Formazione/ Il ‘colpo di Stato’ del Governo: prendersi tutto facendo fuori anche i Partiti politici

ORMAI IL PROGETTO E’ CHIARO: USARE IL CIAPI DI PRIOLO COME BASE DI LANCIO PER CONSEGNARE IL SETTORE A CONFINDUSTRIA SICILIA. IL TUTTO SENZA PASSARE DA SALA D’ERCOLE. AGGIRANDO, DI FATTO, I BANDI PREVISTI DAI REGOLAMENTI COMUNITARI  

Si va verso il precariato dei lavoratori e la gestione della Formazione professionale convenzionata con un cartello di associazioni datoriali e sindacali. Con la trasformazione del Ciapi di Priolo in Agenzia regionale dei lavoratori il Governo regionale chiuderebbe il cerchio sulla riforma, per via amministrativa, del settore. I lavoratori, accecati dalla rabbia per le retribuzioni che non arrivano e per la pessima qualità dell’ambiente di lavoro nel quale sono costretti ad operare, non si rendono conto che l’Agenzia così concepita si potrebbe tradurre in una gabbia, dalla quale non uscirne più.

La ‘rivoluzione’ del presidente Rosario Crocetta, per ciò che riguarda a formazione,  si concretizzerebbe nella trasformazione del Ciapi di Priolo di proprietà della Regione in Agenzia di collocamento del personale che nel frattempo perderebbe ogni profilo di tutela giuridica.

Che fosse chiaro al nostro giornale il progetto governativo di smantellamento del settore lo dimostrano le decine di articoli sull’argomento che delineavano, nonostante i detrattori e avessero mostrato ostilità con post offensivi, il preciso intento di centralizzare nellemani del governatore risorse, finanziamenti e personale. In un solo colpo mettere mano ad un immenso potere politico ed economico che si esprime in migliaia di voti e nel rafforzamento della collaborazione con Confindustria Sicilia.

È nota oramai ai più l’intesa programmatica sul futuro della Formazione professionale tra il governatore Crocetta ed il vice presidente nazionale di Confindustria, Ivan Lo Bello. Esponente siciliano che riveste la carica di responsabile del dipartimento Istruzione e Formazione professionale dell’associazione degli industriali.

Qualche risultato importante il siracusano trapiantato a Roma deve pur portarlo, insieme al presidente siciliano Antonello Montante. Quello che stupisce è il modo con il quale Crocetta & C. si appresterebbero a trasferire il settore nelle mani di Confindustria e di alcune associazioni di categoria, sindacati compresi.

Trasformare il Ciapi in Agenzia bypassando il Parlamento siciliano è la mossa più intelligente, ed è giusto sottolinearlo, che il presidente Crocetta potesse fare. “Fregare” i parlamentari siciliani additati di essere i protagonisti della “manciugghia” associata con gli enti formativi, è una fine manovra politica che sgancia il Governo da possibili scivoloni in Aula all’Assemblea regionale siciliana.

Con una maggioranza continuamente altalenante e con i nuovi scenari nazionali e regionali che si andranno ad assestare nelle prossime settimane, al governatore interessa mantenere la leadership sulle decisioni politiche, sull’eventuale rimpasto e sulle scelte strategiche. In una sola parola, continuare a comandare senza alcun condizionamento, o quasi, soprattutto nella Formazione professionale che rimane uno dei pochi rubinetti per gestire miliardi di euro nella prossima programmazione comunitaria 2014/2020.

Che ci si trovi davanti ad una riforma in via amministrativa sono i fatti a confermarlo. Basti richiamare la delibera di Giunta, approvata lunedì scorso, che trasferisce al Ciapi di Priolo qualcosa come 506 corsi con le risorse ed il personale corrispondente. Corsi di formazione pagati dall’Unione europea e gestiti senza evidenza pubblica. Violando i regolamenti comunitari del settore.

Qualcuno sostiene che il settore pubblico sarebbe una cassaforte per la gestione trasparente delle risorse comunitarie. Le cronache rassegnano, invece, una corruzione al galoppo che si presenta con percentuali di ruberie allarmanti che penalizzano ogni sforzo di riduzione dei costi e qualificazione della spesa. Prima o poi gli ispettori dell’Olaf, l’organismo antifrode dell’Unione europea, dovranno chiedersi fino a che punto voglia spingersi l’attuale esecutivo regionale siciliano nell’utilizzare le risorse comunitarie.

