Al termine della conferenza stampa del premier Matteo Renzi sulla questione della raffineria, momento principale di una visita lampo a Gela organizzata per discutere delle vertenza sulla raffineria dopo il verbale dintesa del 30 luglio scorso, dallaula consiliare di escono fuori alla spicciolata tutti coloro che hanno partecipato allincontro. C’erano: 6 preti – tra cui don Luigi Petralia, ex confessore di Crocetta -, la procuratrice della Repubblica Lucia Lotti, il prefetto di Caltanissetta Carmine Valente, il presidente dellassociazione antiracket di Gela Renzo Caponnetti, consiglieri comunali in ordine sparso — alcuni impegnati a scattare selfie con il premier -, sindaci del comprensorio, segretari locali dei sindacati confederali e non, esponenti di associazioni di volontariato. Presenti inoltre il presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta – accolto da timidi applausi e contestato alluscita -, il sindaco di Gela Angelo Fasulo, luomo di fiducia di Renzi in Sicilia ovvero Davide Faraone, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, il sottosegretario Graziano Delrio.
Cerano tutti, insomma. Mancava solo lEni. Ne ha fatto le veci il presidente del Consiglio. Renzi al momento si è limitato a confermare la linea del colosso a sei zampe, ovvero le due scarne paginette del protocollo d’intesa in cui lEni si impegnava a valorizzare gli impianti gelesi e a ridiscutere di tempi e modalità a settembre. «La priorità di questa terra ha dichiarato il segretario del Pd è di difendere linvestimento puntando sulle energie verdi. Credo sia il core business di Eni in questo territorio».
Forse subodorando promesse del genere, un gruppetto di lavoratori ha atteso il premier sotto un sole cocente. Lo striscione recitava: prima delle riforme occorre il lavoro. «Siamo qui per far capire a Renzi che ha il fiato sul collo ha dichiarato Nicola Di Caro, delegato Cgil. Noi difendiamo laccordo dellanno scorso, che ha un orizzonte temporale lungo e valenza industriale». Anche se i famosi 700 milioni di euro di investimento promessi da più di un anno e difesi a spada tratta da sindacati e istituzioni riguardano solamente 770 lavoratori del diretto. Nessuna menzione per gli oltre 1000 lavoratori dellindotto.
Un altro lavoratore osserva che «non ci sono alternative alla fabbrica perché le alternative le ha bruciate tutte la raffineria».
Quando giunge il presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta, i lavoratori lo osservano. Ma Crocetta non si cura di loro e sale immediatamente in aula consiliare. Gli operai non la prendono bene. «E come se un dottore arrivasse in ospedale commenta uno di essi e non salutasse i pazienti». Giungono anche pochi No Muos, che solidarizzano con alcuni espropriati pronti a contestare Crocetta e Renzi. Non hanno neanche il tempo di esprimere il proprio dissenso perché il premier, arrivato con oltre unora di ritardo e atteso nel tardo pomeriggio a Termini Imerese, si fionda anche lui allinterno del Municipio senza neanche voltarsi indietro. «Come al solito sono più loro che noi», commenta amaramente lattivista Fabio DAlessandro riferendosi al grande numero di forze dellordine presenti. O forse ai fortunati che hanno potuto assistere allincontro. Mentre le poche decine di persone che volevano vedere Matteo Renzi rimangono a bocca asciutta. Il premier infatti, dopo neanche unora di conferenza stampa, esce dal retro per evitare qualsivoglia contestazione. Gli applausi allora sono tutti per i contestatori.
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