Giovanna Taviani: “Una scommessa vinta”

Taviani, il bilancio di quest’anno?
«Positivissimo. L’anno scorso era andato bene, quest’anno è decollato: un successo di critica, di giornali e anche di pubblico. Ho fatto una scommessa ardua allungando da tre giorni ad una settimana e non me ne sono pentita. Abbiamo aperto una finestra in più, rappresentata dal gemellaggio con il Brasile. Ci siamo inventati il workshop e la sfida letteraria “Porsche Italia”. E questo volerci aprire a nuovi orizzonti ci ha ripagati notevolmente. Tanto pubblico isolano, alle proiezioni serali anche in piedi, e due vecchiette di Malfa che non hanno perso nemmeno una proiezione. Che soddisfazione!»


Le sue impressioni sui documentari vincitori.
«Ci tengo a dire che tutti i documentari sono validissimi, ne ho curato la scelta io stessa con Emanuela Tommasetti. Ho sempre detto: “Ne voglio dieci, ma bellissimi”. Vittoria schiacciante di “Come un uomo sulla terra” di Andrea Segre e Dagmawi Yimer perché affronta – in modo rigoroso, con un ottimo stile narrativo – una tematica politica su cui si tace».


Lo stato di salute del documentario oggi?
«Credo che di questi tempi si stia prendendo una rivincita sul film di finzione, perché mostra una vitalità superiore».


L’anno scorso ha lanciato l’appello “la giornata del documentario”, anche perché il pubblico se stimolato sa apprezzare, ma non c’è stata un’ondata di rivoluzione.
«Il pubblico c’è ormai, infatti per esempio “Vogliamo anche le rose” di Alina Marazzi è stato in sala per tre mesi…  Bisognerebbe scommettere sui distributori. La tv non compra, solo Raitre ma manda in onda alle due del mattino. E’ assurdo. Con Curzio Maltese abbiamo pensato di lanciare un altro appello dalla piazza durante la premiazione per cercare di risolvere, o almeno di scuotere gli animi, il problema dell’invisibilità del documentario. Vorremmo proporre a Repubblica e L’espresso di aprire una collana di documentari da allegare al giornale».


Qualcosa già la fanno…
«Sì, ma vorremmo che fosse un appuntamento continuativo».


Per l’anno prossimo quali altri documentari vorrebbe vedere approdare nella sua isola?
«Sempre documentari bellissimi come quest’anno che sono stati uno schiaffo, un pugno nello stomaco… devono sempre essere dei documentari che ci obblighino a guardare ciò che ci sta accadendo intorno senza distogliere lo sguardo».

Stefania Oliveri

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