Da semplice carpentiere a esponente politico di spicco e re della Sanità trapanese. Pino Giammarinaro è uno che di strada ne ha fatta. Una storia personale costellata di procedimenti giudiziari. L’ultimo è stato la confisca di 15 milioni di euro e un provvedimento di sorveglianza speciale per cinque anni disposti dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Trapani lo scorso 21 aprile. I rapporti politico-affaristici nei quali Giammarinaro sono raccolti nelle oltre duemila pagine del decreto di confisca.
Gli investigatori hanno passato al setaccio la sua lunga carriera portando alla luce i legami tra l’ex deputato regionale della Dc e personaggi di spicco di Cosa nostra. Giammarinaro comincia a muovere i suoi primi passi in politica nel 1974, quando diventa consigliere del comitato provinciale della Democrazia Cristiana. Secondo i magistrati, l’ex deputato regionale oltre a godere del sostegno di tantissimi cittadini della provincia di Trapani godeva anche dell’appoggio di tanti uomini d’onore. Ne parla il pentito Salvatore Lanzalaco nel corso di un interrogatorio: «Giammarinaro rappresentava la Democrazia cristiana vicina ai Salvo – dice -. Fu messo in lista proprio per volere dei Salvo. Ricordo che per questa candidatura regionale del Giammarinaro c’erano dei problemi dovuti alle disavventure giudiziarie dello stesso».
Secondo il pentito furono proprio i cugini Salvo, noti come gli esattori di Cosa nostra, a convincere Giulio Andreotti a puntare tutto sull’imprenditore salemitano. Erano le elezioni regionali del 1991. Al comizio di chiusura della campagna elettorale prese parte lo stesso Andreotti accompagnato da Salvo Lima. I due furono accolti da un bagno di folla all’interno del Palazzetto dello sport. Giammarinaro venne eletto con oltre il 50 per cento delle preferenze. Di quelle elezioni hanno parlato altri pentiti. Per l’ ex patron del Trapani calcio Nino Birrittella, Giammarinaro godeva del sostegno politico anche del boss trapanese Vincenzo Virga che – secondo le parole di Birrittella – nel corso di un incontro lo aveva definito «un picciotto sperto che avrebbe fatto strada». Stando alle parole di Birrittella, la mafia, che fino a quel momento aveva appoggiato Francesco Canino, decise di puntare tutto su Giammarinaro per avere un contatto all’interno dell’Ars. «Canino sosteneva un clientelismo di piccolo cabotaggio. Giammarinaro garantiva accesso ai grandi finanziamenti», avrebbe detto Virga motivando la sua scelta di appoggiarlo.
Fondi che, a detta dei magistrati, non tardarono ad arrivare. In particolare l’ex deputato avrebbe garantito i soldi necessari ad alcuni lavori di rifacimento di alcune strade in provincia di Trapani, assegnati a una ditta appartenente a un uomo di Provenzano. Un potere, quello di Giammarinaro, ottenuto grazie alla sua capacità di veicolare voti. Pur essendo scomparso dalla scena politica, il suo nome salta fuori nelle elezioni regionali del 2008, quando appoggia la candidatura nelle file dell’Udc dell’allora presidente dell’ordine dei medici Pio Lo Giudice. A seguito dell’elezione di Lo Giudice, con oltre diecimila preferenze, Giammarinaro finì sotto inchiesta. A denunciarlo, un medico che agli inquirenti raccontò di aver ricevuto una visita da parte del politico, il quale gli aveva raccomandato di votare e sostenere Lo Giudice. «Quell’incontro mi turbò parecchio – affermò il medico – perché a mio avviso va letto come l’inalterato interesse che Giammarinaro nutre nel mondo della sanità regionale, provvedendo egli stesso a estendere la propria influenza per far eleggere soggetti a lui particolarmente vicini, con l’evidente intento di averne un successivo ritorno in termine di controllo delle scelte politico amministrative». La denuncia, tuttavia, non ebbe alcun seguito. Il procedimento venne infatti archiviato.
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