Formazione, la Regione non paga il saldo agli enti

LA RENDICONTAZIONE DELLE SPESE SOSTENUTE DAGLI ENTI E’ UNO DEI MAGGIORI PROBLEMI NON RISOLTI DELL’AMMINISTRAZIONE REGIONALE

Nella galassia degli inadempimenti chiamata “Formazione professionale”, il saldo del finanziamento, dovuto agli enti a fine corsualità ed a seguito di regolare procedura di rendicontazione, è una chimera. Un impegno sulla carta e niente più. Uno strano fenomeno che accade da qualche anno e che non può essere ascrivibile solamente a Governo attuale guidata dal presidente della Regione, Rosario Crocetta e dal giovane assessore al ramo, Nelli Scilabra.

Prendiamo l’esempio della filiera dell’Obbligo formativo (Oif), l’ambito della formazione e istruzione destinato ai minori a rischio dispersione scolastica. Servizio delicato per l’impatto sulla dispersione scolastica e la micro criminalità,erogato dalla Regione siciliana, attraverso enti formativi accreditati, sin dal 2007, si sarebbe trasformato in Far west. Di seguito tentiamo di raccontarvene i motivi.

Ebbene, se si fa eccezione per la prima annualità, da allora ad oggi non si sono mai chiusi i rendiconti. Perché? Analizziamo ed approfondiamo alcuni comportamenti degli uffici assessoriali per capire come mai il segmento più delicato del sistema formativo (gli altri sono Interventi formativi e Servizi formativi), proprio perché rivolto a fasce deboli di popolazione e di difficile educazione come i minori in dispersione scolastica già oggetto di abbandono scolastico e con esperienze familiari spesso marginali.

Cosa è emerso da un approfondimento sullo stato dei pagamenti? Nella filiera dell’Obbligo formativo non sarebbero mai stati erogati i saldi dei finanziamenti a partire dal 2008 fino ad oggi. Si tratta del rimanente 20 per cento del finanziamento decretato a ciascun ente attuatore di percorsi formativi in obbligo scolastico. In pratica, tutti gli enti formativi che hanno ottenuto risorse pubbliche per l’erogazione dell’istruzione/formazione ai minori non hanno mai percepito negli ultimi sei anni alcun saldo pari al 20 per cento.

Quel che è peggio, nel tempo l’amministrazione regionale si è distinta per cambiare le carte in tavola a partita iniziata. Stravolgendo in questa maniera tutto, regole e procedure, provocando effetti devastanti come la “giungla delle carte”. Riportiamo alcuni esempi. L’introduzione da parte del dirigente dell’epoca al Servizio Oif, oggi capo di gabinetto dell’assessore regionale alle infrastrutture, Anna Buttafuoco (esempio di continuità politica tra vecchio e attuale Governo?), a corsualità avviata, della “regola” che imponeva agli enti formativi di spiccare per altri sei mesi oltre la fine della rendicontazione di una relativa polizza sulle somme ancora da incassare, ha indebitato gli enti formativi scaricando il maggior costo dovuto ai ritardi degli uffici nelle procedure di chiusura dei corsi.

Oppure, il cambio in corsa della “regola” sul cosiddetto quietanzato. Una modifica procedurale, non prevista nel bando pubblico, contenuta nella richiesta della documentazione ai fini della chiusura delle partite dare e avere tra amministrazione e ente formativo. Previsione secondo la quale per ottenere il riconoscimento della spesa effettuata, il corrispondente documento contabile avrebbe dovuto essere quietanzato. In buona sostanza per ricevere il rimanente 20 per cento del finanziamento ottenuto attraverso un decreto dirigenziale, l’ente formativo avrebbe dovuto anticipare le somme corrispondenti proprio a detto 20 per cento. Quietanzare una fattura significa pagarla. E se l’ente formativo è una fondazione o associazione senza finalità di lucro come dovrebbe anticiparli?

