Folla sui traghetti a Messina, l’ira di Musumeci «Governo crei un cordone di polizia in Calabria»

«Noi siciliani, non vogliamo essere carne da macello». Nello Musumeci torna sul tema dei traghetti pieni di gente rientrata nell’Isola, ieri sera. Lo fa attraverso una diretta Facebook annunciata pochi minuti prima dell’inizio, tornando ad attaccare il governo nazionale sulla gestione dell’emergenza coronavirus. «Nessuno deve più entrare in Sicilia – dice -. Lo sa il ministro dell’Interno, lo sa il ministro Boccia e lo sa il presidente del Consiglio. Non si tratta di allarmismo. Come diceva mia nonna, preferisco curarmi in salute».

Il primo inquilino di Palazzo d’Orleans non trattiene ancora una volta la rabbia, seppur con toni piuttosto tranquilli, e accusa lo Stato di essere apparso «assente o assai lacunoso nelle ultime ore. Speriamo che la mia protesta sia arrivata a buon fine. Noi finora abbiano applicato i protocolli del governo nazionale».

Il governatore si scaglia anche contro il candidato alla segreteria regionale del Pd, Anthony Barbagallo, che contro Musumeci aveva diffuso una nota nelle scorse ore, invitando il governatore a smetterla «con la pratica dello scaricabarile» e assumere il controllo dell’ordine pubblico, come previsto dall’articolo 31 dello Statuto della Regione Siciliana. Immediata la replica di Musumeci, che ha precisato che l’articolo in questione «non è accompagnato da norme di attuazione e questo non si può applicare fuori dalla Regione Siciliana. Il problema non è a Messina. Il problema è sulla costa della Calabria. Lì bisogna fare la cintura ed è lì che lo Stato è apparso assente o assai lacunoso».

«La scorsa notte – prosegue lo sfogo di Musumeci – c’è stato il grande rientro di chi lavora nelle fabbriche che sono state chiuse. Siamo alla seconda ondata di arrivi. Mi sono seriamente arrabbiato. Un grande rientro determinato dal triangolo industriale del Nord, dove alcuni provvedimenti hanno portato alla chiusura degli stabilimenti e molti lavoratori siciliani hanno pensato di mettersi in macchina. Tutto questo è vietato. Ho chiesto al ministro dell’Interno perché non ci fosse un cordone di forze dell’ordine a impedirne il passaggio in Sicilia».

Diverso, stando alle parole del governatore, lo scenario di stamattina. «Ho notizie che il fenomeno si sia rallentato. A Villa San Giovanni hanno fatto due corsie, una per chi ha diritto di passare e l’altra per chi deve tornare indietro da dove è venuto».

Oltre la polemica, Musumeci ha approfittato della diretta per fare il punto sulla situazione sanitaria, ammettendo che «se i numeri sono ancora contenuti, è grazie alle misure di prevenzione che sono state adottate. Non ultima la chiusura dei supermercati domenica, perché ci siamo documentati e sappiamo che la domenica precedente il supermercato era stato il mezzo, non il fine. Era la scusa, per la passeggiata, per andare a trovare i parenti, per fare due passi nel corso o sul lungomare. Tutte cose legittime in un altro momento, ma lo volete capire che i numeri che arrivano dal Nord sono superiori ai morti durante i bombardamenti?». 

Parole anche sulla situazione delle strutture sanitarie nell’Isola: «Ci vogliono nuovi posti letto in rianimazione, quelli ordinari che abbiamo non possono bastare in caso di degenerazione del fenomeno in Sicilia. Immaginiamo almeno 250-300 posti letto in più, per questo stiamo convertendo alcuni ospedali pubblici e chiesto collaborazione alle case di cura, che hanno risposto». Anche sul fronte della quarantena per gli asintomatici, ecco che il governatore annuncia di aver già reperito 150 posti letto in strutture alberghiere del Palermitano. Lo stesso lavoro adesso sarà avviato anche nel Messinese e nel Catanese.

Infine le mascherine. «Ne abbiamo ricevute diecimila da Roma – ha attaccato ancora Musumeci – ma ne servirebbero un milione. Il ministro Boccia mi ha detto che il governo ha fatto una commessa da cento milioni di euro e dovrebbero arrivare presto. Vedremo. Appena arriveranno le daremo innanzitutto al personale sanitario, le distribuiremo nei posti di lavoro, negli uffici pubblici. Tutti – conclude – devono avere la mascherina».

Miriam Di Peri

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