«Gela è un bluff, in cui ad avere il poker in mano è l’Eni. Per battere un giocatore del genere è possibile solo la scala reale, che qui sarebbe possibile solo con l’unione della popolazione». Ha le idee chiare, Paolo. Lavora allo stabilimento nel reparto sicurezza. «Questa città è un malato terminale, lo sapevano tutti ma hanno preferito assistere alla sua morte».
Quarto giorno di blocchi operai. Agli accessi della città le scene sono sempre quelle: auto incolonnate, automobilisti sempre più nervosi, operai che cominciano a sentire la stanchezza. Cosa pensa delle proteste i 75mila gelesi? Qual è l’idea che si ha dell’Eni e delle sorti di un territorio legato al cane a sei zampe in quello che sempre più appare come un cappio? Passeggiando per il centro storico, delle proteste operaie non si sente neanche l’eco. Se non ci fossero i cartelli di solidarietà appesi alle vetrine dei negozi (un’iniziativa partorita del consorzio Gela c’entro), sembrerebbero giorni come gli altri. «Se guardi bene – dice Martina Sollami, titolare dell’omonima gioielleria – in realtà la gente che passeggia è composta prevalentemente da anziani. Molti poi sono i negozi chiusi. È una città che sta scomparendo». Le dà manforte Melania Pandoro, che nello stesso esercizio commerciale è la commessa. «È un ciclo, tutto si tiene. Se vanno via gli operai non viene nessuno, e anche io rischio il posto di lavoro». La stessa teoria è portata avanti da Veronica Infurna, titolare del negozio Petit Patapon. «Le attività commerciali sono il metro di giudizio dello stato di salute di una città. E come puoi vedere in molti negozi non entra più nessuno. Noi siamo dalla parte degli operai, anzi credo che dovrebbero essere portate avanti azioni più forti. Ma come farlo se non c’è unità tra noi?».
Unità e solidarietà sono le parole più gettonate. Spesso però rimangono solo intenti. Col risultato che teoricamente sono tutti dalla parte degli operai, ma nessuno vuole affrontare disagi e rinunce. «A Gela servirebbero cittadini e invece ci sono gli pseudocittadini», è l’amara conferma dei titolari della cartolibreria Randazzo. Intanto nulla di fatto dall’incontro di ieri a Palermo tra il presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta, l’amministrazione comunale ed i sindacati. L’ex sindaco di Gela si è limitato a rimpallare le responsabilità al governo nazionale e in particolare al ministro del lavoro Giuliano Poletti. Una scelta che si somma alla lettera aperta scritta dai sindaci del «comprensorio composto da circa 250mila abitanti» e che ricorda prima gli innumerevoli tavoli di concertazione per poi chiedere «misure straordinarie ed urgenti».
In mezzo a un clima generale di impotenza, rimangono al momento le singole buone azioni. Che per gli operai sulle strade significano già molto. Come quella attuata dal supermercato Vigas, che si si trova a ridosso del blocco sulla strada statale 115 per Licata e che ha appeso un cartello di solidarietà ai lavoratori. «A oggi noi siamo l’unica attività commerciale danneggiata dai blocchi – spiega il titolare Stefano Scepi -. Ciò nonostante siamo dalla parte di queste persone. La morte dell’Eni significa la morte della città. Non si può sfruttare un territorio e poi abbandonarlo in questo modo».
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