Francesco Guercio, il sindaco contadino di Carlentini «Comunista vero che aveva le mani sporche di terra»

Per gli abitanti di Carlentini era il sindaco, anche anni dopo la fine del suo mandato. Per altri, un compagno o semplicemente un amico. Francesco Guercio, in realtà, era prima di tutto «un contadino in lotta con la natura arida e respingente del suolo siciliano», come lo descrive il figlio Giuseppe. Non a caso la scrittrice e giornalista Miriam Mafai gli attribuì il titolo di «sindaco contadino», perché la campagna per un uomo nato e cresciuto in una famiglia di agricoltori, era il proprio mondo. «Aveva ricevuto un’istruzione scolastica fino al livello elementare, ma ciò non lo limitò mai nella ricerca della conoscenza e soprattutto nella sua grande passione: la politica», spiega Giuseppe. Francesco, Ciccio per i suoi concittadini, fu un militante del Pci. «Un comunista vero, di quelli con le mani sporche di terra e non di danaro, e che per il suo partito si sarebbe fatto uccidere», aggiunge il figlio. Il Partito comunista per lui rappresentava la via per il riscatto del popolo.

L’impegno politico di Guercio subì una svolta il 6 novembre 1960 quando, all’età di 30 anni, viene eletto al consiglio comunale di Carlentini. Quattro anni più tardi viene rieletto consigliere e sindaco di Carlentini (prima del ’93, il primo cittadino veniva scelto dai consiglieri comunali, ndr), avviando un percorso che si sarebbe concluso 14 anni dopo, nel 1978. La sua carriera si è incentrata sulla lotta dei diritti dei più deboli e sul contrasto al fenomeno dell’abusivismo. «Ho conosciuto Ciccio Guercio nel 1969, a un incontro nella sede del partito. L’oggetto della discussione era il rapporto tra i Comuni di Lentini e Carlentini sulle questioni urbanistiche – ricorda Luigi Boggio, amico e compagno di Guercio ed ex deputato nazionale -. Quello che mi colpì è stata la lucidità delle sue argomentazioni». La disputa riguardava i confini tra i due paesi. «Erano problemi reali e l’ipotesi della creazione di un consorzio per la gestione di un’area abitativa non era praticabile per la mancanza di strumenti normativi – continua Boggio -. L’urgenza di un simile provvedimento nasceva dal bisogno di evitare l’espandersi dell’abusivismo, che iniziava a produrre effetti devastanti sul territorio».

Chi lo ha conosciuto ne ricorda l’onestà. Virtù che, come sottolinea il figlio, «è difficile mantenere perché il potere abbaglia». Invece Guercio è riuscito ad agire esclusivamente per l’interesse della comunità, respingendo convintamente anche «strani regali». Agli occhi di molte persone, resta «un amministratore esemplare», che «per 14 anni ha governato la città con la stessa dedizione, impegno e amore con la quale curava l’agrumeto della Vaddara, vicino al viale dei pini del lago Biviere di Lentini. Per il compagno Ciccio l’agricoltura era al centro dei suoi pensieri e riflessioni», aggiunge Boggio.

«Un giorno non lontano», diceva fieramente, «per sfamare il pianeta bisognerà tornare alla madre terra». Terra che ha coltivato fino a quando i problemi di salute lo hanno costretto a vendere i terreni. «”Questa campagna ha rappresentato la vita mia e della mia famiglia. Non potendola più curare la venderò per non farla morire, perché sarebbe un peccato dopo aver visto questi alberi crescere come si crescono i figli”, mi disse un giorno», ricorda ancora Boggio. 

Il sindaco contadino è morto la vigilia di Natale di tre anni fa, a 83 anni. Il prete, che celebrò il funerale, concluse l’omelia dicendo: «Ci ha lasciato un uomo giusto». La sua storia, suddivisa in cinque capitoli tematici, sarà presto pubblicata in un volume a cura di Giuseppe Guercio

Danilo Daquino

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