Nella delibera c’ è un passaggio chiave che costituisce il primo tassello del piano del Governo e che sembra dichiarare guerra agli imprenditori del settore: quello che prevede altri trasferimenti al Ciapi di finanziamenti, ore e formatori. Nella delibera di Giunta si richiama il motivo assunto a principio dal Governo della ‘rivoluzione’ che pare danneggiare sempre più i siciliani.

Trasferire corsi e risorse all’ente di formazione regionale sottratti agli enti revocati per gravi irregolarità ci può stare. Quel che lacera il pensiero degli attenti osservatori è il dubbio fondato che il presidente Crocetta non voglia limitarsi solamente a questo. Oramai ha fatto chiaramente intendere che al Ciapi trasferirà tutta l’offerta formativa per poi completare l’opera convenzionando l’Agenzia regionale della formazione, o Ciapi per intenderci, con Confindustria, alcune associazioni di categoria “vicine” ed i sindacati riuniti in Ente bilaterale.

Sembra che i giochi siano ormai fatti. Quel che al governatore della Sicilia sfugge è che il colpo di mano che si appresterebbe a realizzare per via amministrativa produrrà una montagna di ricorsi. La legge regionale n.24 del 6 marzo 1976,infatti, più viva che mai, ha consegnato ai siciliani un sistema sovvenzionato di assegnazione ad enti fiduciari del servizio formativo e di orientamento non avendo personale e strutture adeguate. Enti formativi specializzati che, invece, diventano fiduciari attraverso l’accreditamento effettuato secondo regole assunte univocamente dalla pubblica amministrazione.

Qualcosa non torna, però. Anche nel caso della revoca della patente nei confronti degli enti distintisi per ruberie, perché il Governo regionale si rifiuterebbe di valutare l’opportunità di mettere a bando le quote di finanziamento, ore e personale da assegnare secondo le regole comunitarie? Quali informazioni, dati e prove inconfutabili sarebbero nelle mani del presidente Crocetta per escludere a priori il ricorso al mercato privato per la gestione delle ore sottratte agli enti revocati? E poi, come mai non esistono strumenti per valorizzare gli enti virtuosi, cancellando dal sistema coloro che non sarebbero in regola?

Gli estremi non hanno mai garantito la democrazia in economia come in politica. Privatizzare al cento per cento un settore dell’economia può portare a situazioni oligarchiche, di potere concentrato nelle mani di pochi. Alla stessa stregua, la decisione di centralizzare nelle mani di un solo soggetto pubblico un’intera economia rischia di monopolizzare le decisioni che potrebbero sfociare in dittatura decisionale, anticamera di processi involutivi che spingerebbero verso la corruzione negli uffici pubblici, soprattutto in presenza di una burocrazia elefantiaca e predominante.

Il piano, insomma, è quello di trasferire tutto al Ciapi e di trasformare poi l’ente regionale in un’agenzia che metta a disposizione delle imprese formatori per corsi specifici. Fuori dal sistema rimarrebbero tutti i politici che hanno più di un interesse nel settore. E fa specie che a pagare per primi sarebbero proprio diversi esponenti del Partito Democratico.

Quel PD che ha retto le decisioni del settore della formazione professionale nel Governo precedente, guidato dall’allora Raffaele Lombardo, come in quello attuale, mantenendo un profilo operativo, e cioè quello di decidere ogni cambiamento in accordo con i vertici della burocrazia regionale senza passare dal vaglio del parlamento siciliano. Con quale risultato? Il fallimento del sistema.

Alcuni fatti convincono del contrario, e cioè del fatto che il presidente Crocetta starebbe forzando la mano rischiando di buttare a mare la qualità formativa che moltissimi enti hanno garantito per la formazione di intere generazioni di giovani e adulti, donne e diversamente abili, detenuti compresi.

