Silvio Berlusconi non c’è più. Archiviata la pratica dei funerali, la domanda che tutti si fanno resta sempre la stessa: che fine farà adesso Forza Italia? Domanda più che lecita, visto che quello del cavaliere più che un partito era una Spa il cui socio unico, Berlusconi appunto, era padre e padrone e teneva in mano destini e strategie. Non è un caso che il calo degli azzurri, giunti ai minimi storici del consenso con le ultime tornate elettorali in lungo e in largo per l’Italia, sia coinciso con il declino inevitabile delle forze fisiche e della presenza sul campo del suo fondatore. Chiedere lumi a chi è rimasto, in questo momento, è pressoché impossibile. In pochi vogliono parlare e quando lo fanno, è ancora troppo forte l’eco mediatica causata dalla morte di Silvio Berlusconi per non lasciarsi andare a commenti squisitamente commemorativi o tirare in ballo eredità morali, etiche, spirituali. È il caso, per esempio di Marco Falcone, per citarne uno, coordinatore catanese di Forza Italia, prima che assessore regionale al Bilancio, che dopo il successo schiacciante del centrodestra ai piedi dell’Etna aveva esplicitato la volontà di seguire «la strada indicata dal nostro presidente Silvio Berlusconi», che pure in condizioni di salute precarie, si era comunque complimentato per la vittoria di Enrico Trantino a Catania.
Ma quando tutto sarà finito, quando l’onda emotiva si sarà esaurita, cosa ne sarà del partito? Avrà ancora ragione Falcone, con la strada segnata dal cavaliere – ma soprattutto, la penserà ancora così? – oppure avrà ragione Gianfranco Miccichè, con il suo profetico: «Senza Berlusconi Forza Italia non esiste»? Due nomi non a caso, visto che tanto l’assessore regionale, colonna del partito attuale, almeno stando ai numeri raccolti sul territorio anche alle ultime Amministrative, quanto l’ex presidente dell’Ars, colonna del partito che è stato, sono proprio i due nomi più invisi – per ragioni diverse – a Renato Schifani. Presidente della Regione in quota Forza Italia, appunto, uomo di mediazione tra i partiti della coalizione, ma tutt’altro che conciliante quando si parla del suo di partito. Sarà anche per la possibilità che il nuovo coordinatore per il Meridione sia un uomo vicino a Marta Fascina, deputata e ultima compagna di Berlusconi, e non allo stesso presidente della Regione, che avrebbe così avuto una maggiore opportunità di supervisione sui lavori del ponte sullo Stretto. O forse per le imminenti elezioni europee, dove un successo legittimerebbe quello che in via provvisoria terrà le redini azzurre al posto di Berlusconi, quell’Antonio Tajani il cui nome figura sul taccuino dei poco simpatici di Renato Schifani.
«Solo il tempo ci darà risposte», aveva dichiarato dopo i funerali di Berlusconi il suo storico braccio destro, cofondatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, che pure ha avuto un ruolo nella scelta del nome del candidato alle Regionali vinte da Schifani. Certo, poco prima aveva anche detto che «nella vita tutto finisce». Di certo c’è che Forza Italia in Sicilia potrebbe non seguire lo stesso destino della Forza Italia nazionale. Se infatti è logico pensare che senza il cavaliere le gerarchie siano tutte da riscrivere, vero è anche che a livello nazionale ci si aspetta, nel medio periodo, una diaspora dei forzisti verso Fratelli d’Italia o verso centro, dove ad attenderli a braccia aperte c’è il Terzo polo, qualunque cosa voglia dire, con Matteo Renzi e Carlo Calenda pronti a darsi battaglia l’uno con l’altro. Sull’Isola no. Qui i discorsi cambiano in maniera radicale. Anzitutto perché, da una parte, Forza Italia è già estremamente vicina – ed è persino un eufemismo – a Fratelli d’Italia, con voci bene informate che parlano anche di passati contatti tra Schifani e Meloni, ben più ampi di un semplice confronto di intenti politici. Dall’altra, non solo il Terzo polo non attrae in termini di numeri, ma è proprio da quelle aree – metro più, metro meno – che vengono diversi alfieri forzisti, che difficilmente vorranno compiere il percorso inverso.
In Sicilia tuttavia, la vera casa dei moderati – strano ma vero – potrebbe alla fine essere la Lega, non tanto per Matteo Salvini, quanto per Luca Sammartino, che potrebbe catalizzare e dare accoglienza a tanti in cerca di una via e che con la difesa a corpo libero del collega e compagno di partito Mimmo Turano, finito nel mirino della maggioranza per i fatti di Trapani, ha dimostrato autorevolezza e affidabilità agli occhi di quanti stanno già preparando le valigie. Chi per tentare la sorte al fianco di Cuffaro, chi – soprattutto a oriente – per bussare alla porta di Raffaele Lombardo – un altro scettico sulla sopravvivenza di Forza Italia – e chi persino tentando di fare cambiare idea sui cosiddetti riciclati a Cateno De Luca. In attesa che tutto ciò si compia – ammesso che si compia – Forza Italia terrà. Terrà in Sicilia come non farà da altre parti. Anche perché, se è vero che ci sono strettissimi rapporti tra Schifani e Meloni, è anche vero che la presidente del Consiglio ha tutto l’interesse che i forzisti restino al proprio posto, quanto meno per le Europee, dove la leader di FdI ha bisogno di un appoggio interno al Partito popolare europeo (di cui fa parte Forza Italia) per chiudere l’accordo di alleanza con quello dei Conservatori europei, di cui la stessa Meloni è presidente. Per questo, anche per questo, l’idea è quella di arrivare comunque fino a fine mandato in Regione. O, quanto meno, fino alla prossima grossa campagna elettorale.
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