Ennesimo capitolo nella guerra fratricida all’interno di Forza Italia. In mattinata la frangia che si oppone strenuamente al presidente dell’Ars e coordinatore regionale del partito di Silvio Berlusconi, Gianfranco Miccichè, aveva deciso di destituire dalla carica di capogruppo all’Ars Tommaso Calderone, comunicando che il suo posto sarebbe stato preso da Mario Caputo. Un assalto all’arma bianca nei confronti di un deputato che più volte aveva ricalcato le posizioni di Miccichè, e da cui è arrivata la richiesta che è costata al governo Musumeci anche la richiesta di rimozione di Tuccio D’Urso, nominato dal governatore all’interno della cabina di regia per la gestione dell’emergenza Covid, dopo una votazione che ha segnato la prima grave lesione pubblica all’interno degli azzurri.
Il tentativo di rivolta degli oppositori di Miccichè non è tuttavia andato in porto. La nomina di Caputo è stata rigettata dalla presidenza dell’Assemblea, retta per l’occasione non dal coordinatore di Forza Italia, ma dall’autonomista Roberto Di Mauro. «Solo nel caso di ingiustificata inerzia ci si può rivolgere al tribunale – dice lo stesso Di Mauro facendo riferimento a pronunciamenti della corte Costituzionale e della corte di Cassazione – Poiché abbiamo il dovere di assicurare il buon andamento dei lavori, a fronte della peculiare autonomia dei gruppi parlamentari sancita dalla corte Costituzionale, questa presidenza non potrà che fare riferimento alla persona dell’onorevole Tommaso Calderone, il cui nome è stato a suo tempo formalizzato».
La pessima giornata sul fronte forzista si conclude con le ultime parole del vicepresidente dell’Ars che, dopo avere respinto la richiesta dei ribelli, alla presenza di Miccichè, che ha preferito non intervenire, ammonisce: «Si invita il gruppo parlamentare a fare chiarezza al proprio interno».
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