Gettonopoli, le contestazioni ai singoli consiglieri Incoerenze nei fogli firma ma dubbi sulle distanze

Nell’imputazione coatta per 34 consiglieri comunali di Catania e 17 segretari di commissione c’è un allegato lungo oltre venti pagine. È quello che contiene l’analisi che il giudice Nunzio Sarpietro fa del lavoro degli eletti a Palazzo degli elefanti nel 2014, segnalando compresenze e partecipazioni fugaci, accompagnate da stranezze e imprecisioni nei fogli firme. Cioè le tabelle in cui ciascun politico dovrebbe segnare l’orario di arrivo e di uscita dalla commissione consiliare di cui è componente. In parecchi casi, a sostanziare le motivazioni con le quali Sarpietro invita la procura a chiedere il rinvio a giudizio per i politici catanesi c’è l’assenza proprio di questo documento. Che in più di una circostanza presenterebbe incoerenze con i verbali o anomalie di compilazione. Per via di questi presunti comportamenti irregolari, nei confronti della quasi totalità dei consiglieri sono state formulate le accuse di falso in atto pubblicotruffa e abuso d’ufficio. Reato, quest’ultimo, non contestato ai soli presidenti di commissione e segretari. Nell’infografica in fondo all’articolo, riportiamo tutti i rilievi del giudice. Di seguito, invece, i casi che risultano non chiari anche dopo la lettura dei documenti.

Il giudice Sarpietro spiega nella sua ordinanza di avere escluso dalle sue osservazioni i casi in cui le presenze simultanee si riferivano a un tempo compreso tra i cinque e i sette minuti e in sedi vicine tra loro. Perché avrebbe potuto facilmente trattarsi di errori di compilazione e di possibili spostamenti veloci da una riunione di commissione all’altra. Quanta distanza sia ammessa dal giudice, però, è un criterio che non viene esplicitato. Così, per il togato, piazza Gandolfo – su via di Sangiuliano, poco prima di piazza dei Martiri – e piazza Duomo non giustificano una compresenza di cinque minuti. Pur trovandosi, secondo Google maps, a un chilometro di distanza, che si può coprire in 12 minuti di camminata partendo da Palazzo degli elefanti. Per questo motivo non vengono eliminate una delle quattro compresenze di Carmelo Coppolino e l’unica compresenza di Agatino Lanzafame. Discorso diverso vale per Nino Vullo, che dal boschetto della Playa sarebbe arrivato in tempi troppo brevi proprio in piazza Gandolfo: nel suo caso, oltre alla lontananza, il magistrato fa riferimento anche a orari nel foglio firma indicati tutti con la stessa grafia. 

Un altro posto considerato troppo distante da piazza Duomo è una sede comunale di via Biondi: secondo Google a piedi ci vogliono sei minuti, per una distanza di 550 metri. In questo quadro non vengono eliminate le due compresenze di cinque minuti del consigliere Michele Failla, una delle sei compresenze (sempre quella di cinque minuti) di Rosario Gelsomino, una delle due di Giovanni Marletta, una delle due di Alessandro Porto, e due delle quattro di Elena Ragusa. Nel novero delle compresenze non eliminate rientra anche l’unica, da cinque minuti, della consigliera Elisabetta Vanin: passata da piazza Duomo a Palazzo della Cultura (cinque minuti a piedi, per 400 metri). Lei resta tra gli imputati, però, perché il suo foglio firma risulterebbe modificato nell’indicazione di un orario. 

Motivo uguale per Andrea Barresi, i cui orari sembrerebbero manomessi rispetto al suo passaggio da una commissione a un’altra, entrambe a Palazzo degli elefanti. Resta imputato pure Antonino Manara, che ha due compresenze: una da 15 minuti e una da cinque. Quest’ultima legata a due commissioni consecutive, entrambe convocate nella sala attigua all’aula consiliare del municipio. Lui, però, alla seconda delle due commissioni sarebbe rimasto solo per quei cinque minuti complessivi.

Nei documenti allegati dal giudice sono infine segnalate alcune presunte compresenze non chiare, perché non risultano dagli orari riportati. Nel caso della consigliera Ersilia Saverino, per esempio, mancano i fogli firma delle due commissioni alle quali avrebbe partecipato il 16 aprile 2014. Il giudice segnala così solo gli orari menzionati nei verbali: sarebbe entrata alle 9.10 in commissione Lavori pubblici e sarebbe uscita alle 10.20. Alle 10.30 sarebbe entrata in commissione Tributi, per poi uscirne alle 11.40. In questo caso il giudice le attribuisce una compresenza di cinque minuti che non emerge dagli orari indicati. In realtà, potrebbe essersi trattato di uno sbaglio: il numero di verbale della commissione Lavori pubblici alla quale si fa riferimento è il 189. Che però non riguarda l’anno 2014 (a cui l’inchiesta si riferisce), bensì il 2015.

Per motivi simili non si può certificare una delle due compresenze di Francesco Trichini: incrociando i dati disponibili tra verbali e fogli di firma, l’ubiquità non ci sarebbe. Punto interrogativo anche su una compresenza di Carmelo Sgroi, che non è possibile quantificare poiché dal verbale della commissione Partecipate del 9 dicembre 2014 manca il suo orario d’ingresso, ma come orario d’uscita sono indicate le 10.40. Lo stesso momento indicato invece come orario di arrivo nel foglio firme della stessa commissione (da cui sarebbe uscito alle 11.05). Incalcolabile, infine, anche una eventuale compresenza del consigliere Alessandro Messina: «L’orario rilevato non appare certo perché non si comprende se si tratta delle 10.15 o delle 10.45», scrive lo stesso giudice. Nel caso in cui in quel foglio fosse indicata quest’ultima cifra, avrebbe avuto il dono dell’ubiquità solo per cinque minuti e rispetto a due sale di Palazzo degli elefanti. Perciò, secondo il criterio seguito dal giudice, questa contestazione avrebbe dovuto essere eliminata.

Luisa Santangelo

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