Se la vicenda si ripete ogni anno, il buco per l’ente formativo che non ha altre entrate diventa una voragine difficilmente colmabile. Ed ancora, il paradosso dei paradossi. Ad un certo punto l’amministrazione regionale decide di non riconoscere tutte le voci di spesa sostenute dagli enti fuori dall’arco temporale del corso. Si tratta si costi certi come il gettone del commissario d’esame nominato dall’amministrazione regionale. Trattandosi di nomine politiche, le stesse avvengono di norma dopo anni dalla chiusura del corso.

Un chiaro esempio di ingiustizia perché da un lato gli uffici dell’assessorato provvedono con enorme ritardo alla nomina dei funzionari per gli esami finali e dall’altro non riconoscono la spesa in quanto sostenuta fuori dall’arco temporale di realizzazione del progetto formativo finanziato. Ed ancora, il costo del premio per la fideiussione emesso oltre il periodo di realizzazione del corso attesi i tempi biblici per la chiusura dei conti con la fase finale della rendicontazione. Ed infine, non viene riconosciuto tutto ciò che non viene pagato dagli enti formativi entro l’arco temporale del corso. Qualcuno si chiederà, ma con l’80 per cento spesso gli enti, attraverso economie di spesa, dovrebbero riuscire a far fronte all’anticipazione di quella somma corrispondente al 20 per cento del saldo.

Forse è così, certamente per il primo anno, e forse ancora per il secondo. Ma dopo sei anni un ente formativo che non vive di altre entrate, esercitando il proprio mestiere senza la finalità del guadagno, non può che subire i decreti ingiuntivi dei fornitori, procedere quindi al relativo pagamento per poi vedersi rifiutato il riconoscimento della spesa in sede di rendiconto. Questa può essere una delle ragioni che rallentano il regolare pagamento delle retribuzioni ai lavoratori dipendenti perché, alla fine della giostra, l’ente formativo da qualche parte il denaro per ottemperare agli impegni assunti ed evitare il fallimento deve pur raggranellarli.

Nel passato l’iter prevedeva la fase della rendicontazione presso l’ufficio provinciale del lavoro che provvedeva a controllare e timbrare sia le spese quietanzate che i cosiddetti impegni di spesa, cioè tutto quanto speso ma non ancora pagato in attesa del successivo saldo da parte dell’amministrazione regionale. Nella fase successiva, presso gli uffici di rendicontazione, il funzionario rendi contatore apponeva il timbro di controllo sulle due tipologie di spesa. Oggi, invece, la parte da leone la fanno le società di assistenza tecnica, che oltre a costare tanti milioni di euro, non sempre procedono alla chiusura dei rendiconti come nel caso del succedersi di due società che dovrebbero rispondere al nome di Izi e Cogea. La prima pare abbia avuto difficoltà nella chiusura dei rendiconti e la seconda non saprebbe da dove iniziare.

Morale della favola? Ogni anno si attiva una fase cosiddetta di reiscrizione delle risorse in bilancio per evitarne il disimpegno. Ritardi su ritardi. Unica cosa certa è che i tempi si allungano a danno di enti formativi e lavoratori dipendenti del settore che non vedono riconosciute le retribuzioni da anni oramai, nel silenzio tombale di politica e amministrazione. Viene spontaneo chiedersi, non sarà che la lentezza descritta, nelle procedure di erogazione del 20 per cento, non voglia significare la volontà dell’amministrazione regionale a non riconoscere tali somme?

Non spetta al giornale giudicare quale sia il più efficace percorso per sbloccare la delicata fase della rendicontazione delle spese finali. Un fatto è certo, oggi il caos è l’unica costante che governa gli uffici dell’assessorato regionale per l’’Istruzione e la Formazione professionale, amplificato dalla mancata riorganizzazione degli uffici del lavoro la cui responsabilità politica in Sicilia afferisce all’assessore Ester Bonafede e non anche al collega della Formazione professionale, Nelli Scilabra.

È giunto il momento che il presidente Crocetta assuma le redini direttamente e si renda conto dei problemi del sistema, delle procedure e dell’inefficienza della ‘macchina’ amministrativa. Il recente varo dell’Ufficio stralcio non ha ancora inciso per niente. Bisognerà ripartire per girare pagina. Il Governo della “rivoluzione copernicana” ci riuscirà?

Giuseppe Messina

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