Non c’è Messina che, secondo Legambiente, è la seconda città in Italia, dopo Genova, per rischio idrogeologici e non c’è neanche Reggio Calabria, che di questa classifica occupa il terzo posto. Parliamo della lista delle emergenze stilata dal Governo nazionale per la prevenzione e il contenimento del dissesto idrogeologico che include sette città (Torino, Milano, Genova, Bologna, Firenze, Roma e Cagliari), per le quali, come vi abbiamo raccontato qua, sono stati stanziati quasi 700 milioni di euro.
Una lista che, come detto, si fa notare più per le assenza che per le presenze. E che sembra confermare quel trend, più volte denunciate dalla Svimez (l’associazione per lo Sviluppo dell’Industria del Mezzogiorno) di totale disattenzione della Capitale nei confronti del Mezzogiorno d’Italia.
Anche quando si tratta di proteggere le sue città e i suoi cittadini da serie minacce? Gianpiero D’Alia, Presidente dell’Udc ed ex ministro per la Pubblica amministrazione, si dice fiducioso:
«I 700 milioni di euro per le grandi città rappresentano una parte del piano urgente che contiene anche altri interventi per 494,5 milioni in aree a rischio idrogeologico. Il governo – dice il senatore messinese- sta agendo seguendo criteri di gravità e sono convinto che si farà carico, allo stesso modo e negli stessi tempi, delle situazioni emergenziali siciliane e di tutto il Mezzogiorno che sono identiche a quelle dell’Italia settentrionale».
Stupito, invece, è Mimmo Fontana, presidente di Legambiente Sicilia: «Non capisco quale criterio abbiano usato nella scelta di queste sette città- dice a Meridionews- se da un lato, infatti, è comprensibile cominciare dalle grandi aree urbane, perché lì il valore esposto, ovvero l’insieme dei rischi, è alto, non è comprensibile, dall’altro lato l’esclusione di Messina e Reggio Calabria che sono pure grandi aree urbane e presentano sicuramente più rischi di città come Milano o Torino.
«Per intenderci – spiega al nostro giornale il Presidente di Legambiente Sicilia- i danni che potrebbe creare l’esondazione del Lambro e del Po non possono essere minimamente paragonati ai danni che le fiumare farebbero a Messina o a Reggio Calabria. La differenza è che in queste due città ci sarebbero sicuramente vittiime, perché le valanghe di fango travolgerebbero centri abitati. Insomma, se quello che è successo a Genova, fosse successo a Messina, adesso si conterebbero le vittime.
Quindi- conclude Fontana- è ovvio che il Governo nazionale avrebbe dovuto dare precedenza a quelle città dove c’è più rischio per la vita. E nella lista non ci sono».
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