Gela: il porto è insabbiato, pescatori restano bloccati «Con l’industria dismessa bisogna puntare sul mare»

Riunioni su riunioni, interrogazioni all’Ars e audizioni in commissione Ambiente, fondi sbloccati (su progetti mai partiti), dragaggi a ripetizione. Eppure il porto di Gela resta insabbiato. E dopo le mareggiate degli scorsi giorni, i pescatori non possono ancora intraprendere la via del mare. Per questo motivo stamattina, all’ufficio di presidenza del consiglio comunale, si terrà una riunione per fare il punto della situazione sull’iter dei lavori al porto rifugio. 

Nei giorni scorsi è stato sbloccato l’appalto sulla caratterizzazione della sabbia, ma la situazione resta critica. Una vicenda incredibile di cui già nel 2015 si era occupata la commissione Ambiente e Territorio. Gli sforzi dell’amministrazione comunale e del parlamento siciliano finora non hanno dato alcun esito. Il problema resta sempre quello: un errore strutturale per cui i due bracci, quello di ponente e quello di levante, non sono uguali nelle dimensioni e ciò fa sì che siano necessari interventi di dragaggio a intervalli quasi regolari.

Sulla vicenda il neodeputato pentastellato Nuccio Di Paola ha presentato una nuova interrogazione all’Ars. «Tre mesi fa l’allora presidente Crocetta, proprio perché nessuno poteva uscire dal porto, ha avocato a sé i poteri consentendo un altro dragaggio (il precedente risaliva al 2013, ndr) – spiega Di Paola -. Costo dell’operazione: 300mila euro, presi dalle compensazioni Eni. Dopo tre mesi siamo di nuovo punto e a capo. E ora per i pescatori gelesi dovrebbe cominciare la stagione delle seppie. Con l’industria dismessa bisogna dar modo di puntare al mare, sul vero oro nero del territorio».

All’incontro che si terrà domani la presidente del consiglio comunale Alessandra Ascia ha invitato i quattro deputati regionali nisseni (Giuseppe Arancio per il Pd, Giancarlo Cancelleri e Nuccio Di Paola per il M5s, Michele Mancuso per Fi), il sindaco Domenico Messinese, il comitato pescatori e il gruppo di lavoro che da anni segue le vicende autorizzative. «Ritengo che la strategia migliore sia quella di fare squadra con il nuovo governo e fargli prendere l’impegno di concludere tutte le fasi entro aprile – ha detto Ascia -. Servono 45 giorni per la caratterizzazione e i risultati e 60 per la profilatura dell’intero porto. Sono dell’idea di impugnare il prelievo dei fondi dalle compensazioni Eni utilizzati per il canale d’emergenza, la cui competenza esclusiva era della Protezione civile».

Di Paola ha già annunciato che ci sarà. «Sono convinto che si debba remare tutti sullo stesso verso – aggiunge -. Al governo Musumeci lancio una provocazione: c’è o no la discontinuità con le giunge precedenti? Se c’è possono dimostrarlo proprio su Gela. Serve un intervento infrastrutturale sul porto. La sabbia bisogna toglierla, chiaro, ma serve un progetto. Si potrebbe per esempio allungare il braccio di ponente». E mentre immagina anche un eventuale «benefit per i pescatori che in questo momento sono messi nell’impossibilità di lavorare», Di Paola segnala anche un’ulteriore anomalia. «Ai lavori per capire se la sabbia è inquinata o meno, seguirà un altro intervento di dragaggio – conclude -. Cioè: prima tolgono la sabbia, poi l’analizzano e poi la ritolgono. Quest’ultimo dragaggio dovrebbe essere più imponente, mi dicono che permetterà un’uscita delle imbarcazioni per otto anni. E anche qui dovrebbero essere utilizzati nuovamente i fondi Eni, che poi sono soldi che spettano ai gelesi e su cui dovrebbero poter decidere loro».

Andrea Turco

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