Gela, la città dove le necropoli vengono interrate Studioso: «Tusa? Da assessore ci sta deludendo»

Il presidente Musumeci? «Solo promesse». L’assessore Tusa? «Meglio quando era soprintendente del mare». Il commissario Arena? «Inesistente». La soprintendenza di Caltanissetta? «Preferisco un no comment, ce ne sarebbero troppe da dire». Ne ha per tutti il professore Nuccio Mulè. Nei giorni scorsi il «cultore di storie patrie», così come si definisce colui che da oltre tre decenni studia e racconta la storia di Gela, ha scritto una lettera aperta alle istituzioni. Denunciando «la Caporetto dell’archeologia mediterranea». Mulè, che è stato un docente di materie scientifiche, nel campo dei beni culturali è un autodidatta con un fortissimo senso di appartenenza per la storia millenaria di Gela. Che considera spesso vilipesa

In sei fitte pagine correlate da testimonianze fotografiche, l‘elenco delle aree archeologiche della città non adeguatamente valorizzate è vastissimo. L’acropoli greca accanto al museo archeologico regionale (tra i più ricchi di reperti ellenici insieme al Salinas di Palermo) ha come sfondo l’ex stabilimento petrolchimico ed è spesso invasa da erbacce e cani randagi. Alla pulizia dei bagni greci di Caposoprano, collocati dentro un ospizio, provvedono da tempo le associazioni di volontariato. Il cosiddetto Castelluccio, ovvero il castello svevo di epoca federiciana che sorge sopra una collinetta all’inizio della statale per Catania, è stato restaurato negli anni ’90 dalla Provincia, abbandonato al degrado per anni (e utilizzato dai giovani per appartarsi), per poi scoprire che sorge all’interno di una proprietà privata.

A distanza di una settimana dalla lettera, qualcuno si è fatto sentire? «L’unica risposta, l’ho ricevuta in via indiretta dall’assessore Tusa, che in realtà ha mandato una lettera al quotidiano La Sicilia. E alla quale risponderò. La sua è stata una non risposta». Una sorpresa se si considera che l’impegno dell’assessore ai Beni culturali per Gela è sempre stato indefesso negli anni. In tanti lo ricordano, nelle sue ex vesti di soprintendente, a ogni importante ritrovamento di reperti che il mare della città ha restituito negli anni; nella battaglia portata avanti e vinta contro il parco eolico offshorein quella (attualmente in stand-by) contro possibili nuove piattaforme petrolifere; nelle tante presentazioni di libri e iniziative locali. Un impegno civile e intellettuale, prima ancora che istituzionale, contrassegnato da una passione archeologica per una delle città siciliane più importanti per il suo passato ellenico. «Ha cambiato completamente visione delle cose – afferma Mulè – Lo conoscevo e lo conoscevamo qui in città come una persona seria e preparata. Era meglio come soprintendente. È un archeologo, non un politico di professione, e questo in un assessorato come il suo si sente».

Quel che rischia di essere l’ennesima occasione mancata è avvenuto a dicembre: durante i lavori di rifacimento della rete idrica nel quartiere Caposoprano, sono stati rinvenuti dalla Soprintendenza decine di reperti e perfino un’intera necropoli. Poco prima delle vacanze natalizie si è creato addirittura un pellegrinaggio di curiosi nelle zone degli scavi, comprese alcune scolaresche. Segno che l’attenzione della città c’è, meno quella della politica. «Il problema non è il ritrovamento in sé di un oggetto, come per esempio il sarcofago del V secolo avanti Cristo in via Cicerone – dice l’esperto – Il problema è quando si trova un’intera necropoli, come quella rinvenuta in via Genova e collocabile tra il IV e V secolo avanti Cristo, in cui si vede anche la collocazione delle tombe che sono incatenate tra di loro. Non si tratta quindi di conservare un singolo reperto ma un’intera struttura. Sono gioielli che bisognerebbe far vedere alle persone». 

Al momento invece la scelta della Soprintendenza è stata, non senza polemiche, di interrare la necropoli emersa in via Genova per sostituire la fruizione con dei totem. «Si sapeva che il quartiere Caposoprano è ricchissimo di ritrovamenti – aggiunge Mulè – In questa situazione bisognerebbe puntare all’archeologia preventiva. Cioè doveva essere la ditta stessa che ha effettuato i lavori per la posa della rete idrica a pagare dei preventivi lavori di scavo e gli archeologi, dato che i ritrovamenti erano ampiamente prevedibili. Ovunque si scavi a Gela si troverà qualcosa. Anzi, quando si scava e non si trova nulla vuol dire che qualcosa è stato trafugato».

Eppure nell’intervista di inizio anno a MeridioNews, il presidente Nello Musumeci aveva a lungo parlato proprio di Gela. Prendendo la città nissena come modello per le altre aree industriali siciliane e confermando che qui si «può puntare su un turismo culturale di qualità. Non è un caso che proprio nel 2019 vogliamo realizzare a Gela un museo delle navi antiche». Un museo fortemente atteso visto che, come ricorda lo stesso report di Mulè e come raccontato da MeridioNews, l’enorme nave greca del VI secolo a.C. giace dal 2014 tra gli scatoloni del museo locale «dopo la sua scoperta nel 1988 e il suo costoso restauro in Inghilterra».

Ecco perché lo stesso cultore di storie patrie ha organizzato per giorno 19 gennaio un convegno al liceo classico Eschilo. «Non ci saranno politici», assicura Mulè. L’idea è quella di creare un comitato cittadino che serva a far pressione su tutte le istituzioni che, nonostante a parole affermino di voler valorizzare l’importante storia della città, nei fatti poi la mortificano. Un’occasione da non perdere, insomma, considerando che la cosiddetta riqualificazione industriale di Eni è in realtà un mero ridimensionamento. «Non sono previsti altri scavi per i prossimi dieci anni – ricorda l’esperto – Di conseguenza se non si sfrutta questa situazione positiva per Gela è completamente finita. È l’ultima speranza di far decollare qualcosa». 

Andrea Turco

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