Per esempio, è assurdo quanto accaduto due giorni fa presso la sede del Ciapi di Palermo. In attesa di trovare giusta collocazione presso le sedi di lavoro, in questi giorni almeno 300 operatori giacciono nella sede palermitana del Ciapi. Intorno a mezzogiorno gli operatori sono stati invitati a lasciare la sede dell’ente a causa dei sopravvenuti problemi igienico- sanitari. In buona sostanza, i servizi igienici si sono guastati non potendo sostenere un carico di personale così elevato.

Sono situazioni che la dicono lunga sull’approssimazione con la quale il Governo regionale, nello scegliere di trasferire tutti i lavoratori al Ciapi, si è ritrovato. E pensare di far transitare 8 mila operatori presso l’ente formativo regionale appare un folle gesto. A meno che non vi siano già le scuole pubbliche e le imprese di Confindustria o di Cna o di chissà chi pronte ad accogliere allievi e docenti per fare formazione e non produzione.

Sorge un dubbio: il governatore della Sicilia ha mai visitato qualche istituto superiore siciliano? Sono risaputi i grossi problemi che le strutture scolastiche siciliane si trovano ad affrontare per garantire la sicurezza e le condizioni igienico-sanitarie delle scuole. Ed ancora: l’Agenzia regionale introdotta senza alcun passaggio parlamentare celerebbe un proposito ben preciso del governatore. Quello di utilizzare i lavoratori della Formazione professionale su incarico da assegnare di volta in volta. Un modello simile a quello che si registra nel mondo dell’istruzione dove gli insegnanti senza cattedra vengono incaricati ad ore laddove si crea la necessità. Altro che tutele e garanzie occupazionali!

I lavoratori si preparino al cambio di piattaforma contrattuale. Se dovesse compiersi il progetto di Crocetta & C. il contratto collettivo al quale agganciare il personale precario potrebbe essere quello del commercio e dei servizi o addirittura quella agricolo dove il 90 per cento dei lavoratori sono assunti con contratto a tempo determinato o a prestazione occasionali. Questa sì che è rivoluzione vera, cancellare i diritti acquisiti per introdurre l’aleatorietà del lavoro. Si sospetta che questa volta qualcuno tirerà fuori la “Class action” contro la Regione siciliana per il ripristino della legge regionale n.24/76, calpestata per troppo tempo.

A confermare il percorso di precarizzazione filogovernativo la sperimentazione “della chiamata” dei lavoratori avviata con l’accordo del 12 novembre scorso. L’introduzione del criterio di discrezionalità nella scelta del personale dipendente da collocare in esubero ed inserire nella cosiddetta “lista regionale” ha messo su uno strano meccanismo. Molti enti storici si appresterebbero a dichiarare in esubero tutto il proprio personale, dichiarando l’eccedenza per alcune ore. Si configurerebbe una sorta di contratto di solidarietà difensivo camuffato. Collocare una unità a 36 ore settimanali è cosa diversa che collocarla per sole 6 ore.

Se questo atteggiamento fosse posto in essere dalla stragrande maggioranza degli enti formativi si delineerebbe uno scenario simile a quello della scuola pubblica. Docenti e amministrativi utilizzati a singhiozzo per poche ore in diversi enti per completare la giornata lavorativa. Che sia la prova generale di quello che succederà dal 2014 con l’Agenzia unica regionale del personale della formazione professionale?

Alcuni sindacati hanno proclamato lo sciopero per il 27 novembre mentre altri lo hanno ritirato qualche giorno fa, bluffando sugli stessi iscritti. Nel regno della confusione, ognuno ha perduto la propria identità e si viaggia a naso.

In questo marasma generale galleggia e naviga a gonfie vele il Governo regionale forte del consenso di parte dei sindacati, del silenzio degli inquilini di Palazzo Reale (sede del Parlamento siciliano) e dello stato di confusione in cui versano le associazioni degli enti formativi, spiazzati da tanta aggressione mediatica e amministrativa.

La sconfitta è dettata, comunque, dal definitivo distacco embrionale tra enti e lavoratori ed in questo l’aplomb mediatico del presidente Crocetta ha giocato d’anticipo. Il sistema formativo va verso la chiusura arricchendosi di una nuova pagina fatta di udienze nelle aule giudiziarie. A perdere come sempre il popolo siciliano martoriato dal destino e dal paradosso della sicilianità, “tutto cambia per non cambiare nulla”.

Giuseppe Messina

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