Giovanna D’Angi in Ragazze a mano armata Tv e cinema, contro i tabù sulle donne curvy

Lei si definsce «cantante con qualche sfumatura». In realtà Giovanna D’Angi è un’artista a tutto tondo: cantante, attrice, vocal coach e ballerina. Infrangendo i tabú che vigono sulle ragazze curvy in televisione. Adesso anche sul grande schermo con Ragazze a mano armata, film di Fabio Segatori uscito nelle sale lo scorso 19 Giugno. Originaria di Messina, ci accoglie con un sorriso nella sua Giardini Naxos, raccontandoci un po’ di sé e delle sue esperienze artistiche.

Da cantante ad attrice per il cinema: com’è stato cimentarsi in questa nuova avventura?
Bello, un po’ strano, ma anche difficile; c’è stato dietro uno studio pazzesco sotto la guida attenta del regista che mi ha seguito molto da vicino. Non è stato facile all’inizio perché Gioia, il personaggio che interpreto, è totalmente diverso da me: io sono sempre sopra le righe, super esuberante, invece nel film indosso i panni di una tonta, sempre con lo sguardo perso nel vuoto, che pensa solo ai cannoli e alla cioccolata e vive nell’ombra della sorella e della cugina che le fanno credere di essere scema, anche se in realtà dimostrerà di non esserlo affatto.

Gioia, il suo personaggio, è una studentessa squattrinata che si ritrova a vivere un’avventura alquanto grottesca. Cosa l’ha colpita di questo ruolo al punto da farti dire «Lo voglio interpretare»?
Probabilmente perché, da qualche parte in me, un po’ del personaggio c’è. Anch’io sono un po’ timida, arrossisco sempre quando mi fanno i complimenti, anche se non sembra. Ma soprattutto mi ha attratto la sfida. Quello cinematografico è un mondo completamente diverso da quello teatrale, a cui ero abituata. A teatro c’è il pubblico di fronte a te, per ogni scena vige la regola buona la prima e bisogna accentuare qualunque mimica ed espressione facciale in modo che venga recepita anche dall’ultima fila: nel cinema tutto questo viene azzerato. Proprio questa sfida è stata la cosa che mi ha convinto di più ad accettare. E poi la storia è carinissima e sapevo che mi sarei divertita un sacco.

Nel film lei e le sue coinquiline non riuscite a resistere al fascino del denaro, dopo anni di stenti e di rinunce: nella vita reale, a causa della crisi, la società è arrivata a dover rinnegare la propria moralità per avere in cambio un po’ di benessere?
Finora no, e spero non si arrivi mai a questo. Anche perché noi siciliani siamo sempre stati un po’ in crisi, quindi non è che la differenza si avverti poi così tanto. Ci siamo sempre adattati a tutto e l’importante è non voler strafare, ma vivere con ciò che si ha.

Spesso la realtà siciliana rappresentata al cinema e in tv non ci fa fare una gran bella figura. Com’è la Sicilia di Ragazze a mano armata?
Le protagoniste sono tre ragazze di Corleone che si trasferiscono a Messina per studiare e sono delle normalissime studentesse come quelle di Milano, di Roma o di qualunque altra città. Sono corleonesi oneste che, nonostante tutto ciò che accade nella storia, rimangono tali. Non c’è nel film quello stereotipo che siamo abituati a vedere, la mafia, l’uomo siciliano sempre al centro dell’attenzione e i tabù spesso legati ad una cultura arretrata che ci viene attribuita. Si parla di sesso e non c’è traccia di maschilismo né di mafia. Dá un’immagine nuova, fresca ma soprattutto vera della nostra terra, rivalutandola anche da un punto di vista paesaggistico: girando il film ho scoperto posti meravigliosi di una Messina che io stessa, pur essendovi nata, non conoscevo. Anche per questo sono veramente fiera di aver preso parte a questo progetto.

In passato ha avuto diversi ruoli importanti in musical di successo come HairsprayThe Full MontyCenerentola: qual è il ricordo più bello di queste esperienze?
Sicuramente la vita da teatro, quella che mi ha affascinato dal primo momento. Io andavo in teatro sempre in anticipo proprio per viverlo, per respirarne l’aria, un’emozione bellissima, talmente forte che non ho mai trovato altrove, forse neanche nella musica, ad essere sincera, che resta il mio primo amore, la amerò per sempre e farò sempre carte false per lei, ma è fatta di momenti più fugaci. Canti, fai il concerto, ma poi finisce lì. Il teatro, vivendolo in un certo modo, è tutt’altra cosa, tutt’altra emozione. Poi sicuramente ho un bellissimo ricordo della vita da tournè: ogni giorno in una città diversa, svegliandosi al mattino chiedendosi a volte «ma dove sono?». Bisogna affrontare tutto con un forte spirito e una grande passione.

Nel teatro o nel cinema, c’è un ruolo particolare, un personaggio che sogni di interpretare?
Certo, Sally Bowles nel musical Cabaret, il ruolo che al cinema fu di Liza Minnelli e che da anni porto nel cuore. Sarei disposta a tutto, anche perdere 30 chili per interpretarlo.

Sei stata anche ballerina nello spettacolo Mi scappa da ridere al fianco di Michelle Hunziker, potremmo definire questa esperienza con una simbolica rivincita delle donne curvy?
Assolutamente sí. Ahimè il pubblico non è abituato, soprattutto in televisione, a vedere una donna in carne, e soprattutto a vederla ballare. Qui il merito va a Michelle che ha avuto l’idea e ha voluto per affiancarla sei donne completamente diverse l’una dall’altra, e a Bill Goodson, che ringrazierò per tutta la vita, che mi ha proposto questo ruolo e mi ha insegnato tantissimo. Riuscirebbe a far ballare chiunque, anche i sassi. Pensa che da piccola volevo fare danza, ma mi risposero che ero grassa e non avrei mai potuto ballare. Pensa la mia soddisfazione quando per la prima volta si è aperto il sipario di Mi scappa da ridere con me che ballavo e cantavo When you’re smiling, vestita di piume in stile Moulin Rouge. E quando poi, a fine spettacolo, venivano a farmi i complimenti chiedendomi «ma come fai a muoverti in questo modo?». E’ stata una grandissima rivincita e una bellissima esperienza.

In questi anni ti sei cimentata in molte arti, dal canto al ballo, dalla recitazione all’insegnamento: hai mai temuto di di non esserne all’altezza?
Si, decisamente, di base c’è in me molta insicurezza. Pure quando mi hanno proposto il film, ho accettato ma avevo una gran paura di non esserne capace, di deludere, di sbagliare. Anche quando qualcosa andava bene mi chiedevo sempre se fosse andata davvero bene. La paure ci sono e ci saranno sempre, ma si annullano quando arrivano i riscontri positivi e le soddisfazioni. Comunque credo che la paura sia un bene e sia normale, se un giorno non dovessi più averne, allora sí che mi preoccuperei.

La passione per la musica, quello che hai definito «il tuo primo amore» te l’ha trasmessa tuo fratello, Gaetano; oggi, dopo tutti i tuoi successi, cosa pensa e cosa dice di te e del tuo lavoro?
Mio fratello è sempre stato il mio eroe. Lui fa un po’ lo scemo, mi chiama ancora Polpetta e mi prende in giro come faceva quando eravamo bambini. Ma mi sostiene sempre, anche quando siamo lontani, mi chiama e mi supporta in ogni momento. Siamo tutti e due combattivi, abbiamo entrambi raggiunto i nostri obbiettivi e siamo molto fieri e orgogliosi l’uno dell’altro.

[Foto di Giovanna D’Angì]

Chiara Chines

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