Il tempo delle parole è finito. «Abbiamo solo la rabbia, che altro può rimanere a un operaio che non lavora da due anni?», confessa Luigi, della Smim impianti. Gli operai di Gela scendono in strada con l’obiettivo di bloccare gli ingressi della città. Dall’alba di oggi lavoratori dell’indotto che ruota attorno alla Raffineria, insieme ai sindacati, presidiano le entrate principali della città, alle rotonde che portano alla strada statale 117 per Catania e alla statale 115 per Ragusa a Nord, e per a Sud. Si registrano già disagi al quartiere La Cittadella, dove oggi dovrebbe svolgersi il mercato settimanale. «Andremo avanti ad oltranza e aspettiamo la solidarietà della cittadinanza», annunciano i manifestanti. Massiccia la presenza dei carabinieri, ma non si registrano momenti di tensione. Gli automobilisti fermati non hanno finora mostrato insofferenza, gli operai lasciano passare solo poche macchine dopo averle bloccate per diversi minuti.
«Basta parole vuote e basta silenzi inquietanti – scrive Ignazio Giudice, segretario generale della Cgil di Caltanissetta -. Mai come oggi mi sento a vostra totale disposizione, nelle ore che verranno e nei minuti che, sin da adesso, ci separano da una scelta, la difesa della città. È iniziata stanotte una mobilitazione lunga e faticosa ma se saremo uniti ci salveremo». E fissa l’obiettivo: «Dobbiamo arrivare al premier Renzi e dirgli chiaramente che Gela aspetta risposte, né elemosine, né altro». I blocchi sono condotti soprattutto dai metalmeccanici, che fanno parte di diverse ditte dell’indotto: Smim impianti, Elettroclima, Sudelettra, Comeco. Tutte vertenze ancora aperte e accomunate dall’assenza di commesse da parte di Eni. Gli edili dovrebbero decidersi in serata, quelli del diretto dovrebbero aggiungersi domani in contemporanea con il proclamato sciopero nazionale previsto per domani per protestare contro la vendita di Versalis da parte di Eni e la dismissione del settore chimica. Sciopero al quale nei giorni scorsi gli operai dell’indotto di Gela, alcuni dei quali si sono uniti in un movimento spontaneo, avevano dichiarato di non voler partecipare. Troppe le ambiguità e il sostanziale disinteresse nei loro confronti, a loro modo di vedere, da parte dei lavoratori del diretto negli anni, mentre la Raffineria di Gela diventava ben poca cosa. La richiesta è sempre quella da un anno a questa parte: che Gela divenga centrale nelle attenzioni del governo nazionale. In fondo lo Stato è l’azionista di maggioranza di Eni, è la teoria del sindacato. I lavoratori si dicono stanchi degli ammortizzatori sociali, che a malapena consentono di galleggiare.
ntanto i blocchi rimangono, finora senza tensioni. Anzi i carabinieri manifestano solidarietà agli operai. E viceversa, con un leggero sfottò nei confronti dei militari dell’Arma che secondo le ultime inchieste hanno pochi mezzi e risorse. «Forse siete messi peggio di noi», ride qualcuno. In attesa di ordini dal prefetto le forze dell’ordine rimangono in disparte, contrattando solamente su ogni quanto debbano passare alcune auto. Un giovane tenente dei carabinieri toscano si confronta con alcuni operai che recentemente sono stati proprio a Livorno per una trasferta lavorativa. «Lì Renzi vi ha salvati, qui si è scordato di noi» dice un operaio. Al presidio si è fatto vedere anche il sindaco Domenico Messinese: «La misura è colma – ha commentato – . Solidarietà ai lavoratori, ma non solo. Siamo al loro fianco in una battaglia che riconosca il ruolo economico di un territorio che non può essere considerato come un limone buttato dopo essere stato spremuto». Scarsa, per non dire inesistente, solidarietà della cittadinanza. Chi è in auto, in fila, al massimo si sbilancia in un «sono con voi». Ma nessuno scende dalle auto. Si valuta quindi se spostare la protesta in serata al consiglio comunale previsto per le 19, o se rimanere ad oltranza.
È notizia di pochi giorni fa che alla Smim impianti, storica impresa dell’indotto, è stata rifiutata la richiesta per la proroga della cassa integrazione straordinaria per 112 operai. I quali a breve dovrebbero ricevere, a meno di improbabili colpi di coda dell’ultimo minuto, le lettere che annunciano la chiusura del rapporto lavorativo. Aggiungendosi perciò ai 72 licenziamenti di fine dicembre. Mentre l’Eni, seguendo quanto scritto nel protocollo d’intesa del 6 novembre, ha ridotto a 400 unità il suo organico. Nell’ultimo anno si è registrato un vero e proprio esodo degli operai dell’indotto verso altri centri industriali, come l’Isab di Priolo.
«Dobbiamo lottare insieme affinché la città non chiuda – attacca Giudice – sì affinché non chiuda, perché di questo si tratta. Ognuno di noi ha almeno un buon motivo per rimanere perplesso, ma so anche che il cuore dei gelesi è grande, la mente dei siciliani è piena di energia positiva malgrado tutto, malgrado gli inganni di Stato. Dai bambini, ai pensionati, nessuno vuole stare più con il fiato sospeso. Serve una legge speciale a favore dei disoccupati, dei precari, dei nuovi poveri e dei commercianti in crisi. Serve salute e lavoro».
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