Scattano a giugno 2016 le indagini che hanno portato ieri all’arresto di due avvocati, un ex avvocato e una quarta persona, accusati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa. Le denunce delle vittime del raggiro – portato avanti, secondo gli inquirenti, da Vincenzo Vanaria e dai suoi complici – sono contenute nelle 38 pagine dell’ordinanza siglata dal gip Carmine De Rose.
Si comincia il 7 giugno di due anni fa, quando al comando della guardia di finanza si presenta un uomo. Racconta che un anno prima, grazie a un amico, il 56enne Carmelo Paterini, anche lui arrestato ieri, ha scoperto dell’esistenza della F.E.O. Progetto benessere, associazione che offriva servizi di consulenza e assistenza legale a consumatori privati. L’uomo si rivolge all’ex avvocato Vanaria, per promuovere ricorsi contro delle cartelle esattoriali notificategli dalla ex Serit. Affida a F.E.O. anche altre questioni giudiziarie e versa a titolo di acconto oltre 12mila euro. Come spiegato dai finanzieri, nel consegnare gli assegni l’uomo non indica il beneficiario perché, a detta di Vanaria e Paterini, sarebbe stato apposto il timbro dell’associazione. Successivamente, il denunciante riceve sei fatture con le quali vengono addebitate spese per contributi unificati, marche da bollo e perizie tecniche. Ma a dicembre 2015 l’uomo riceve due moduli riguardanti una richiesta di mediazione – a firma dell’avvocata Cinzia Tavano, anche lei indagata – e aventi come oggetto la risoluzione di un contratto stipulato con l’Agip petroli e la rideterminazione di un debito nei confronti dell’Eni. Risoluzione che però l’uomo non aveva mai chiesto. A quel punto chiede a Vanaria di conoscere quali siano le azioni giudiziarie intraprese nel suo interesse. Comprendendo di essere stato raggirato, l’uomo chiede all’ex legale la restituzione delle somme versate e non ancora utilizzate per l’instaurazione dei giudizi civili. Viene rassicurato, ma in realtà non ottiene mai i soldi. Da qui la decisione di sporgere querela. Come appurato dagli investigatori, nessuna domanda di mediazione a suo carico e nel suo interesse era stata presentata e le uniche attività giudiziarie intraprese erano state due ricorsi contro cartelle esattoriali costati decisamente di più rispetto a quanto previsto dalla norma.
Un’altra storia emerge da una denuncia depositata ai carabinieri di Graniti, il 29 gennaio 2017. A presentarsi in caserma è una donna che dichiara di essersi rivolta all’associazione dopo la notifica di un atto di pignoramento immobiliare avviato da Unicredit. Racconta di avere dato a Vanaria oltre undicimila euro per la definizione della pratica, ottenendo una ricevuta di pagamento nella quale viene indicato l’avvocato Domenico Risiglione come legale convenzionato con l’associazione. Avvocato – anche lui arrestato – che la donna non aveva mai visto. Insospettitasi, approfondisce i contorni della vicenda e scopre che in realtà nessuna persona si era costituita nel suo interesse contro Unicredit. A quel punto Vanaria si sarebbe giustificato dicendo che la trattativa con la banca era stata condotta in via stragiudiziale. Come successivamente evidenziato dalle indagini, l’avvocato Risiglione avrebbe inviato a Unicredit una proposta di definizione transattiva della vertenza. Proposta rigettata dalla banca pochi mesi dopo. Sull’atto risulta la firma della denunciante che, secondo la stessa, sarebbe stata in precedenza da lei apposta su un foglio in bianco. Nel momento in cui la querelante chiede la restituzione del denaro e la documentazione relativa alla procedura esecutiva, l’ex avvocato dichiara che l’avvocato Risiglione non faceva più parte dei legali convenzionati con l’associazione. Vanaria si sarebbe impegnato a restituire il denaro, senza però farlo.
Il 7 giugno 2016 un’altra denuncia vieni presentata da una donna che aveva voluto impugnare delle cartelle esattoriali. Aveva pagato 3500 euro e firmato una procura in bianco che era stata rilasciata ancora una volta in favore dell’avvocato Risiglione. La storia si ripete. Complessivamente consegnerà cinquemila euro per avviare ricorsi contro cartelle esattoriali e per un’azione giudiziaria contro Unicredit. Le indagini permettono di scoprire che nessuna causa sarebbe stata avviata nei confronti dell’istituto di credito, mentre i ricorsi sarebbero stati depositati molto tempo dopo rispetto al conferimento degli incarichi. Uno degli assegni versati sarebbe stato usato addirittura come acconto per l’acquisto di una cucina.
A sporgere denuncia è persino uno dei soci fondatori dell’associazione. Aveva affidato a Vanaria alcuni incarichi per la risoluzione di controversie civilistiche. A fronte di diversi giudizi mai incardinati, il querelante aveva versato la somma di 40 mila euro, di cui 17mila incassati tramite assegni e il resto consegnato in contanti. Secondo gli inquirenti, questo modus operandi avrebbe consentito al gruppo di guadagnare circa centomila euro.
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