«La lotta tra mafia e antimafia non è mai stata netta e trasparente. Ci sono ambiguità e non esistono bene e male, ma un’utilità reciproca in cui si capisce che una cosa è funzionale all’esistenza dell’altra». Il giornalista e autore Giampiero Caldarella cerca di spiegare l’essenza di No Mafia No Party, lo spettacolo satirico che presenterà a Catania questa sera, alle 21.30, da Gammazita, in piazza Federico di Svevia.
Uno monologo – tratto dal libro Frammenti di un discorso antimafioso – che vuole essere un tentativo di fare chiarezza su mafia e antimafia e uscire dalla retorica in cui si è caduti negli ultimi anni. «La seconda è nata per contrastare la prima – spiega l’autore – e nel momento in cui cominciano a esserci opacità ci si accorge che una parte dell’antimafia non si è comportata come avrebbe dovuto».
Ripercorrendo 150 di storia Caldarella, accompagnato dalla voce di Matilde Politi – che ha concentrato la sua carriera su un lavoro di ricerca sul repertorio di tradizione orale siciliano – porta il pubblico a scoprire come non esista una differenza definita tra bene e male e tra Stato e mafia. «Si rischia di essere immersi in una liturgia senza contenuti. Prima di osannare certa antimafia, dovremmo definire cosa è diventata oggi la mafia e se la legge e i cittadini sono al passo con le trasformazioni».
«Non si può spaccare la società a metà tra mafiosi e antimafiosi, continua il giornalista. Ci sono furbastri, che lo sono entrambi, e ci sono gli indifferenti, che non prendono posizioni». E in fondo la missione della satira è anche un po’ quella di risvegliare le coscienze. «Già il solo fatto di ascoltare è uno sforzo – commenta Caldarella. Quelli che non ne hanno voglia non percepiscono il problema e non capiscono che le loro scelte influenzano anche la mia vita».
Sono forse gli stessi che fanno il tifo per i loro eroi di Gomorra e Romanzo Criminale, distraendosi dai problemi attuali e restando ancorati a un’idea di mafia legata a terribili omicidi? «La scelta che si fa nella rappresentazione di un soggetto determina sempre delle conseguenze», spiega Caldarella, secondo cui queste serie non creano un vero e proprio desiderio di emulazione nei più giovani, se non in situazioni in cui il terreno è già fertile. «Questo non deve deresponsabilizzare gli autori – sottolinea – che devono essere coscienti del fatto che comunque incentivano un atteggiamento».
Meglio allora affidarsi alla satira, ma solo dopo aver studiato l’argomento da affrontare. «Fare satira significa beffeggiare il potere e non il debole. Mi sembra un dovere, quando si affrontano argomenti delicati, documentarsi adeguatamente», conclude Giampiero Caldarella, chiarendo che il suo intento non è quello di cambiare il mondo, ma «togliere un po’ di medagliette e lustrini e affrontare la questione in modo laico, senza paura di parlar male dell’antimafia sottoponendola alla beffa della mafia».
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