»

«Le parole di Peppino di 40 anni fa, oggi sono più che mai attuali. La politica non è cambiata. E’ ridicola. Mio fratello continuerebbe, allo stesso modo, a farsi beffe di certi personaggi delle istituzioni e della mafia». Giovanni Impastato torna a parlare del fratello, a distanza di 37 anni dalla sua uccisione. «Per chi non conosce radio Aut, andate a risentire le trasmissioni. Così capirete come lui trattava governanti e mafiosi. Oggi, probabilmente, rincarerebbe la dose».

Peppino Impastato, dai microfoni di Radio Aut, l’emittente radiofonica autofinanziata di ‘controinformazione’ di Cinisi, per anni ha preso le distanze da quel fenomeno mafioso in cui la sua stessa famiglia era ben inserita. Impastato viene ucciso il 9 maggio del 1978, in un casolare di proprietà di un privato. Il nome del mandante è noto: Gaetano Badalamenti. L’agguato compiuto ai suoi danni, però, passò in secondo piano. Proprio quel giorno veniva ritrovato il corpo senza vita di Aldo Moro e la verità sulla sua morte venne così scoperta con evidente ritardo.

Un anno fa la Giunta regionale siciliana aveva firmato l’atto di avvio del procedimento per rendere quel casolare «luogo di interesse culturale» e monumento di celebrazione della legalità. A distanza di qualche giorno dalla firma, lo stesso Rosario Crocetta si era recato a Cinisi per un sopralluogo, insieme a Giovanni. Per il governatore quello rappresentava «il modo migliore per affermare l’importanza della memoria e, allo stesso tempo, la realizzazione di un progetto di valorizzazione del sito. Iniziativa necessaria per la crescita della coscienza civile delle nuove generazioni e dei cittadini». Il casolare, oggi, versa ancora in stato di abbandono. Più volte Giovanni ha posto l’accento su questa situazione. Però, nulla è cambiato. Così, in occasione della ricorrenza della morte, il rudere resterà chiuso e non sarà possibile visitarlo

«Mi ritrovo a fare un appello al governatore Crocetta – spiega ancora Giovanni – nel tentativo di sensibilizzare tutta la politica siciliana perché possa essere recuperato il casolare dove è stato ucciso Peppino. E’ inaudito che a distanza di un anno dall’esproprio l’immobile sia chiuso e inutilizzabile».

Numerose le iniziative in tutta Italia per commemorare il giornalista ed attivista palermitano. Anche a Cinisi non mancano le manifestazioni. Eventi che secondo Giovanni Impastato «vedono anche la presenza di alcuni personaggi della politica che cercano di riciclarsi. In mezzo a loro, però, c’è tanta gente che ha voluto bene a mio fratello e alla nostra famiglia. Gente che ancora oggi crede nei valori della legalità e della giustizia. In questi anni l’impegno e il livello di coscienza civile sono senza dubbio cresciuti».

Giovanni Impastato dedica un pensiero anche alla sua città natale. È una riflessione amara sul paese in cui Peppino ha condotto tante battaglie.

«Dove sono nato molte cose non sono ancora state fatte. Non è avvenuto un riconoscimento pieno della gente di Cinisi nei confronti di Peppino. Tra noi esiste una sorta di ‘conflitto’. E la responsabilità è da addebitare anche alla chiesa e alla scuola. Per loro, i nemici erano i comunisti e non i mafiosi. Sono arrivati dopo ad apprendere la cultura dell’antimafia. Le loro battaglie di legalità e di sensibilizzazione del territorio contro la mafia arrivano in ritardo. Queste inadempienze hanno fatto crescere la cultura mafiosa. E’ nostro dovere – conclude Impastato – impegnarci tutti per far crescere la legalità. Bisogna fare di più, molto di più».  

Maurizio Zoppi

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